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CLAUDIO COSI–FEDERICA IVALDI, Fabrizio De André: Cantastorie fra parole e musica, Roma, Carocci, 2011, pp. 215, € 18,50.

 

Nel discorso costitutivo della canzone d’autore, Fabrizio De André costituisce un personaggio predominante. La sua vita personale e professionale di cantautore è l’argomento generale di vari libri (per esempio, Vita di Fabrizio De André di Luigi Viva e Fabrizio De André: Amico fragile di Cesare G. Romana), così come, più in particolare, la sua abilità di paroliere/poeta (si veda al riguardo Belin, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André di Riccardo Bertoncelli). Diverse pubblicazioni critiche e tesi accademiche si incentrano sulle sue canzoni e gli sforzi del Centro Studi Fabrizio de André presso l’Università di Siena (che contribuisce anche al volume attuale) sottolineano l’importanza e l’influenza culturale di De André nella società italiana contemporanea. La presente pubblicazione costituisce un contributo proficuo ma anche uno sviluppo importante in questo campo di studi (e potrà diventare un’utile risorsa per docenti, studenti e ricercatori che lavorano su De André e, più in generale, nell’ambito dei Popular Music Studies).

L’appartenenza del volume alla serie «La canzone d’autore fra musica e poesia» ci rivela molto dello scopo complessivo della ricerca. Anzi, la prefazione del direttore della serie, Stefano La Via, spiega che tali volumi puntano a «rivalutare e affrontare criticamente il genere aperto e flessibile della “canzone d’autore”». Cosi e Ivaldi mirano, conseguentemente, a mettere in dubbio quelle idee preconcette su De André che lo vorrebbero più intellettuale o poeta che non musicista. L’attenzione del lettore viene invece portata sulla duplice natura dell’opera di De André, attraverso l’analisi delle interazioni fra le parole e la musica; emerge dunque una nuova percezione del De André cantautore.

Il libro è diviso in sette capitoli che sono stati scritti tutti congiuntamente da Cosi e Ivaldi. Il capitolo iniziale fornisce un panorama breve dei modi diversi in cui il personaggio di ‘De André, cantautore’ è costruito dal discorso costituivo della canzone d’autore. Gli autori sottolineano le contraddizioni intrinseche alle definizioni, o piuttosto ai miti, solitamente associati alla figura di De André: poeta, musicista, trovatore, cantastorie, collaboratore, esecutore ecc. (senza però, ed è forse un limite del saggio, analizzare nel dettaglio queste diverse declinazioni del ‘personaggio De André’). La conclusione del capitolo introduttivo è che, per quanto riguarda le canzoni, «chi trasmette il messaggio resta sempre, comunque, De André»; il che significa che è possibile identificare nell’opera intera una visione del mondo che resta sempre autoriale. Questa visione è l’argomento del secondo capitolo, in cui Cosi e Ivaldi delineano si soffermano sui contenuti delle canzoni di De André: si fa riferimento, in particolare, ai ‘miserabili’, cioè quelle figure di diseredati ed emarginati cui sono dedicate molte sue canzoni.

Se i primi due capitoli mostrano un impianto più tradizionale e si inseriscono in quel filone di studi cui si è fatto cenno, le parti successive del volume hanno un taglio più innovativo, grazie a un’analisi attenta dei testi condotta in modo diacronico, cioè basandosi su esempi tratti dalle diverse fasi della carriera del cantautore (a questo scopo, Cosi e Ivaldi forniscono anche un’introduzione ad ogni album scelto a campione dei diversi periodi). Nella fattispecie, il terzo capitolo si concentra sul periodo fra 1960 e 1968, e analizza Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers e La guerra di Piero; il quarto prende come esempi Cantico dei drogati, Il sogno di Maria e Dormono sulla collina dagli album a tema degli anni 1968-73; Amico fragile e Rimini sono gli esempi del ‘nuovo stile’ degli anni 1974-78 (capitolo quinto), mentre Fiume Sand Creek e Sidun esemplificano il periodo 1981-1984 (capitolo sesto). Nell’ultimo capitolo, gli autori analizzano La domenica delle salme e Disamistade,degli anni Novanta.

 La conclusione cui si giunge è che, se non è mai stata messa in dubbio la «piena autorialità» di De André «nella composizione poetica, è forse giunto il momento di riconoscere al cantastorie una piena volontà autoriale anche sul piano musicale» (p. 191). Ciò significa che, nonostante le collaborazioni e i cambiamenti conosciuti nel tempo, De André è sempre riuscito a scrivere canzoni alla «maniera De André» grazie alle scelte delle parole e della musica.

 

(Rachel Haworth)


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