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Ricordo di Domenico De Robertis. Atti delle giornate in memoria (Firenze, Aula Magna del Rettorato, 9-10 febbraio 2012), a cura di Carla Molinari e Giuliano Tanturli (QLP «Quaderni Per Leggere». Strumenti, 14), Lecce, Pensa MultiMedia Editore, 2013, pp. 1-274.


Le giornate di studio svoltesi nell’Aula Magna del Rettorato di Firenze il 9 e 10 febbraio 2012 hanno omaggiato con sincero affetto e dovuto rigore scientifico la figura di uno dei più grandi filologi e intellettuali del Novecento: Domenico De Robertis. Gli atti di quell’incontro, che oggi vedono la luce per cura di due
illustri allievi del grande maestro, Carla Molinari e Giuliano Tanturli, hanno ilpregio di tradurre per scritto sentimentie considerazioni che in quei due giornidi convegno tratteggiarono parimenti lafisionomia dell’uomo e dello studioso. Labipartizione del libro fra saggi e ricordi èinfatti tale solo sulla carta, ché nei primiaffiorano talora affettuosi aneddoti e isecondi oltrepassano spesso il semplicemandato della commemorazione,offrendo nuovi spunti di riflessione sulmetodo di De Robertis e sulle sueacquisizioni. Dalla recensione al romanzodi Antonio Baldini, Beato fra le donne,pubblicata su «Rivoluzione» nel 1940al «tutto Dante» apparso dopo moltitravagli, non solo editoriali, postumonel 2012, non c’è infatti lemma dellabibliografia derobertisiana (in questi atticurata da Carla Molinari alle pp. 235-264) che non abbia segnato in manierarilevante l’evoluzione della filologia e dellacritica letteraria italiana. Sullo sfondodi queste giornate però percepiamoanche, in particolare nei ricordi iniziali diRiccardo Bruscagli e Giuliano Tanturli,la nostalgia per una stagione irripetibile,poiché nell’attuale era dell’università dimassa è ormai pressoché impossibilericreare quelle felici condizioni cheportarono alla creazione di un’autenticascuola, fiorentina ma anche pavese,tuttora attiva con importantissimirisultati. È impossibile infatti taceredell’insegnamento di De Robertisa Pavia, più breve, certo, rispetto aquello fiorentino, ma analogamentesignificativo (Renzo Cremante, DomenicoDe Robertis pavese: un ricordo, pp.191-198). Concordemente, tutti gli autoridi questi atti individuano quindi in quel«sinolo di studio suo e didattica in formadi seminario» (Giuliano Tanturli, Ricordodel maestro, p. 27) il punto focale delmetodo didattico e scientifico di DeRobertis. Il quale, è bene precisarlo, deirisultati scaturiti dalle osservazioni degliallievi nel corso dei suoi seminari, siserviva onestamente anche per i suoi piùimportanti contributi. A titolo di esempioviene citato infatti che nella tavoladelle abbreviazioni bibliografiche delcommento alla Vita Nuova (1980) trovaspazio anche la voce Seminario ’69-70, a testimonianza del considerevoleapporto che i suoi allievi gli fornirono nelcorso di quel seminario fiorentino tenutoproprio sul libello dantesco. Dalla letturadi questi ricordi emerge dunque la grigliaessenziale delle conquiste derobertisiane,intrecciati alla quale si dipanano poi ifili di un più ampio sistema. Quali sianoquesti risultati è ricordato dai vari autoridei contributi: in un ordine strettamentecronologico si ricorderanno alloral’acquisizione delle varianti d’autore peralcuni testi della tradizione estravagantedella Vita Nuova, individuate nel corsodell’esplorazione del ms. Escorialense;la ridefinizione delle coordinate storichee letterarie dello Stilnovo; l’individuazionedella prima diffusione veneta edestravagante delle rime di Dante; il ruolodi Boccaccio copista; il riconoscimentodel ruolo dei copisti, su tutti AntonioManetti, come mediatori della tradizione;il contributo alla scoperta della letteraturanenciale; l’indagine filologica sui cantari;lo studio della Giuntina di rime antichedel 1527. Ma non possiamo tacereneppure l’importanza dei suoi contributisul Manzoni romanziere e sul Leopardidei Canti. Infine è doveroso ricordarele indagini sui contemporanei, cheannoverano, quali autentiche puntedi diamante, l’edizione di Il più lungogiorno di Dino Campana (1973) e glistudi sull’amato Ungaretti che hannodato frutto in numerosi contributi critici.Nel mezzo vi è una serie inesauribiledi recensioni, articoli, saggi, interventia convegni, edizioni che danno contodell’eccezionale capacità di filologodi De Robertis (il più grande filologotestuale italiano dopo Contini eassieme a Isella, secondo Mengaldo[Presentazione, p. 14]). Il lungo elencosta quindi a dimostrare la sua duplicenatura di filologo dei testi antichi efilologo d’autore. Ricordare DomenicoDe Robertis è occasione però ancheper celebrare l’altro De Robertis, ossiail padre Giuseppe, che del figlio fuispiratore per metodo e interessi. DaGiuseppe Domenico aveva ad esempioimparato che non si può commentareun autore se prima non se ne conoscel’intera opera (lo ricorda IsabellaBecherucci Il romanziere, Manzonie l’impareggiabile maestro [con unapostilla sul Manzoni poeta], p. 108);sempre dal padre (e anche da Contini),Domenico aveva ereditato l’interesseper la lirica, e in particolare per quellalunga e feconda linea che da Foscolo,Leopardi, Baudelaire, Mallarmé, Valeryconduce fino a Ungaretti (Simone Giusti,Domenico De Robertis e Ungaretti:le occasioni della filologia, p. 152). Lapassione derobertisiana per la liricaaffiora anche nei suoi studi manzoniani:i Promessi sposi sono infatti per luiun romanzo poetico (Fabio Zinelli,De Robertis e il metodo, p. 223). Sedovessimo però individuare due autori inservizio dei quali De Robertis ha offertoi suoi contributi più decisivi, dovremmoindicare, senza naturalmente poter maidimenticare il prospetto presentato inprecedenza, Dante e Leopardi. Quantofatto da De Robertis per l’autore dellaCommedia si può sintetizzare negli studisulla Vita Nuova e nell’edizione delleRime apparsa nel 2002, seguita dal suocommento tre anni più tardi, che, comericorda Giuseppe Marrani (Le origini diDomenico De Robertis [seconda parte]:Cino, p. 45) chiudono un cinquantenniodi attività. I risultati di quel lavoro sonotali da non poter essere qui discussi maper non eludere del tutto questo compitobasterà menzionare il fondamentaleampliamento del censimento deltestimoniale e l’esplorazione delmateriale manoscritto relativo a Dantee ai suoi contemporanei, molti dei qualiattendono tutt’ora affidabili edizioni. Atutto questo fa seguito l’ultima impresadi De Robertis, l’allestimento delle Operedi Dante, non semplice raccolta di testicritici delle varie opere dantesche marevisione, e in alcuni casi innovazione,della lezione precedentemente acquisita.Questo «tutto Dante» esce postumo nel2012: ad esso Domenico De Robertisha dedicato realmente le sue ultimeenergie, come il commosso ricordo diGiancarlo Breschi, suo collaboratore inquell’impresa, sta a ricordare (L’edizionedelle Opere di Dante, pp. 206-207).

Al cinquantennio di studi danteschi fada contraltare dunque il trentennio di studileopardiani, influenzati precocemente dalmagistero paterno. Leopardi è per questomotivo “poeta della memoria” di DomenicoDe Robertis. Il commento ai Canti del1978 (che recupera quello importantissimodi Giuseppe e che quindi si può direcondotto a quattro mani) affronta crucialiquestioni di interpretazione e mette in lucela sua personale visione dell’intera operaleopardiana. A De Robertis interessa infattiil Leopardi dei Canti, e in particolare deiCanti del 1831; egli si astiene quindi dal«fervore di studi attorno allo Zibaldone»,così come non prende parte alla collettivariscoperta dell’opera satirica del poetadi Recanati. L’edizione critica dei Canti(1984) invece suscitò dibattiti non ancoraplacati: la scelta, audace e discussa, dimettere a testo i componimenti nella loroprima manifestazione a stampa, e nonsecondo l’ultima volontà dell’autore, testimoniatadall’edizione Starita del 1835,nacque dalla propria insoddisfazione perle edizioni dei testi a tradizione rielaborativa.Tale opzione implicò di conseguenzaun imponente, e non sempre agevole, apparatocritico; coerentemente, De Robertissi trovava inoltre costretto a ordinare i testiin base alla loro data di pubblicazione enon secondo l’ordine che questi preseroappunto nell’ultima stampa (Elena ParriniCantini, Domenico De Robertis e il poetaLeopardi, pp. 117-132).
L’occasione del ricordo concede dunquel’opportunità per riflettere sulla permanenzadell’insegnamento derobertisianonella critica e nella filologia attuali, su unmetodo di ricerca e di studio che andrebbetenacemente perseguito anche oggi e,come era giusto in quella sede, sull’umanitàveramente eccezionale dello studioso.
Tanto di più si potrebbe e si dovrebbedire attorno a questa figura. È compito diuna recensione individuare però anchel’utilità di un libro: si ritiene pertanto chequesta lettura possa risultare particolarmentefruttuosa per i giovani studiosi estudenti che, non avendo avuto esperienzadiretta della scuola di DomenicoDe Robertis e del suo magistero, e forseneppure troppo della sua bibliografia,potranno beneficiare attraverso questiatti di un utile breviario delle sostanzialiconquiste della sua settantennale attività.Potrà essere dunque utile ripassare, conl’ausilio delle tante citazioni derobertisianedisseminate nei contributi, quali fossero lecoordinate descrittive della donna delloStilnovo («tratto fondamentale della donnadello stil novo è proprio di non averetratti individuali», p. 62), quali i rapporti diforza fra latino e volgare nel Quattrocentoo quale il tema della poesia manzoniana:assunti forse ormai scontati ma chelo sono diventati proprio perché acquisitiuniversalmente.

(Claudia Tarallo)

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