« indietro The Vintage Book of Contemporary American Poetry, a cura di J.D. McClatchy, New York, Vintage 2003, seconda edizione, pp. 617, $ 17.
Rispetto alla prima uscita del 1990, la seconda edizione di questa celebre antologia di poesia americana contemporanea accoglie una decina di nomi ‘nuovi’, poeti nati negli anni quaranta e cinquanta che nell’ultimo scorcio del secolo sono entrati nella tradizione poetica tatunitense che questo volume illustra per autori e testi esemplari mettendo a fuoco come la poetica del self ne sia la caratteristica precipua e leghi le ultime generazioni a quelle precedenti, giù fino a Whitman e Dickinson. Questi nuovi poeti, scrive il curatore, sono «come attori di una tragedia greca, parlano attraverso maschere che assomigliano ai tipi dei Poeti più Vecchi, ma parlano con la loro voce – pressante, fresca, nuova». E sono le voci di Yusef Komunyakaa, Sharon Olds, Carl Phillips, Henri Cole e Kay Ryan, per citare qualche nome – l’una così diversa dall’altra. Si registra inoltre l’ingresso della sessantenne Mary Oliver e l’uscita dei più giovani Marvin Bell e Alfred Corn. Nel suo insieme l’antologia si conferma un’indispensabile guida alla poesia americana degli ultimi cinquant’anni a partire dalla bella introduzione di McClatchy, che cura anche le schede introduttive ai singoli autori. Ancora una volta le porte del contemporaneo sono aperte da Robert Lowell e Elizabeth Bishop, cui è dedicato più spazio che agli altri 73 autori perché, sottolinea il curatore, «sono i maggiori poeti della loro generazione ed hanno continuato ad essere modelli eccelsi» per tutto il periodo. Seguono poi, cronologicamente, autorevoli rappresentanti della varietà poetica americana. Si possono così gustare alcune fra le più belle liriche offerte da questa tradizione, il genere poetico che, si legge nell’introduzione, ha continuato a dominare la poesia statunitense perché meglio sa sostenere il canto sempre nuovo dell’american self.
[Antonella Francini]
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