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ANDREA MATUCCI, SIMONA MICALI (a cura di), I colori della narrativa. Studi offerti a Roberto Bigazzi, Roma, Aracne 2010, pp. 355, € 22,00.


La raccolta è dedicata a Roberto Bigazzi, già docente di Letteratura Italiana presso l’Università di Siena-Arezzo e autore di importanti studi critici che spaziano da Boccaccio al romanzo italiano moderno e contemporaneo. In accordo con gli interessi principali di Bigazzi, gli interventi qui riuniti hanno come oggetto comune la narrativa, indagata in tutta la sua ‘gamma di colori’: il titolo stesso della miscellanea allude del resto a due dei suoi maggiori volumi, I colori del vero e Le risorse del romanzo. Gli autori e le autrici dei ventitré contributi sono allievi diretti o indiretti di Bigazzi (Orsetta Innocenti, Florian Mussgnug, Simona Micali, Marina Polacco), colleghi italianisti (Andrea Matucci, Gino Tellini, Riccardo Bruscagli) e importanti comparatisti europei e americani (Patrizia Lombardo, Remo Ceserani, Gillian Beer, Helena Buescu, Maria DiBattista, Jürgen Wertheimer), insieme ai quali Roberto Bigazzi ha costruito negli ultimi quindici anni la scuola Synapsis (European School for Comparative Studies). Non a caso, l’intervento di Melania Mazzucco, I bei resti: voci dal silenzio su Annemarie Schwarzenbach, rielabora un seminario tenuto in occasione di Synapsis 2006 sul tema Exile; da parte sua, Massimo Fusillo, in «Tutto l’inconscio se la squaglia davanti a voi». Su Céline e sul neopicaresco, trae spunto da un seminario dell’edizione 2002 dedicata al tema Incontri.
La raccolta si apre con lo studio sul Decameron di Simona Micali, che mette a fuoco la contraddizione di giudizio dell’autore sulla tematica della «refrattarietà sentimentale femminile» (p. 9) in due novelle. L’interesse per la novella caratterizza anche il contributo di Emanuella Scarano, che analizza il novelliere di Bandello, soffermandosi sul modo in cui le vicende soggettive si mescolano a quelle collettive. La storia e l’individuo si impongono come protagonisti in numerosi altri interventi: Andrea Matucci in Novembre 1498: storia di ieri sottolinea l’accorato appello a un ‘noi’ attuale e privo di particolarismi della Storia fiorentina di Piero Parenti; Marina Polacco, parlando del romanzo Cent’anni, mette a fuoco l’interesse dell’autore nel cogliere gli elementi che «dalla vita pubblica s’infiltrano nella privata» (p. 182); Giuseppe Nicoletti in Una scheda ‘fiorentina’ per All’Italia riflette sull’avvio della riflessione politica di Leopardi; Patrizia Lombardo offre un quadro preciso dell’intreccio fra retorica e storia nel romanzo di Hippolyte Taine. Anche Gino Tellini, nel suo studio, dimostra il legame fra Palazzeschi e le «ragioni della storia» (p. 311), riuscendo nell’implicito intento di arricchire l’immagine parziale che i lettori hanno del celebre ideatore dell’uomo di fumo.
Proponendosi di indagare la ricchezza della narrativa, è interessante notare che alcuni interventi si concentrano su argomenti e opere che vogliono essere rivalutati o letti sotto una nuova luce: è il caso dell’Apologia di Clizia di Riccardo Bruscagli, che si sofferma sull’influenza della commedia domestica di Machiavelli, spesso considerata solo la secondogenita della più famosa Mandragola; ugualmente Siro Ferrone, nell’intento di descrivere l’Archivio Multimediale dell’attore italiano, decide di portare l’esempio di Marco Napolioni, «attore importante eppure malnoto del nostro Seicento» (p. 83); Laura Riccò, in Diaspore senesi: noterelle pre-rozze, cerca di inquadrare nel panorama culturale del Cinquecento la Pietà d’amore. Jürgen Wertheimer, parlando degli intermediari e dei mediatori, sottolinea come questi personaggi, che stanno alle spalle dei protagonisti e che rischiano di passare inosservati, spesso siano il vero motore dell’azione.
Il linguista Giuseppe Patota, nell’àmbito della descrizione sintattica, riconosce nell’interrogativa indiretta libera una risorsa importante del romanzo, la cui composizione e struttura sono alla base di molti degli interventi, che toccano numerosi temi: l’accuratezza e la verità dell’autobiografia di Primo Levi nello studio di Florian Mussgnug; l’importanza dello sguardo negli esordi visionari di Joyce descritti da Maria DiBattista; il ruolo del nome in Alice’s Adventures in Wonderland secondo Gillian Beer e il significato del viaggio lungo il fiume in The Mill on the Floss e Heart of Darkness analizzati da Helena Buescu. Inoltre William Dodd si interroga sugli intrecci fra romanzo storico e Bildungsroman nel Waverley di Scott e Pierluigi Pellini inquadra Thèrése Raquin a metà strada fra la novità strutturale del romanzo naturalista e il modello teatrale tragico destinato ad essere superato nei Rougon-Macquart: gli intrecci di stili, prospettive e temi in queste opere dimostrano al lettore come i vari ‘colori’ della narrativa possono mescolarsi all’interno del romanzo.
La varietà non riguarda solo la letteratura ma anche l’incontro con altri linguaggi artistici: il teatro, al centro dell’analisi che Paola Luciani dedica a Diderot e Goldoni; e il cinema, presente nello studio che chiude la raccolta: ne è autrice Orsetta Innocenti che scrive su The Prestige (2006) di Christopher Nolan, mettendo in luce gli «artifici tecnici, pratici, meccanici, tipici di quella macchina di illusioni rappresentata dal cinema» (p. 355). In questa fusione di temi e modi di rappresentazione si inserisce l’intervento su The House of the Seven Gables di Remo Ceserani, il quale evidenzia il rapporto fra il romanzo e le scoperte della modernità come l’elettricità, il magnetismo e la fotografia. Nel volume, dunque, la molteplicità dei contenuti, che potrebbe disorientare il lettore, trova in realtà coerenza interna e valore nella volontà di rendere omaggio non solo a Roberto Bigazzi ma anche al genere stesso della narrativa, che con la sua varietà di ‘forme e colori’ offre spunti di riflessione sempre nuovi e attuali.

(Francesca Migliorini)

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