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GABRIELE FRASCA, Un quanto di erotia. Gadda con Freud e Schrödinger, Napoli, Edizioni D'If, 2011, pp. 312, euro 22,00.

Come il titolo annuncia a chiare lettere, l'ultimo lavoro di Gabriele Frasca è una lettura del Pasticciaccio alla luce delle due maggiori rivoluzioni epistemologiche novecentesche: la psicanalisi (Freud e poi Lacan, con la preziosa mediazione di Sergio Finzi) e la fisica subatomica (già al centro di una nobile tradizione saggistica che dal Debenedetti esegeta del romanzo moderno conduce al Roberto Pasini interprete della pittura surrealista). Questa doppia chiave di lettura – sorretta da un sempre più impressionante armamentario critico di natura interdisciplinare, posto al servizio di quel credo etico-euristico della «despecializzazione dei linguaggi e dei saperi» che Frasca va da tempo proclamando – consente all’autore di demolire molte delle idées reçues che da troppi anni depistano ogni indagine sull'Ingegnere. Vengono così smontati – prove alla mano, verrebbe da dire, trovandoci in ambito poliziesco – tanto il mito del ‘Gadda barocco’ (barocco non è il Gadda: e proprio perché il Gaddus, Frasca lo sostiene da tempo, è semmai mente settecentesca, di stirpe sterniana), quanto quello del Pasticciaccio come ‘romanzo incompiuto’ e quasi assemblaggio di disiecta membra narrative. Tutto il contrario, spiega l'autore: il Pasticciaccio è un ordigno romanzesco dagli ingranaggi perfettamente sincronizzati (e questa meticolosa attenzione al continuum temporale è una delle ossessioni fraschiane, come ben sanno i suoi lettori), fedele in questo alle regole del ‘genere’. Solo che il ‘genere’ si è adeguato ai tempi, ossia al nuovo contesto percettivo (il pervasivo ambiente mediale di matrice fonografica che fa dell’autore non più un'‘emittente’, ma una ‘stazione ricevente’) e soprattutto alla nuova realtà di un mondo che scopre di soggiacere alle leggi della relatività e del principio di indeterminazione. La risoluzione dell'intreccio (il ‘gliommero’, parola il cui etimo Frasca rilegge alla luce del concetto scientifico di entanglement), insomma, c’è eccome, ma stante i paradossi della fisica quantistica dipende dalla volontà, neanche a dirlo inaffidabile, ‘guasta’, dell'osservatore. Se poi si considera che qui gli osservatori sono perlomeno due, ovvero la strana accoppiata di poliziotti formata da Ingravallo e Pestalozzi, non sorprende che il Pasticciaccio sia rimasto a lungo un caso irrisolto.

Ma il valore aggiunto del libro consiste nel fatto che vi figurino intrecciati (entangled, appunto), almeno due Frasca: lo studioso e lo scrittore. Non è infatti difficile individuare una comune funzione d'onda tra il Pasticciaccio d'après Frasca e i suoi romanzi, con particolare riferimento al “noir anfibio” Il fermo volere, opera che come noto ha impegnato l'autore per un ventennio. Dal tema del doppio (Ingravallo-Pestalozzi hanno parecchio in comune con Beretta/Spirit-Ebony... proprio non c'è scampo alla sindrome di don Quijote y Sancho!) a quello del desiderio (l'erotia, l'infernale rimbalzo da uno a due del ferm voler, in un mondo la cui popolazione risulta equamente ripartita fra isteriche e macchine celibi), sono numerosi i punti di contatto tra due opere i cui protagonisti condividono lo stesso destino: quello di sprofondare nella palus putredinis (mentale, pulsionale, persino molecolare) del caso che sono stati chiamati a risolvere. Né è privo di significato che Frasca definisca il Pasticciaccio un’apocalisse, se programmaticamente apocalittiche risultano le conclusioni di tutte e tre le sue opere narrative.

Lettura indispensabile tanto per gli studiosi di Gadda quanto per gli estimatori di Frasca, Un quanto di erotia rappresenta dunque non solo un fondamentale saggio sul Pasticciaccio, ma anche una raffinata opera di autoesegesi e, più in generale, l'ennesimo colpo andato a segno nel multiforme percorso artistico-intellettuale di una delle personalità più vive e stimolanti dell'attuale cultura italiana.

(Riccardo Donati)


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