« indietro MARCO DI BARI, La terra sacra, Firenze, Il Ponte Editore 2003, pp. 68, € 5,00.
«Non so se davvero / raccontare celare / non so se tu sei con me o di fronte / e se di fronte è una strada / quello che si perde / o che si trova / al limite / di altri paesaggi / prima che le parole». Sette anni dopo Voce nei muri (Polistampa), Di Bari pubblica una raccolta ricca di ricordi, assonanze, palpiti, sogni, inquietudini nella speranza (spesso corrisposta) di farne mitologemi per un discorso a venire. Le parole usate quale progetto di ritorno dal passato («Non siamo mai stati qui / solo in brevi ricordi / che ora sono il presente... ») si susseguono nel costruire una trama di inneschi e di alternanze sonore che ricordano l’eco che risuona nelle profondità marine. La stranezza del mare è, per Di Bari, il segno dell’avvenuta navigazione tra significato e significante e il suo punto d’approdo (provvisorio). La sua personale versione dell’‘invito al viaggio’ («L’acqua ha sete di noi / poi d’improvviso il vento tende la randa / e strappa sulle onde / strappa dalla mente ogni suono / dalle labbra / ssssssssssss / sembra strano ma non c’è altra scelta / che stare sulla barca») obbedisce a un criterio di necessità esistenziale e si propone quale strumento privilegiato di costruzione della propria identità poetica. La scrittura si presenta, allora, rastremata per la volontà di spingersi oltre e giungere in luoghi ignoti e ‘strani’ e, nello stesso tempo, sembra voler riposare in momenti perfetti di amore e appagamento legati a una scrittura più tradizionalmente strutturata («Ecco come mi innamorai di lei / come sognai del mio amore per lei, / c’erano foglie morte per le strade / il dividersi dei suoni, / la nascita indifferente / dell’autunno, i fari spezzati delle auto in sosta... »). Tra echi di miraggi marini e fruscii di foglie autunnali, tra il «cielo nero» sopra Micene e il «paesaggio delle parole », il poeta cerca di autentificare il proprio progetto di ri-sacralizzazione del vissuto attraverso la tradizione iniziatica del viaggio quale mito di scoperta e di trasformazione del Sé.
Giuseppe Panella
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