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 FRAMMENTI DEL DISCORSO LIRICO DI VIOLA FISCHEROVÁ
 
    Praga, veduta del XV secolo.   Viola Fischerová nasce a Brno nel 1935. Figlia del filosofo Josef Ludvík Fischer, cresce in un ambiente di intellettuali e sin dagli anni dell’università frequenta scrittori e artisti tra cui ama ricordare ad esempio Věra Linhartová, Václav Havel, Jan Zábrana, Jan Vladislav, Mikuláš Medek (vedi l’intervista concessa a Michael Špirit, in «Revolver Revue» 28, 1995). La sua prima raccolta di versi, Propadání (Sprofondando), completata sul finire degli anni Cinquanta, non viene accettata nelle case editrici sottoposte alla censura del regime totalitario; alcune di quelle poesie sono uscite nel 1995 in «Revolver Revue».  Dopo il primo vano tentativo di pubblicare, la Fischerová smette per lungo tempo di comporre poesie; entra tuttavia proprio come poetessa nella coscienza dei lettori per alcuni suoi versi che Bohumil Hrabal – negli anni Sessanta già molto popolare – pone in epigrafe alla raccolta di racconti Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare (1965): «La latteria potrebbe vendere anche quando è buio / Cominciare a vivere da sola è più di una nascita / Si può intendere la mancanza di fede / come attenzione indiscriminata / Del resto metto un’inserzione per una casa / in cui non voglio più abitare». Questi versi con tenevano il concetto di «attenzione indiscriminata» che sarebbe stato tanto produttivo nella poetica di Hrabal: se per la Fischerová era questo un modo per definire diffidenza e indifferenza, per il grande scrittore ceco aveva invece un significato positivo, indicava la capacità di osservare la realtà senza pregiudizi, prestandole un’attenzione incondizionata.  Laureata in letteratura ceca e polacca, negli anni Sessanta la Fischerová lavora soprattutto alla redazione culturale della radio cecoslovacca, curando programmi dedicati alla letteratura e scrivendo tra l’altro adattamenti radiofonici di opere letterarie. Nell’autunno 1968, dopo l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del patto di Varsavia, come altri intellettuali che avevano creduto nella possibilità di riformare il cosiddetto socialismo reale sceglie l’esilio insieme al marito Pavel Buksa (noto come scrittore con lo pseudonimo di Karel Michal) e si stabilisce a Basilea. Qui alterna varie occupazioni mentre studia per prendere una seconda laurea in germanistica e storia. Negli anni Ottanta si trasferisce in Germania, a Monaco, dove ricomincia a scrivere versi, affiancando nuovamente la poesia alla pubblicistica: collabora infatti con periodici e case editrici del dissenso e dell’esilio, e inoltre con la redazione di Radio Free Europe. È rientrata nel suo paese dopo i cambiamenti politici e istituzionali seguiti alla cosiddetta ‘rivoluzione di velluto’ del novembre 1989 e dopo la morte del secondo marito, lo scrittore Josef Jedlička. Attualmente vive a Praga. La costante tensione della riflessione esistenziale accomuna le poesie qui presentate in traduzione italiana, scritte a distanza di anni; sono pervase dal tema dell’assenza, del lutto e della perdita, condizioni psicologiche e materiali di cui si indagano le conseguenze nell’esistenza quotidiana di chi le subisce. Le cose di ogni giorno, con la loro implacabile presenza, si manifestano come segni dolorosi: così ad esempio la porta di casa, solitamente varco e soglia della sicurezza, non è altro che l’«ingresso in una ferita aperta»; i simboli più ovvi della gioia familiare come ad esempio la vigilia di Natale – si capovolgono a significare la più pura assenza: del resto, nel percorso verso una vicinanza discosta, eppure ormai matura, cresciuta, autonoma, l’io lirico guadagna «una visione più chiara / dell’altra faccia / opposta delle cose». La faccia opposta delle cose non ne rappresenta il contrario ma il completamento, così come l’affinarsi della percezione non si realizza nei versi per ossimori: grazie ai frequenti accostamenti inusuali, la prospettiva si fa dinamica e si approfondisce, permettendo di scoprire altre dimensioni dell’esistenza.   Un’altra componente importante e produttiva nella poesia di Viola Fischerová è la memoria: i ricordi sono narrati attraverso la rievocazione lirica di eventi, ma soprattutto attraverso le sensazioni, le percezioni e i sentimenti riproposti nei versi con tale efficacia che a ogni lettura sembra di poter sperimentare nuovamente la loro intensità. Il lirismo dell’evocazione non ha nulla di astratto, le scene della vita spirituale si svolgono anzi in uno spazio ben individuato all’interno di coordinate fisiche, in luoghi descritti dalla loro componente emotiva, quasi avessero un carattere umano («La porta di casa / ingresso in una ferita aperta»; «Di notte mi dispiace / per quella via»; «Ma chi mangerebbe / da piatti passati / e si ubriacherebbe / da bicchieri di prima» ecc.).   Il verso libero, mosso e scandito da pause diverse seppure distribuite con regolarità, risulta attraversato soprattutto da allitterazioni. La leggerezza della misurata tessitura fonica rivela una padronanza sicura della lingua; questa poesia dall’intonazione pacata e dall’espressione matura rifugge dai facili virtuosismi. L’andamento dei versi è dialogico: si percepisce molto forte la presenza di un interlo cutore esplicito, un ‘tu’ cui l’io lirico si rivolge, che potreb be talora identificarsi con una persona cara scomparsa, a volte è un dialogo con se stessi, altre volte sembra scandire le battute di una conversazione tra amici o, ancora, im persona un dio cui ci si appella. Pochissime poesie hanno un titolo, mentre sono individuate dall’incipit: si presentano così come tasselli di un unico discorso sempre ripreso.     Annalisa Cosentino    Dalle raccolte (Zádušní básně za Pavla Buksu Poesie in morte di Pavel Buksa; scritta tra il 1985 e il 1986, ma pubblicata a Brno solo nel 1993); Babí hodina (L’ora del tramonto; 1994), Odrostlá blízkost (Discosta vicinanza; 1996),  Matečná samota (Solitudine madre; 2002), Nyní (Adesso; 2004). Traduzione di Annalisa Cosentino.   
| Domovní dveře
 
vchod do otevřené rány 
Schody se lesknou  Ani kapka krve  ani peříčko
 
náš život trval 16 let 
a odehrál se ve třech pokojích | La porta di casa ingresso in una ferita aperta
 Le scale brillano
 Né una goccia di sangue
 né una piccola piuma
 Tutta la nostra vita
 è durata sedici anni
 e si è svolta in tre camere
 |    ***
 
 
***
|  | Di notte mi dispiace per quella via
 Non c’è neppure una finestra
 di cui vorrei sapere
 chi vi veglia
 |  
 
 
| Bože můj 
neměli jsme nikdy jistotu
 | Dio mio non abbiamo mai avuto la certezza
 che vivere sia ovvio
 e opportuno averne il diritto
 Non siamo stati tiepidi
 Se abbiamo per primi
 sgombrato il campo
 non ci ha spinto il timore
 ma il pudore
 Quindi l’orgoglio
 Il primo peccato
 |  ***
 
| Taky na mne nemyslíváš | Anche tu non pensi a me da quanti giorni?
 Anche tu hai trovato
 un’altra vita?
 
 E se facesse buio
 prima di albeggiare
 
 Tutta la sera oggi
 fissi sull’acqua nera
 due cigni senza muoversi
 |  ***
 
| 
Má plavé vlasy její nelásky 
Zůstává nikdy však nepromluví 
v čím klinu a náručí vzešlo 
dítě jemuž upřela borůvku 
který ostatně nesla před sebou | E talvolta le si avvicina il figlio non nato
 Ha i capelli biondi del suo nonamore
 e lo stesso sorriso gli stessi denti
 Rimane ma non parla mai
 E lei non saprà
 in quale grembo e abbraccio sia venuto
 quel che doveva venire da lei
 il figlio a cui ha negato un mirtillo
 e non ha dato neppure la palla
 che del resto ha portato davanti a sé
 non certo dentro di sé
 |  ***
 
| 
a opil z dřívějších sklenic
 
 | Il tuo natale ricopre un tavolo vuoto
 con due candele
 
 Ma chi mangerebbe
 da piatti passati
 e si ubriacherebbe da bicchieri di prima
 
 Neppure al cane piacciono
 queste ossa senza cena
 
 I vicini intonano canti natalizi
 tra poco nascerà per noi
 
 E tra qualche mese morirà
 |  ***
 
| 
Babičce Ludvice 
odbíjely babí čas 
čtvrthodiny z věže 
kostela
 
 
O holi v pokoji 
mezi rádiem zrcadlem 
stolem a postelí
 
 
nabízela paní lesní 
krásnou fotografii 
kdy měla ještě ze všech 
«nejtenčí pas a nejjemnější pleť»
 
 | Per la nonna Ludvika ha battuto le ore del tramonto
 ogni quarto d’ora l’orologio
 del campanile
 
 Con il bastone nella stanza
 tra la radio lo specchio
 il tavolo e il letto
 
 la signora del boscaiolo
 mostrava una bella fotografia
 di quando ancora aveva tra tutte
 «la vita più sottile e la pelle più fina»
 
 La nonna Ludvika
 ha partorito quattro volte
 era frigida
 ed è morta in lacrime
 sull’amore
 di Fabrizio Del Dongo
 nel pomeriggio tra le tre e le quattro
 |  ***
 
|  | E questa sono io? Senza fame non sazia
 senza vestiti non nuda
 sola sotto le ali
 di un cigno nero
 con cui sei
 una cosa sola
 |  ***     
Antonínu Brouskovi  Ad Antonín Brousek 
| 
Ráno pozdravit starou jabloň | La mattina salutare il vecchio melo davanti alla finestra Non sei solo
 se hai un gatto e un cane
 ai piedi la chiusa che scroscia
 e trabocca di continuo
 il fulgore del tramonto tra le fronde
 quando di sera vado
 al cimitero alla tomba
 come a casa
 |  ***
 
| 
Ta plavá mluvila  ale ebenová krása té druhé byla k zbláznění
 
  Jak dlouho hleděly  samy dvě do sebe kam vešly uchem jehly | La bionda parlava ma la bellezza di ebano dell’altra
 era da impazzire
 
 Per quanto tempo hanno guardato
 in due dentro se stesse
 dove sono entrate per la cruna dell’ago
 |  ***
 
|  | Tu che sei tra cielo e terra
 vuoi danzare
 ogni mattina sulle tue
 gambe morte
 
 E noi nuovamente ti
 preghiamo di giacere
 di giacere finalmente
 |  ***
 
| 
Růže neumře když se utrhne 
ve váze ochabuje a dýchá
 
 
Tu co jsem tidala do hrobu 
však udusila hlína
 
 
Dvě mrtvé jedna živá 
Té první jsem smrt vyprosila | La rosa non muore quando si coglie nel vaso infiacchisce e respira
 
 Quella che ti misi nella tomba
 però fu soffocata dalla terra
 
 Due morte una viva
 Per la prima implorai la morte
 Alla seconda la diedi
 |  ***
 
| Pane dal jsi mi můj osud | Signore mi hai dato il mio destino Non comprendo
 quel che non ho il coraggio di capire
 
 Sono soltanto ciò che ho
 Te in me stessa
 ciecamente a Te
 mi avvinghio
 |  ***
 
| 
Občas mi Pane na vteřinu 
otvíráš dveře k tomu 
co zahlédám
 
 
Živá jablka na holém podzimním stromu 
veselé zjevení jeřabin v aleji 
moje dávné sny a život k nim
 
 | A volte Signore per un secondo mi lasci la porta aperta su
 quello che scorgo
 
 Mele vive su un nudo albero d’autunno
 sorbe allegre comparire nel viale
 i miei antichi sogni con la vita
 
 e l’eterno opposto della perdita
 in cui mi trovo
 |  ***
 
| Tak náhle začínáš | Così all’improvviso cominci a portare l’altro tuo volto
 
 Chi ti riconosce
 sono tre anziani
 che vedono ciò in cui credono
 
 La bella ragazza allegra
 che non sei stata
 |  ***
 
|  | Non insistere su quella che eri
 Quelle linee intorno alla bocca
 non sono sporcizia
 
 qualcosa si sfascia
 e qualcosa appare
 La tua amara caparbietà
 dove mancavano le lacrime
 |  ***
 
|  | Adesso solo quando ti addormenti
 ti raggomitoli ancora
 
 e di giorno un gatto
 e di notte i sogni
 ti rivelano
 
 quel che calpesti
 quel che non sai
 e quel che desideri
 |  ***MatceA mia madre 
|  | Mia madre come farina spargono tra l’erba
 e annaffiano
 
 Tu stessa volevi
 quell’impasto
 di te e d’argilla
 disfarti
 mescolarti
 e nutrire ancora
 
 Su quel prato mamma
 ho tre fratelli abeti
 E neanche a loro posso
 avvicinarmi mai
 |  ***
 
| 
Často je lákáme 
ty skvělé zmizelé 
kteří nás milovali
 
 
Ačkoli v průrvách paměti 
uvíznem vždycky v spleti vin | Li allettiamo spesso gli splendidi scomparsi
 che ci hanno amato
 
 Benché nelle brecce della memoria
 ci impigliamo in un groviglio di colpe
 nostre e loro
 |  ***
 
| 
Nyní
 
 
jasnější zření 
té jiné odvrácené 
strany věcí
 
 
když dítě 
se nikdy dost rychle 
neotočí
 
 
aby zahlédlo o čem ví víc | Adesso una visione più chiara
 dell’altra faccia
 opposta delle cose
 
 quando un bimbo
 non si gira mai
 abbastanza svelto
 
 per scorgere
 ciò che conosce meglio
 di quanto non sappia
 |   Oskar Kokoscha, Veduta di Praga (1932, Philips Memorial Gallery, Washington) ¬ top of page
 
 
 
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