« indietro TOMI KONTIO, Vaaksan päästä taivaasta (A una spanna dal cielo), Helsinki, TEOS 2004. La poesia di Tomi Kontio origina, in senso letterale e multiforme, dall’area di confine della città, esplora concetti, li smantella e rimodella, percorre la distanza tra comunicazione, comunità e incondivisibilità. E ciò a partire dal titolo stesso della raccolta; in finlandese, la parola vaaksa (spanna) è associata a un famoso adagio che ammonisce sulla possibile incombenza del pericolo. Anche la presenza di vari pericoli risulta molteplice nelle poesie di Kontio, e ciò malgrado la morte e la ‘chiassosa erosione’ procedano lentamente e inesorabilmente: il senso di irrevocabilità è, comunque, da sopportare. La grande tensione dell’opera, che si manifesta attraverso una forte corporalità, femminilità, mascolinità e veloci accelerazioni e rallentamenti di ritmo, nasce dalla contrapposizione del silenzio finale con le voci, le immagini della città, la vivacità e l’organicità strutturale. Nelle poesie possiamo trovare rielaborazioni della faccia conosciuta della città, di storie, dettagli, introspezione e narcisismo. L’essere vivo implica una gioia immeritata e una continuità in qualche modo sempre fragile. Anche dopo un’attenta lettura, il lettore rimane in dubbio se il cielo, presente già nel titolo, sia la meta dell’ultimo viaggio, un esplicito conforto con la sua stessa esistenza oppure un’immagine irreale dalla quale staccarsi pregando. Kontio sfida il lettore con la sua intertestualità, con un virtuosismo linguistico che conquista spazi nuovi grazie ad immagini profonde e toccanti.
Dice è lui, qui, sempre. Non ha rinunciato a nulla, né rinuncerà, col proprio corpo misura il peso delle parole e comunque così lieve, è così lieve ciò che continua così lieve che neanche il vento può afferrarlo, neppure un sospiro, una voce, le fugaci tenaglie della luce così lieve e così greve rende ciò che misura con se stesso o con l’altro, scelto che i piedi affondano nel nucleo pietroso, gli occhi nel nucleo penoso e l’eternità, l’unicità in eterno nei suoi buchi oscuri come se aspettasse, fosse avesse voglia, volesse. (Traduzione di Antonio Parente) Outi Hollender ¬ top of page |
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