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« indietro BENIAMINO SORESSI, Ralph Waldo Emerson, Il pensiero e la solitudine, Armando Editore, Roma 2004.
L’ammirazione di Nietzsche, che lo indicava esplicitamente come uno dei suoi maestri, non è bastata a preservare l’opera di Ralph Waldo Emerson dalla disattenzione degli studiosi di filosofia che l’hanno a lungo trascurata e colpevolmente sottovalutata. È solo negli ultimi vent’anni che si è assistito ad una dovuta inversione di rotta: il merito va riconosciuto soprattutto alle ricerche di Stanley Cavell, George Kateb e Cornel West, i cui principali testi critici sono usciti sul mercato anglosassone nel corso degli anni Novanta. A questo movimento di riscoperta del pensiero di quello che è considerato il capostipite del trascendentalismo americano, porta ora il suo contributo il saggio denso e allo stesso tempo agile del giovane studioso Beniamino Soressi, che va a colmare un vuoto ancor più macroscopico in ambito italiano. Quella di Soressi è infatti la prima monografia in lingua italiana che si confronta con il pensiero di Emerson per intero. Come il titolo stesso anticipa, il discorso si articola in due parti: se nella prima l’asistematicità delle riflessioni emersoniane viene sviluppata e organizzata individuandone i fondamentali snodi tematici, nella seconda il nucleo teorico della solitudine viene scelto come filo conduttore di un percorso più mirato. L’analisi puntuale denuncia una conoscenza approfondita dei testi; ad essa si accompagna un continuo allargamento della prospettiva che colloca il pensatore di Concord all’interno di un ampio sistema di rapporti in cui spiccano i nomi di Kant, Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, ma in cui non mancano i riferimenti alla cultura orientale e islamica o alla filosofia italiana contemporanea (Severino, Galimberti). Come è noto a chiunque abbia affrontato la lettura diretta di Nature (1836), delle due serie degli Essays (1841-44) o di Representative Men (1850), per citare solo i più famosi, il pensiero di Emerson dietro la cristallinità del linguaggio sembra spesso seguire tracciati tortuosi e talvolta contraddittori: Soressi cerca, con successo, di fare chiarezza, soffermandosi su alcuni dei punti più oscuri di tali tracciati, dal concetto di trascendenza alla presenza di un senso tragico dell’esistenza fino all’articolarsi della domanda «metaetica». Emerge a più riprese la dirompente modernità del filosofo: da una percezione del sé quasi «postmoderna», tesa fra definizione del soggetto e istinto de-individualizzante, («il fine dell’opera emersoniana appare quello di scuotere il lettore a livello dell’identità» p. 46) all’ideale dell’individualismo democratico («un soggetto individuato e autorealizzato in senso globale è in quanto tale il miglior dono che possa essere fatto alla società» p. 164) che ne riassume un impegno politico-sociale spesso posto in secondo piano, se non negato, dalla critica. Sul rapporto complesso che le pagine di Emerson delineano fra società e solitudine, sulla possibilità di conciliare ideale solitario e vita comunitaria Beniamino Soressi si sofferma a lungo nella seconda parte. Proprio qui risiede l’aspetto più originale del suo saggio, una lettura del filosofo in buona parte in controtendenza con quella tradizionale, e che ci auguriamo costituisca un punto di partenza per ulteriori ricerche e riflessioni.
Valentina Paradisi ¬ top of page |
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