« indietro MARIANO BAINO, L’uomo avanzato, Postfazione di Remo Ceserani, Firenze, Le Lettere 2008, pp. 144, € 19,00.
Da tempo non è un azzardo considerare Mariano Bàino tra gli autori ‘sicuri’ in un pur mobilissimo canone della poesia italiana contemporanea. Non è un caso che i suoi versi siano stati accolti nell’antologia che molti considerano la più importante (subito diventata di culto) degli ultimi anni: Parola plurale. Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli (Sossella 2005); ma, ancora prima, va ricordata la presenza di Bàino nell’antologia scolastica Il materiale e l’immaginario. Letture esemplari. Dal 1960 a oggi (1996): presenza sorprendente, che indurrebbe a riflettere sull’involuzione, in poco più di un decennio, di molta editoria scolastica e sulla felice scommessa degli antologizzatori. Remo Ceserani, che coordinò l’impresa insieme a Lidia De Federicis, ha maturato negli anni una sorta di ‘fedeltà’ nei confronti dell’autore: prima della postfazione che accompagna L’uomo avanzato, aveva scritto la nota prefatoria di Amarellimerick, uscito nel 2003. Né sorprende che il nuovo volume abbia suscitato l’interesse del comparatista. L’uomo avanzato ha infatti un illustre ‘palinsesto’, il Robinson Crusoe (magari incrociato con il tema più domestico e orecchiabile di Onda su onda: l’uomo che cade in mare dalla nave da crociera, estraneo ai suoi riti mondani, sa di Paolo Conte quasi più che di Defoe). Rispetto al genere della ‘robinsonata’ e ai suoi esiti postmoderni (per esempio il Vendredi di Michel Tournier), Bàino abbandona lo schema basato sulla dinamica di confronto e attrazione tra mondi e valori opposti. La vicenda del personaggio, che porta il nome eloquente e allusivo di Roberto Crusca, non ha infatti come obiettivo l’affermazione di un ordine sociale o conoscitivo, ma la scomposizione di una struttura esterna della realtà, a vantaggio di un recupero autentico della percezione solitaria attraverso i sensi (frequente nel libro è il motivo dell’ascolto) e del corpo. Ciò coinvolge, inevitabilmente, la forma del testo: L’uomo avanzato è infatti composto da una serie di frammenti narrativi e di piccole poesie in prosa che, allineate, producono un racconto discontinuo e oscillante tra il tempo presente vissuto dal protagonista sugli isolotti cui approda e il tempo rievocato. Ne risulta una specie di tensione tra lirica (tra l’altro, uno dei motivi è l’eterno dialogo con la donna assente, in questo caso la moglie rimasta sulla nave) e romanzo, che appare tanto più significativa quanto più si pensi al valore fondativo che il Robinson di Defoe ha nella storia moderna del genere narrativo. Proprio nella critica all’invadenza sociale di Robinson risiede forse il nucleo della riflessione ‘umoristica’ di Bàino (vicina, a tratti, a quell’umorismo stranito e ‘lunare’ dell’ultimo Pirandello): «Potreste scoprire, lo dico per voi, che la richiesta inappagata e inappagabile di nuovi legami sociali era inclusa nell’individuo consumatore, mentre a scavare il fossato contro mercato e guerre potrebbe essere il soggettone autoreggente…» (p. 66). In questa constatazione, nella visione per così dire postuma della condizione storica che spinge lo sguardo verso un’essenzialità metafisica, può essere ravvisato il segno dell’autore, che attraversa la sua opera, da Camera iperbarica del 1983 fino alla scrittura «fuori formato» dell’Uomo avanzato; in tal senso, il titolo della collana cui il volume appartiene ne rende bene anche la ‘dislocazione’ rispetto alle forme e agli stili normalmente frequentati da Bàino.
(Niccolò Scaffai)
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