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NATASCIA TONELLI, «Per queste orme». Studi sul Canzoniere di Petrarca, Pisa, Pacini, 2016, pp. 248, € 17.


Il libro di Tonelli nasce come riedizione di undici saggi già pubblicati nel ventennio 1994-2014, e opportunamente ricollocati in serie non cronologica di stesura, ma per evidenti legami argomentativi. Anche per questo, ma non solo per questo, il libro presenta una omogeneità e una compattezza veramente rare in simili raccolte di saggi preesistenti. La lunga fedeltà a Petrarca dell’autrice, servita da una esaustiva conoscenza di testi dai classici ai provenzali, e da una notevole perizia filologica, ha infatti manifestamente seguito negli anni due direttrici principali, che adesso la ‘forma libro’ intreccia, mettendole in proficuo rapporto di rispondenze. La prima è un’altra e maggiore ‘forma libro’, cioè l’instancabile lavoro che Petrarca dedicò, per tutta la vita, al raffinamento dei legami interni alla sua opera, e alla collocazione in essa delle singole parti secondo un percorso sempre più vicino all’ideale di una ‘storia’ costruita per luoghi poetici indipendenti. Solo la morte, come si sa, interruppe tale lavoro, e nient’altro possiamo fare noi oggi se non studiare una ‘forma’ potenzialmente inesauribile, che solo il tempo ha reso definitiva. A questa fortunata invenzione del genere ‘Canzoniere’ Tonelli dedica studi incentrati sia sulle parti costitutive del ‘libro’, il suo inizio e la sua fine, sia rivolti a modelli di costruzione poetica in senso ‘materico-narrativo’ che a Petrarca potevano giungere dal passato. Così il primo di questi saggi ci mostra come il codice Vaticano Latino 3195, attraverso le ultimissime correzioni di Petrarca alla numerazione – e quindi alla voluta posizione – degli ultimi componimenti sia passato da ‘bella copia’ di un lavoro (forse) finito a ‘copia di servizio’ di un lavoro (forse) infinito; ma ci mostra anche come, nonostante i ripensamenti, la conclusiva preghiera alla Vergine rimanga sostanzialmente irrelata da ciò che la precede, rendendo alla fine definitive solo le eterne contraddizioni dell’io che hanno fondato la nostra lirica. Successivamente si volge lo sguardo invece ai primi sonetti, e al mito dell’innamoramento ‘nel tempio’, ma è con il densissimo lavoro su Properzio che Tonelli stabilisce un plausibile modello di ‘libro’ amoroso – e di stile elegiaco – che percorre i gradi della deviazione, del pentimento, dell’accettazione di altre vie possibili: giustissimo quindi terminare la raccolta con un saggio sulla Xandra di Landino, che il codice elegiaco rielabora e definitivamente assume, ponendosi terzo fra cotanto ingegno. L’altra direttrice di ricerca del libro di Tonelli, opportunamente intrecciata alla prima, è il particolare rapporto che Petrarca – e dietro di lui la cultura del suo tempo – stabilì con elementi figurativi (il guanto, la mano) e lessicali della poesia provenzale. Qui convince in maniera particolare lo studio sui nomi, da Laura a Fiammetta come Flamenca, ed è soprattutto ammirevole la ricerca compiuta su registri anagrafici e altra documentazione, a stabilire l’inesistenza del nome di persona ‘Laura’ nel mondo del Petrarca: se è vero che tale nome iniziò a diffondersi nella realtà toscana solo ai primi del Cinquecento, ‘colei che sola a me par donna’ altro non fu, al di là della sempre ammissibile esistenza reale di muse ispiratrici, che l’incarnazione di un mito artistico-poetico, non diversamente, appunto, dalla Cinzia di Properzio. Un ultimo cenno allo studio sulle ‘parole’ di Laura: il tema di una approfondita presenza dell’amata post mortem è canonico negli studi su Petrarca, ma Tonelli stringe il rapporto con la Beatrice purgatoriale e prescrittiva, riaprendo anche la questione dell’ingombrante modello dantesco.

(Andrea Matucci)

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