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KOSTAS STERJOPULOS, Lucentezza del giorno, Sciascia Editore, Caltanissetta 2000, pp. 48, 5,16.

 

Poeta, critico, accademico Kostas Sterjòpulos (Atene 1926) esordì come poeta nel 1955 con la raccolta di poesie, I paesaggi della luna. Seguirono altre nove raccolte di cui l’ultima, Marea, è del 1998. Il suo percorso poetico è caratterizzato dall’esperienza simbolista, maturata anche attraverso studi e ricerche condotti sui poeti greci appartenenti a quest’area (Telos Agras, poeta degli Anni Venti; Kostas Kariotàkis, morto suicida nel 1928, e poi Thèmelis, Dimàkis, Varvitsiòtis, Vafòpulos). Già i titoli delle prime raccolte (I paesaggi della luna, L’ombra e la luce del 1960, L’albeggiare del mito del 1963, fino all’ossimoro Il sole di mezzanotte del 1991) testimoniano il carattere bipolare della sua poesia: da un lato la razionalità dell’intellettuale, dall’altro l’irrazionalità della parola poetica. Sterjiopulos oscilla tra il sentimento di fede e la sua assenza, tra la luce e la tenebra, tra la disperazione e la speranza, tra l’inverno e la primavera, tra gli angeli e i demoni, tra la vita e la morte. Simile a un funambolo, cammina su un filo ai cui estremi sono il moto, simbolo di vita, e l’immobilità, sinonimo di morte. A un tale contesto appartengono anche le poesie scritte tra il ’65 e il ’68 e comprese nella raccolta I paesaggi del sole. Qui la partecipazione agli eventi della realtà, agli avvenimenti della vita segna profondamente anche i luoghi da sempre frequentati che sembrano oscurati dal peso di quei tragici eventi storici che portarono alla dittatura dei colonnelli. L’ombra della prossima dittatura conduce infatti il poeta a una nuova disperazione che filtra anche attraverso le liriche più solari della raccolta: «si sono intristiti giardini e piazze./ Cadono le foglie, cadono i capelli./ Notti attiche dopo le sei./ Non miriamo più il cielo che s’è chiuso,/ la pioggia che cade/ e il sole irretito fra le nuvole.// Come se tutta la nostra vita fosse di terra/ ed eccola sgretolata» (Notti attiche dopo le sei). Il tema del rapporto con la natura è ripreso anche nella raccolta successiva, Eclissi (1974) frutto dell’esperienza della dittatura. La bellezza del paesaggio greco aiuta il poeta a evadere dalla realtà che lo circonda, il sole, la terra, il mare sembrano quasi venire in suo aiuto, soprattutto quando è costretto ad allontanarsi dalla sua terra attica: «Amo l’arido suolo dell’Attica,/ l’etereo freddo azzurro e grigio dell’orizzonte,/le isole lontane, piene di antichi echi,/ che navigano nel crepuscolo settembrino/ sibilando assieme alle navi» (La lingua delle cose, in A metà della rotta, 1979). Sono tematiche che ripercorrono l’intero arco della sua produzione poetica fino all’ultima raccolta, Marea del 1998 dove ancora una volta sono evidenti alcuni richiami alla poesia di Kariotakis, da lui sempre ammirata. La traduzione di queste poesie ci permette dunque di poter apprezzare anche in Italia l’opera di un poeta finora a noi ignoto. La scelta e la bella traduzione di Vincenzo Rotolo, che ha prefato questa piccola antologia poetica, ci consentono di attingere all’opera di un protagonista della cultura greca contemporanea.

 

(Gabriella Macrì)


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