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GIANFRANCA BALESTRA (a cura di), Women in Love. Ritratti di donne in letteratura, Roma, Artemide, 2014, pp. 276, € 25,00.


Nel mutuare il titolo dal romanzo di D. H. Lawrence, il volume curato da Gianfranca Balestra – e che s’inscrive tra le pubblicazioni in onore di Giovanna Mochi – mira non solo a restituire un affresco policromo attorno al tema delle donne e l’amore nella letteratura occidentale, ma aderge altresì a efficace esempio di comparatismo ad ampio raggio, teso ad attraversare lo spazio del letterario per diacronie e sincronie: Women in love, insomma, ma anche – e soprattutto – “women and love”, in un rifrangersi costante di identità fittizie e reali, costellanti una genealogia in divenire. La prima parte del lavoro – con interventi di Gianni Guastella, Maria Rita Digilio, Nicoletta Francovich Onesti, Anne Schoysman, Roberto Venuti, Caterina Graziadei e Roberto Francavilla – muove le fila dalla riscrittura degli esempi classici e medievali, la cui carica polisemica tende a risolversi in una mitografia del ‘rovescio’ o della variatio tematica: ne sono un esempio Taide, bona meretrix nell’Eunuchus di Terenzio, ma «sozza e scapigliata fante» nell’Inferno dantesco; la valchiria Brunilde, di cui viene presentata la variegata traditio, dal poema dei Nibelunghi sino alla versione wagneriana del Götterdämmerung; o l’Elena di Omero e Euripide, rivisitata da Goethe nel secondo libro del Faust in una «anagnorisis […] capovolta» – scrive Venuti – «[…] [poiché] scompare la figura reale e il personaggio acquista contezza di essere soltanto un fantasma, un eidolon, un Trugbild, pura letteratura» (p. 72). Il dialogismo intertestuale è portato avanti anche nella seconda sezione del libro, incentrata sulla resa scenica del sentimento amoroso. Nel prendere in esame l’opera shakespeariana, Rocco Coronato, Mario Domenichelli e Alessandro Serpieri vi si accostano per tre diverse direttrici interpretative: dagli influssi petrarcheschi e il ruolo svolto dalle figurazioni laurane, alla partizione topografico-spaziale in Love’s Labour’s Lost – «unico play di Shakespeare », arguisce Domenichelli, a operare una chiara distinzione tra spazio maschile […] e spazio femminile (p. 109) –, fino alla tragicità di Ofelia e Desdemona, entrambe ipostasi di un femminile degradato. Per converso, Marzia Pieri guarda al versante italiano, esaminando le variazioni del ‘matrimonio in scena’, rispetto ai due archetipi di stampo decameroniano (Griselda e Ghismonda); mentre Andrea Landolfi, nel soffermarsi sul Rosenkavalier di Hofmannsthal, individua la funzione ‘liminale’ rivestita dal personaggio della Marescialla. Il successivo gruppo di scritti guarda, invece, alla letteratura modernista, con variazioni intorno a L’uomo senza qualita e la Parallelpassion tra Ulrich e Agathe («amore incestuoso», rileva Clemens-Carl Härle, «sempre imminente ma sempre differito», p. 153) o la tenderness che sembra permeare le pagine de L’amante di Lady Chatterley (si veda lo studio di Serena Cenni); ma non mancano innesti di vita e letteratura, come si evince dalle considerazioni di Claudia Corti in merito a James Joyce e le sue ‘donne innamorate’ (prima fra tutte Nora Barnacle, da sempre al suo fianco «in un volontario, perpetuo esilio», p. 169). Nella penultima parte del volume – dedicata alle donne ‘scrittrici d’amore’, con interventi di Catherine Maubon, Alex R. Falzon, Elena Spandri, Antonio Melis e Gianfranca Balestra – soggetto e oggetto coincidono, in un continuo vociferare d’identità e somiglianze: dalla vicenda testuale delle carte postume di Colette Peignot, ricostruita da Maubon nel suo contributo; al romanzo breve Apariciones, della scrittrice messicana Margo Glantz, di cui Melis traccia i punti di raccordo con la figura di Sor Juana Inés de la Cruz, per giungere a una rispondenza segreta tra misticismo e esaltazione del corpo. Nel suo studio, dedicato alla narrativa di Alice Munro, Balestra non manca di rilevare una costante di fondo, in questo grande arazzo di femminilità e sentimenti: «“Women in love”, figure di donne complesse che esprimono il desiderio e vivono la passione, intermittenze del cuore, intrecci di amore e disamore, stratificazione di senso» (p. 237). La sezione conclusiva, Women in love?, per quanto tenga fede al titolo del volume, cerca di estenderne lo spazio speculativo: dagli interventi di Annalisa Nesi, Roberto Serrai e Alison Duguid si delineano nuove piste e coordinate, illuminanti una parola quale ‘amore’, «usurata» – citiamo dall’introduzione di Balestra – «fino a sembrare vuota di significato» (p. 9).

(Diego Salvadori)

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