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RICCARDO CASTELLANA, Fiction e non fiction. Storia, teorie, e forme, Roma, Carocci 2021, pp. 260, € 26,65.

(pp. 124-125).

 

Fiction e non fiction. Storia, teorie, e forme è un volume che riesce ad esaminare un genere di scrittura da angolazioni teoriche, filosofiche, politiche, e storiche con un lessico e orientamento adatti sia agli studiosi sia agli appassionati di letteratura. L’accessibilità del testo è evidente sin dal primo capitolo in cui Riccardo Castellana, il curatore del volume, paragona la fiction con “il gioco” in cui “il bambino manipola oggetti e conferisce loro significati diversi da quelli che possiedono nella vita quotidiana, e qualcosa di non molto diverso accade quando leggiamo un romanzo” (15). La questione centrale che viene esplorata attraverso vari punti di vista nei nove diversi saggi della raccolta è l’intreccio inevitabile di finzione e fatti nella scrittura narrativa. Questo problema viene approfondito con la creazione di una definizione teorica della fiction: i contributi di vari studiosi contenuti nell’opera si soffermano, fra l’altro, sulle caratteristiche che distinguono questo genere, la terminologia che occorre usare nell’analisi, e le sottocategorie della fiction. Nel primo capitolo Castellana affronta la domanda ad ampio raggio di “Cos’è la fiction?” e stabilisce che la creazione di una definizione della fiction è un processo che è complicato dal confine labile tra scrittura fattuale e finzionale. I fatti abbondano nei romanzi storici, ad esempio, come il racconto dell’epidemia nel romanzo classico I promessi sposi, eppure quest’opera sembra un esempio lampante di fiction (17). Avendo dimostrato che la mancanza di referenze esterne e/o vere non può essere il tratto distintivo della fiction, Castellana elenca delle particolarità indicative di finzionalità, citando il volume The Distinction of Fiction di Dorrit Cohn. Tra esse viene sottolineata la conoscenza delle vite interiori dei personaggi del narratore di una fiction, informazione di cui gli storici non sono al corrente. Il compito della dissezione della fiction continua nel secondo capitolo, “Le narrazioni pseudofattuali e le origini del novel,” in cui Riccardo Capoferro traccia la creazione e l’evoluzione della fiction nel tempo. Capoferro si sofferma sulla creazione di questo genere, concentrandosi soprattutto sui romanzi fondamentali dell’Inghilterra sei e settecentesca quali i Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift e Robinson Crusoe di Daniel Defoe, l’autore che Capoferro elogia come “il più innovativo” tra tutti gli scrittori della sua epoca che “avevano meglio intuito le potenzialità della retorica empirica” (48). I successivi contributi passano a esplorare alcune sottocategorie della fiction, come il romanzo storico (Capitolo 3, “L’ora della verità. Storia e romanzo nell’Ottocento” di de Cristofaro e Viscardi) e il romanzo saggio (Capitolo 4, “Fiction e non fiction nel romanzo saggio” di Cavalloro). Nel terzo capitolo emergono questioni etiche riguardo il compito della fiction, aggiungendo un’altra dimensione filosofica al discorso. In particolare, di de Cristofaro e Viscardi espongono la convinzione di Alessandro Manzoni che “l’opera d’arte dovrà essere pedagogica, aiutare l’uomo a conoscere meglio sé stesso e il mondo,” – un’ideologia che l’autore formulò nel saggio Del romanzo storico (66). Nella seconda metà dell’Ottocento, nacque una nuova forma, il romanzo saggio, che determinò nuovi punti di contesa nel discorso sui generi narrativi. Cavalloro sottolinea la riflessione come tratto distintivo del romanzo saggio e propone tre forme di questi interventi soggettivi (il “dialogo tra eroi intellettuali”, “l’intromissione del narratore onnisciente” e il “saggismo indiretto libero”). Nei capitoli successivi viene dato spazio anche alla “scrittura ibrida” (Capitolo 5 - “Nonfiction novel e New journalism” di Mongelli; Capitolo 6 - “La non fiction” di Palumbo Mosca; Capitolo 7 - “La biofiction” di Castellana; Capitolo 8 - “L’autofiction” di Marchese). Questi quattro contributi esplorano l’evoluzione dei sottogeneri della fiction che non solo contengono elementi reali ma li accolgono come parte fondamentale delle proprie forme. Mongelli traccia questo sviluppo sia nell’ambito giornalistico, sottolineando l’importanza della raccolta di saggi di Tom Wolfe The Kandy-Kolored Tangerine-Flake Streamline Baby, sia nella scrittura del “nonfiction novel” i cui autori pioneristici sono, secondo Mongelli, Truman Capote e Norman Mailer (117). Curiosamente, questi scrittori avevano approcci molto diversi; Mongelli mette a confronto il ruolo distaccato del narratore di A sangue freddo di Capote e il coinvolgimento del narratore de Le armate della notte di Mailer. Nel contributo successivo, Palumbo Mosca espone gli elementi caratterizzanti della non fiction contemporanea italiana, sottolineando in particolare il celebre romanzo di Saviano – Gomorra – l’opera che ha rotto con tante norme della scrittura fattuale e che è emblematica degli elementi stilistici unicamente italiani della non fiction. Il capitolo successivo riguarda la biofiction, genere che Castellana definisce come “ogni finzione narrativa, generalmente in prosa, incentrata sulla vita di una persona reale (distinta dall’autore) seguita nel suo intero sviluppo oppure ridotta a pochi momenti significativi” (158). Una delle questioni centrali di questo contributo è il differenziamento dei diversi tipi di biofiction, fra i quali Castellana individua “l’eterobiofiction” (in cui c’è un narratore esterno) e “l’omobiofiction” (in cui il narratore fa parte dell’azione). “L’omobiofiction” viene divisa ancora nell’“autobiofiction,” in cui il narratore è anche il soggetto centrale dell’opera, e, nell’“allobiofiction,” in cui il narratore svolge qualunque altro ruolo nella narrativa. Infine, Condello e Toracca esaminano le tecniche della finzione giuridica e la finzione letteraria e i loro risvolti da un punto di vista filosofico. Questo contributo torna alla riflessione ampia sviluppata all’inizio del volume e invita il lettore a riflettere sui temi ricorrenti, fra i quali le conseguenze della finzione narrativa sulla vita quotidiana, soprattutto negli ambiti politici, conseguenze che vengono esposte alla fine di ogni capitolo. Come afferma con risolutezza di de Cristofaro, infatti, il legame fra il mondo narrativo e quello reale è coessenziale al romanzo, “il genere letterario che più di tutti si è interrogato sulla distanza fra le esigenze dell’immaginario e le contingenze della vita materiale” (81). Nel complesso, Fiction e non fiction. Storia, teorie, e forme costituisce un’unione armoniosa tra la teoria e la storia letteraria in cui la teoria viene usata come un attrezzo per illustrare le caratteristiche della forma oltre alla sua potenzialità di influenzare la realtà.

(Ann Webb)


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