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NICOLA GARDINI, Nind, Borgomanero (NO), Edizioni Atelier 2002, pp. 76, s.i.p.
Un libro di esercizi e sinopie. Per la presenza importante di traduzioni/riscritture alla Lowell; perché studiatamente ‘trifario’ (come i libri di Bandini e il recente Carbones di Michele Sovente, per il quale vedi infra), italiano, latino (vedi per esempio la deliziosa elegia De rursus inventa imagine sui, su una fotografia dell’autore bambino), molisano; perché infine, proprio le parti molisane hanno il loro pendant (si tratta a volte di veri e propri cartoni come Zà Càrm’na Marì) nel recente e notevole romanzo iniziatico Così ti ricordi di me (Milano, Sironi 2003), dove il dialetto valica ampiamente lo spazio della mimesi per esplorare fondi magico-antropologici. Il niente del titolo è allora fatto un po’ del nind infantile e cantilenante di «e nissciun’ po’ sapè / quanda ghè bbèll nu nind» (‘e nessuno può sapere quanto è bello un niente’), degli endecasillabi baciati dell’inno secentista al Nulla (da Edward Taylor), della meditazione sulle note di Wallace Stevens di: «Ascolto e, niente io stesso, / fisso il niente che non c’è / e il niente che è». Tanti niente, per provocare la nostalgia, vera musa del libro, traguardo e fine dell’allegoria, come in quelle rose a dicembre, così kitsch e familiari, dischiuse dal calore della canna fumaria, «quasi le spingesse quell’alito che le anima / a morire, a fiorire in questa / primavera che non è / ed è soltanto per non essere mia».
(Fabio Zinelli)
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