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CERVANTES, Revista del Instituto Cervantes en Italia, anno II, n. 2, marzo 2002, Garamond Editrice, p.zza Sallustio 3, 00187 Roma, c.c.p. 93150001, Redazione: via di Villa Albani 14/16, 00198 Roma, E-mail: cenrom@cervantes.es, pp. 206, € 15,49 (abb. annuo) 

 

Al terzo numero (augurale il n. 0), in sezioni già consolidate, accoglie una selezione dei risultati dell’attività promossa dagli I.C. di Roma, Milano e Napoli, consentendo permanenza e largo accesso a materiale di studio e aggiornamento di prim’ordine. «Cultura» rispecchia la varietà del programma Barcelona en Roma: dalla fotografia (Fontcuberta) all’urbanistica (J. Español), al Paesaggismo (Bellmunt Chiva), dalla critica letteraria (C. Riera sulla Escuela de Barcelona, Giralt Torrente sulla scrittura biografica, M. Escartín Gual sull’amore nella letteratura spagnola) alla poesia (J. Barja) alla mostra (la poesia visiva di E. Scala secondo A. Ruffinatto) risaltano adeguatamente le attrattive culturali di una città fra le più dinamiche e poliedriche e quindi più esposte alla fagocitazione massiva. «Didáctica » non ha nulla della freddezza tecnicistica e polverosa che la parola spesso promette e propone effettiva informazione (un es., P. Hernández Mercedes sulla Traduzione Automatica). La monografica «Hispanismo» verte su Garcilaso a cura di rinomati specialisti: A. Gargano, I. Pepe Sarno, M. Rosso Gallo; di N. von Prellwitz due efficaci versioni all’insegna di una modernizzazione anche strutturale del sonetto. Nelle recensioni, F. Antonucci rende omaggio al valente S. Arata, prematuramente scomparso, all’uscita dell’edizione di El acero de Madrid di Lope. Le ultime pagine bandiscono il Premio di Traduzione Letteraria dell’I. C.

 

(Lucia Valori)

 

 

 

ÍNSULA, revista de letras y ciencias humanas, n. 652, abril 2001, Ctra. de Irún, Km. 12,200 (Variante de Fuencarral), 28049 Madrid, pp. 32, 69,40 (abb. annuo)

 

Fra i numeri dell’annata, la materia poetica di questo richiede un po’ di spazio.Grazie all’interdisciplinarità (musicologia e filologia) si può pensare a uno studio evolutivo fino ad oggi della poesia musicata dei villancicos: I. Tomassetti  contribuisce con dati inediti al lavoro di Pavia I Simò sul genere. Il saggio-recensione di Molina Damiani riacquisisce Diego Jesús Jiménez quale poeta di rango  a un contesto di fraintendimento ed oblio e, fra le nuove uscitepoetiche (di Siles, Campos Pámpano, R. Häsler), F. León ci fa notare il terzo libro di Jordi Doce, Lección de permanencia, sia per la proposta controcorrente sia per la magnifica espressione. Centro d’attrazione è però l’inserto sulla controversa e fatidica antologia di Castellet Nueve novísimos poetas españoles (1970): la difesa di T. Blesa circa il presunto voltafaccia di Castellet, da paladino a inumatore del realismo marxista letterario a mezzo dei poeti ascritti a successive antologie, non avrebbe motivo quando si pensasse che atto soggettivo è legittimamente quello di ogni autore di antologie; di cui però in questo caso vengono ripercorsi in modo involontariamente controproducente gli atteggiamenti preconfezionati da una mentalità vivacemente intuitiva ma tutt’altro che realmente duttile alle differenze poetiche che quei maestri, di cui secondo T. Blesa erano deserti gli anni ’60, andavano meditando (basterà citare Aleixandre e J.L. Cano). J.J.Lanz opera il bilancio sul caso editoriale con pertinente aggiornamento bibliografico e di prospettiva. Gli elementi circostanziali e strumentali della scelta antologica vengono alla luce, come conclude Lanz, mentre le ragioni il tempo le ha cancellate o mantenute con indiscutibile ovvietà: si ridimensiona quella rottura poetica che appare ora un’evoluzione meno brusca e più profonda di quanto si suggerisse. Oggi è ineludibile riferirsi a quei poeti come novísimos, e non è gran male anche proprio per apprezzare che dal codice ideologico – non solo «mitológico » come preferisce Lanz – di Castellet erano evasi prima di entrarvi; in altre parole la gabbia linguistica funziona non tanto come definizione estetica ma piuttosto storicamente, grazie al lavoro poetico e critico intercorso. Di fatto il fortunato termine, già prestito della storia della letteratura italiana, è stato riutilizzato ed elaborato (si pensi ai «postnovísimos») a più riprese, il che, contrariamente a quanto talvolta è stato osservato, non ha prodotto la sua usura, bensì ha contribuito a chiarirlo, rivitalizzarlo e dotarlo di un significato che Castellet paradossalmente gli aveva precluso in quanto assunto aprioristico. Ottima la scelta di riprodurre un articolo lungimirante, dello stesso 1970, di J. O. Jiménez. Questi aveva inaugurato tre anni prima di Castellet per alcuni di quei poeti il termine ‘novísimos’: sia detto per inciso, non per dare statuto di verba ma per considerare che tra sensibilità critica e lancio letterario può intercorrere una distanza. È saggio, come vuole T. Blesa, non fare altro processo a Castellet dopo quello su cui egli aveva forse contato e riconoscergli anzi quel merito di priorità e di parole a cui seppe infondere davvero sapore di scoperta e di entusiasmo; e insieme lasciar prendere corpo alla speranza che si plachi il sommovimento che l’antologia pare ancora esigere prima di diventare un classico d’epoca.

 

[L. V.]

 

 

 

QUADERNI IBERO-AMERICANI, rivista semestrale, n. 89, giugno 2001, via Montebello 21, 10124 Torino, pp.112, € 25,08 (abb. annuo), $ 50 (estero)

 

Nucleo di spicco sono tre interventi sull’universo Borges, sempre capace, secondo il disegno del geniale autore, di aprire itinerari affascinanti: M. L. Canfield esamina il nesso tra le figure del Minotauro e del labirinto e riconosce quest’ultimo segno come «chiave dell’ispanoamericanità », avendo già dedicato al tema decisivi scritti; C. Perilli sceglie l’accesso alla geografia alfabetica e metafisica di Borges dalla parte della scrittura e in un gioco esplorativo che, senza mancare al ri-ordine critico, conserva l’incanto della partecipazione di questo creato come Libro; non meno interessante il saggio di J. M. González Álvarez sul motivo epico, di così complessa interpretazione e straordinaria valenza, nella poesia borgesiana; fra le «Segnalazioni» di Soria, infine, uno studio di L. Silvestri sul rapporto dello scrittore argentino con Dante e Cervantes (Bulzoni 2000). Si invita poi a leggere, fra gli altri, A. Barbagallo, che prospetta ulteriori elementi sulla celebre temporalità machadiana, e F. J. Higuero, la cui brillante lettura di A. García Morales costituisce anche una preziosa riflessione di poetica contemporanea sulle strategie del discorso. Fra le recensioni, diverse contano sulla competenza di M. Cipolloni su cinema e letteratura; la poesia è ospite con l’ultima raccolta dell’uruguaiano J. Arbeleche presentata da M. L. Canfield.

 

[L.V.]  


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