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LE ISTANTANEE DI IVAN WERNISCH
 

 Biglietto di ingresso al Castello di Praga con antica veduta.
 

Ivan Wernisch nasce a Praga nel 1942 da madre ceca e padre tedesco. Termina nel 1959 gli studi di ceramica presso l’Istituto d’Arte di Karlovy Vary, nutrendo una passione per la pittura e il collage. Nel 1961 esce la sua prima raccolta poetica. Negli anni Settanta le sue opere circolano in samizdat o sono pubblicate all’estero, mentre Wernisch si cimenta nei lavori più disparati. Il suo impiego preferito sarà quello di custode alla chiesa della Madonna di Loreto, poiché gli lascerà molto tempo per scrivere; alla radio propone traduzioni vere o presunte di opere e autori reali o immaginari. Agli anni Ottanta risale l’incontro dei suoi testi con la musica rock: alcune delle voci più note dell’underground ceco, come i C&K Vocal e i Plastic People of The Universe, canteranno versi scritti da Wernisch. Dal 1989 le sue raccolte sono di nuovo pubblicate in patria.
In tutti i campi della sua attività si serve di pseudonimi: la mistificazione diventa una difesa e un indizio di poetica. Caratteristica è inoltre la sua predilezione per le antologie, in cui raccoglie scritti o traduzioni di autori più o meno noti, oppure rimescola i propri testi precedenti. I suoi componimenti sembrano migrare da una raccolta all’altra: il titolo di una poesia diventa titolo di una sezione o di un intero volume e si confronta con una nuova struttura e con citazioni differenti. Anche le immagini che Wernisch sceglie per i suoi testi sono spesso coniugate in modo inedito e sembrano destinate a una premeditata collisione. L’ironia accentua le contraddizioni della quotidianità, facendone emergere i tratti assurdi e grotteschi e restituendola al lettore sgranata e surreale, trasfigurata. Numerosi componimenti di Wernisch hanno l’andamento della filastrocca, che riecheggia la realtà facendole il verso; dell’esorcismo, che la disarma della sua insensatezza; dell’indovinello, che costringe a razionalizzare il reale-sconosciuto in una composta architettura sintattica e lessicale. Nelle sue brevi prose risuonano gli echi di mondi lontani, di popoli e spiriti sopravvissuti in antiche cosmogonie.
I mezzi espressivi e le strutture narrative di Wernisch lo accostano alla grande scuola del surrealismo praghese; il gusto per il gioco e l’improvvisazione ironica ricordano il dada. La poetica del quotidiano sembra in linea col produttivo e variegato filone del Gruppo 42, che si prefiggeva di indagare «il mondo in cui viviamo»: così s’intitola un saggio fondamentale del celebre teorico del l’estetica Jindřich Chalupecký. Di questo gruppo fece parte anche Jiří Kolář , poeta e collagista di fama interna zionale, nonché maestro di Wernisch: lo strettissimo legame di Wernisch con le arti figurative e con il collage in particolare è riconoscibile nella sua tecnica espositiva, che fraziona e ricompone la realtà in quadri concreti e onirici che si succedono come istantanee.
Velato dalle scene del quotidiano e svelato da slittamenti e accostamenti inediti, il mistero della realtà e della sua rappresentazione sussurra messaggi sommersi da una regione sconosciuta, dove tutto sembra animato e in perenne trasformazione. Il tempo lineare, come categoria umana, perde significato e si traduce in una serie di istanti proiettati sull’eternità. Questo accade nell’haiku, forma poetica giapponese che ha avuto una certa fortuna in Boemia. Anche Wernisch se ne appropria e lo declina secondo la sua poetica nella sezione «Nel bosco c’è un ponte» della raccolta Corre voce (1996). Si tratta di un volume variegato, costruito su contrasti, chiasmi e metamorfosi, che in quattro sezioni propone diversi tipi di testi: trasposizioni liriche di aneddoti letterari o di sogni, poesie popolari o sperimentali, componimenti dalla struttura drammatica, cosmogonie esotiche e bizzarre mitologie. La sezione «Nel bosco c’è un ponte», l’ultima, appare tuttavia omogenea per forme e immagini. Comprende diciannove componimenti, quindici dei quali ricalcano la struttura degli haiku e due hanno la forma del renga, una concatenazione di haiku.
Come nelle raccolte della tradizione nipponica, gli haiku di Wernisch sono ordinati secondo la stagione: dall’inizio della primavera, quando fuori fa ancora buio presto, il poeta ci accompagna verso l’estate. Il mondo è bagnato da una pioggerella leggera, che si asciugherà velocemente, lasciando l’aria alla polvere. Presto si sentono nuovamente i tuoni in lontananza; presto farà nuovamente freddo e tutto cercherà riparo nella luce del sole. I denti di leone sfioriscono, mentre stanno per sbocciare nel crepuscolo i fiori bianchi dell’ortica. Ritornano la nebbia, il buio, il silenzio e la pioggia: non è più tiepida pioggia primaverile, sta per diventare neve. Imbiancherà i cespugli, infreddolirà gli uccelli e gelerà i pesci nell’acqua: e nel ghiaccio i pesci aspetteranno la «fine», l’ultima parola della raccolta. I componimenti sono legati fra loro anche dalla struttura fonica e semantica, in cui le immagini e i suoni trasmigrano da un testo all’altro in tessendo imprevedibili collegamenti.
In questi brevissimi quadretti la scena si presenta in modo oggettivo, ma l’angolazione visuale dipende com pletamente dall’osservatore. La poesia non risiede nella descrizione, ma nell’impressione suscitata dall’immagine, che si svincola dagli occhi del poeta per diventare universale. Anche le più piccole manifestazioni del reale trovano posto negli haiku e, fermate in un istante, con i loro suoni e i loro profumi, si sottraggono allo scorrere del tempo: ogni movimento sembra contrapporsi all’eternità e conquistare così un nuovo valore. La semplicità e l’immediatezza raggiunte in questi versi sono frutto di un’attentissima elaborazione formale; all’interno di una struttura rigida il poeta fa collidere dimensioni differenti e l’attualità del messaggio si confronta con il codice di un’antica tradizione.
 
 Ivana Oviszach
 
(Anteprima da Corre voce, 1996, di prossima pubblicazione presso la Forum Editrice, Udine. Traduzione di Ivana Oviszach).

V LESE JE MOST
Vladimíru Karfíkovi
NEL BOSCO C’È UN PONTE
a Vladimír Karfík

VENKU SE STMÍVÁ
Zasyčel nedopalek
ve zbytku piva
FUORI SI FA SERA
Sibila il mozzicone
nel fondo di birra

VEČER JE V OKNĚ
můj obličej někoho
kdo se sem dívá
LA SERA NELLA FINESTRA
è mia la faccia di qualcuno
che guarda qui

V ZRCADLE POKOJ
s rozestlanou postelí
V umyvadle krev
Heinrichu M. Davringhausenovi
NELLO SPECCHIO LA STANZA
col letto disfatto
Nel lavandino sangue
A Heinrich M. Davringhausen

PADÁ JARNÍ DÉŠŤ
Na střeše se červená
promočený míč
Buson (1715-1783)
CADE PIOGGIA PRIMAVERILE
Sul tetto è rossa
una palla zuppa
Buson (1715-1783 


Z okapů crčí,
chodník rychle osychá
Rozvoněl se PRACH
Gocciola la grondaia,
la terra rapida si secca
Si sente la POLVERE 


ZTICHNE DECHOVKA
v zahradě pod kaštany
Zahřmí v kuželně
TACE LA BANDA
nel giardino sotto i castagni
Un fragore al bowling 


PLECHOVÁ ŽÁBA
spadla přes okraj stolu
Strojek v ní chrčí
UNA RANA DI LATTA
caduta dal bordo del tavolo
Rantola il marchingegno 


Strojek v ní chrčí,
spadla přes okraj stolu
JE TO TAK DÁVNO
Rantola il marchingegno,
caduta dal bordo del tavolo
TANTO TEMPO FA  


TA KØOVÍ,TY ZDI
tady nikdy nebyly
Nikdy tady nebyly,
když jsem byl malý
QUEI ROVI, QUEI MURI
non ci sono mai stati,
Non sono stati mai qui
quando ero piccolo


KDYŽ JSEM BYL MALÝ
stál tady veliký dům
Před domem anděl
QUANDO ERO PICCOLO
c’era una grande casa
Davanti a casa un angelo 


PØED DOMEM ANDĚL
Uvnitř nějací lidé,
kteří jen spali
DAVANTI A CASA UN ANGELO
All’interno persone
che dormivano solamente 



Je zima starci
a vše se před ním skrývá
V SLUNEČNÍM SVĚTLE
Ha freddo il vecchio
e tutto davanti a lui si nasconde
NELLA LUCE DEL SOLE 


STŮL, DVEØE, ŽIDLE,
skříň, okno, umyvadlo,
já, kufr, postel,

Začly odkvétat
PAMPELIŠKY na střeše
našeho domu
TAVOLO, PORTA, SEDIA,
armadio, finestra, lavandino,
io, valigia, letto,

Cominciano a sfiorire
I SOFFIONI sul tetto
di casa nostra 


SVĚT ZELENÉHO PAVOUČKA

Svět zeleného pavoučka
není tady, na hřbetě mé ruky
Svět zeleného pavoučka
je daleko, dál než dosáhne má paměť
IL MONDO DEL RAGNETTO VERDE

Il mondo del ragnetto verde
non è qui, sul dorso della mia mano
Il mondo del ragnetto verde
è lontano, più lontano della mia memoria 


Kvítka hluchavek
se zabělala v šeru
ZAHØMĚLO v dálce
I boccioli delle ortiche
biancheggiano nel crepuscolo
TUONA in lontananza 


POHLEĎ,VELKÁ, LOĎ
vleče malou veslici
někam do mlhy
Šiki(1807-1902)
GUARDA, LA GRANDE NAVE
trascina la scialuppa
piccola nella nebbia
Šiki (1807-1902) 

HLUBOKOU CESTOU
mezi merfány vejdu
do tmy, do ticha
NEL FOLTO UNA STRADA
mi porta tra i larici
nel buio, nel silenzio 


V LESE JE MOST

V lese je most,
je z kamene,
roste na něm tráva
a stojí na něm dub
a kamenný muž
A nevede tam cesta

Had sklouzl po břehu
a zmizel v listí na dně,
jen trochu zčeřil vodu
Tůně potemněla
NEL BOSCO C’È UN PONTE

Nel bosco c’è un ponte,
è di pietra,
sopra ci cresce l’erba
e si staglia una quercia
e un uomo di pietra
E non una strada vi porta

Un serpente scivola sulla riva
e sparisce tra le foglie sul fondo,
increspa appena l’acqua
La gora si oscura 

DØEVĚNÉ SCHŮDKY
Až dolů k řece. A dál
ještě ne.Prší
SCALINI DI LEGNO
Fin giù al fiume.
E oltre non vanno. Piove 

Otřepalo se
ZASNĚŽENÉ KØOVÍ
Pták zaskřehotal
Si scrolla
IL ROVETO INNEVATO
Un uccello gracchia 

JEŠTĚ ČEKAJÍ
ryby zamrzlé v ledu
kdy bude konec
ASPETTANO ANCORA
i pesci gelati nel ghiaccio
quando verrà la fine 



Caricature di Wernisch, dal suo volume Rmžovejch květm sladká vmně, Brno 2002. 


(Anteprima da Viaggio a Ašchabad, di prossima pubblicazione presso la Forum Editrice, Udine. Traduzione di Anna Maria Perissutti).

CHVÍLI SVÍTÍ SLUNCE

Chvíli svítí slunce,chvíli poprchává
Nikoho cestou nepotkávám
Mezi lipami
za tichým výletním hostincem
doutná hromada listí
ORA SPLENDE IL SOLE

Ora splende il sole, ora pioviggina
Non incontro nessuno per strada
Tra i tigli
dietro la muta taverna
un mucchio di foglie lento arde 

V POLEDNÍM ŽÁRU

V poledním žáru
šíří se městským sadem
pach z pisoáru
NELLA CALURA DEL MEZZODÌ

Nella calura del mezzodì
dal giardino entro le mura
viene un odore di pipì 

PØI POHLEDU NA MRTVÉHO HAVRANA

(Severoameričtí Eskymáci, Hudsonmv záliv)

Země,
veliká země!
Víš o té hromádce
zvětralých kostí?
Víš o těch seschlých zbytcích
drcených
strašlivou tíhou
prázdnoty nad námi?
He-he-he!
ALLA VISTA DI UN CORVO MORTO

(Eschimesi del Nord America, Baia di Hudson)

Terra,
grande terra!
Sai di quel mucchietto
di ossa sbriciolate?
Sai di quei secchi resti
schiacciati
dal terribile peso
del vuoto sopra di noi?
Eh-eh-eh! 



 Foto di Michal Šanda, in Ivan Wernisch, Corre voce (in preparazione presso Forum Editrice, Udine). 

 

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Il saluto del Direttore Francesco Stella

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Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni

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Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto

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Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato

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Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova

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