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RENATO POGGIOLI, Il flauto d’orzo. Saggi sulla poesia pastorale e sull’ideale pastorale, a cura di Raffaella Bisso (hardrain@tiscali.it), Collana di letteratura critica, arte e arti ‘Hermaion’, diretta da Enrica Salvaneschi. Book editore, Ferrara 2012, pp. 144, € 14,00.


            Il volume consiste nella traduzione, con testo a fronte, di The Oaten Flute. Essays on Pastoral Poetry and The Pastoral Ideal. Precede il testo una sintetica nota introduttiva della curatrice in cui il lettore viene informato sulle vicende biobibliografiche dell’autore, comparatista e slavista di origine italiana che ha soggiornato in vari paesi dell’Europa orientale fino al 1939, quando è emigrato negli Stati Uniti dove ha insegnato alla Harvard University fino alla morte, avvenuta per un incidente d’auto, nel 1963. Come brevemente ricordato dalla curatrice, da vari anni Poggioli si stava occupando di poesia pastorale e aveva progettato un volume di trenta capitoli tematici dedicato a questo argomento; qualche anno dopo, nel 1975, Bartlett Giamatti selezionò i quattordici saggi già ultimati dall’autore e li pubblicò riuniti in un libro a cui dette il titolo del saggio di apertura: The Oaten Flute. Il volume, pur incompleto rispetto al progetto autoriale, ci permette di avere un’idea precisa del contributo di Poggioli al dibatitto bucolico: uno studio che si sviluppa in maniera diacronica dal Rinascimento alla letteratura contemporanea focalizzandosi su alcuni elementi ricorrenti e distintivi del pastoral ideal, dall’elegia alla pastorale cristiana, dall’analisi della ‘pastoral of the self’ alle implicazioni socio- politiche della pastorale fino ai capitoli conclusivi dedicati ad autori contemporanei come Mallarmé, Gogol e Tolstoj. Il Flauto d’orzo è la traduzione italiana del primo saggio di questo volume postumo, a cui anche Giamatti assegnò una posizione di preminenza, non solo per mera priorità cronologica. Questo contributo, infatti, è il primo di una serie di lavori e seminari che l’autore divulgò sull’argomento pastorale; comparve per la prima volta in «The Harvard Library Bulletin» nel 1957 (pp. 147-84) ed è particolarmente importante perché esplicita l’idea che governa l’impianto del progettato volume, ne sonda in sintesi tutti gli argomenti e contiene le linee metodologiche e ermenutiche utilizzate da Poggioli anche nei contributi successivi dedicati alla letteratura bucolica: diviso in quindici paragrafi, si apre con la definizione dell’essenza psicologica della pastorale (‘desiderio di innocenza e felicità’) enucleata in varie coppie antifrastiche di modelli che permettono all’autore di discutere tutti gli elementi tematici per lui rilevanti del mondo pastorale. Grazie alla selezione tematica e all’esposizione piana delle sue acute comparazioni, ‘the easy and sophisticated Poggioli’ (P. Alpers) riesce a giustapporre opere apparentemente distanti nello spazio e nel tempo, da Teocrito a Boileau, da Virgilio a Goethe, condotto in questo percoso analogico da alcuni leitmotiv che attraversano diacronicamente tutta la lunga storia della pastorale. Vi spiccano la contrapposizione culturale del pastore arcadico con quello cristiano, la riflessione sul desiderio – sia liberato che negato –, quella sulla opposizione tra otium e morale dell’enrichissez- vous e il contrasto tra polis e silva, in cui la scelta pastorale è interpretata come decadenza, come rifiuto e perdita dell’equilibrio classico, una rivolta alla tensione normativa che ha generato l’ordine e l’età dell’oro. Lo schema metodologico oppositivo viene utilizzato anche per descrivere i tratti peculiari della poesia pastorale come l’esaltazione dell’amicizia, dell’amore e della soggettività, elementi individuali contrapposti alla dissoluzione del soggetto nella società delle masse: è questa la parte più politica, e forse più cronologicamente connotata, del saggio in cui si sviluppa la discussione di alcune asserzioni empsoniane (orientate in senso marxista) contenute in Some Versions of Pastoral (1935), che condivide con il lavoro di Poggioli l’impianto comparatista e l’esplorazione del mondo pastorale condotta anche al di fuori del genere letterario bucolico canonicamente inteso.

(Elisabetta Bartoli)

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