« indietro ZHAI YONGMING:DONNA POETA
di Claudia Pozzana
Senza rondini
di cani urla la sera.
(Pier Paolo Pasolini)
Donna poeta
Zhai Yongming vive nel Sichuan. Raffinata e colta, oltre che bella e sensibile, è forse la più importante voce poetica femminile cinese contemporanea. Scrive da quando era bambina, ha pubblicato numerose raccolte di poesie e ha vinto premi in Cina e all’estero, dove ha risieduto per periodi anche lunghi. Ha soggiornato in USAe in Germania con fellowship di varie fondazioni, ha viaggiato in Europa ed è stata a più riprese in Italia. Di questi suoi viaggi si ritrovano impressioni e immagini in alcune poesie. Scrive poesie lunghe, spesso poemetti, con notevole attenzione al ritmo, che è quello di una sorta di narrazione a voce, intessuta di rime interne, oltre che di sincopi ricorrenti, come nel parlato.
La sua scrittura è sostenuta da una conoscenza vastissima della tradizione letteraria e dei temi poetici e filosofici contemporanei. Considera la tradizione poetica come la materia fondamentale della sua formazione. Sa recitare a memoria i versi di poeti famosi, anche di alcuni che considereremmo minori, ma che a volte lei ama non meno dei maggiori. Rispondendo ad una domanda sul suo atteggiamento nei confronti della tradizione poetica cinese, ha ricordato le parole di Heidegger sul cinese come «la più preziosa e la più pericolosa delle lingue». Il cinese, celebrato per la ricchezza visiva e la prodigiosa agilità sintattica, afferma Zhai, «ha sospinto la poesia tradizionale verso la massima perfezione e al tempo stesso l’ha ridotta al rigor mortis». Questo è un serio problema per ogni poeta cinese contemporaneo, poiché, come lei sostiene, benché vi sia una profonda frattura con la tradizione culturale, «non c’è modo di cancellare i suoi legami con la contemporaneità. Per un poeta contemporaneo ciò non riguarda solo il perfezionamento e il progresso, ma riguarda in realtà la forza di ricreare»[1].
Le poesie di Zhai Yongming cominciano ad apparire sulle riviste letterarie fin dai primi anni ’80, quando viene riconosciuta come appartenente alla corrente dei poeti menglong. Divenne subito celebre la sua prima raccolta del 1984 Nüren [Donna], impregnata di spirito yin. Naikan Tao ha scritto che Zhai Yongmin cerca «un archetipo femminile in sé e nel suo tempo, e tenta di capirlo ulteriormente espandendo il proprio sé per fonderlo con una immagine di donna universale e meditando sul suo significato da una prospettiva mitologica».[2] Va osservato, però, che Zhai non si accontenta di un archetipo di «identità femminile». Come lei stessa ha scritto a proposito di un’altra sua opera, «anche la premessa alla raccolta Hei ye de yishi [La coscienza della notte] rifletteva il mio spirito di perfezionamento di donna orientale, ovvero ‘vincere la durezza con la tenerezza’. Intendevo affrontare il mio abisso–che ho chiamato ‘coscienza della notte’– dal peculiare punto di vista femminile. Si trattava forse di una forza illusoria, ma, ancor più, della sensibilità di una donna contemporanea alle prese con un’esperienza oscura»[3].
Zhai ha affermato: «Ho sempre desiderato essere un poeta piuttosto che una poetessa, ma nella mia vita io sono prima una donna e poi poeta». Nei suoi primi scritti considerava la femminilità una sorta di predestinazione. «Non sono femminista. Proprio per questo posso parlare di una possibile letteratura al femminile. Tuttavia la difficile posizione delle opere scritte da donne dipende da una gerarchia di genere che esiste nella realtà. La critica alla ‘poesia al femminile’ ancora difficilmente sfugge allo stesso riconoscimento del suo significato politico. Quanto alla mia esperienza, vale quello che avvertì Joyce Karol Oates rispetto alle donne scrittrici americane: ‘le uniche a ricevere un’analisi sono quelle opere che discutono il problema della femminilità’. Anche se la raccolta di poesia Donna e la raccolta Coscienza della notte riguardano il destino delle donne, mi sono però stancata di essere dipinta dai critici come la guerriera che si batte contro il dominio maschile per la liberazione delle donne, come se tutte le mie altre opere al di fuori di Donna avessero perso di senso»[4].
Decisamente marcata da una consapevole presa di distanza ‘di genere’ è anche la sua introduzione alla rivista Yi- Wings [Ali] che ha fondato con Zhou Zan, altra giovane poeta e critica letteraria che lavora all’Accademia di Scienze Sociali di Pechino e all’Università di Pechino. Yi-Wings è nata come rivista indipendente per pubblicare poesia, narrativa e critica letteraria scritta da donne.[5] Scrive Zhai nella breve introduzione al volume 4 della rivista:
«[…]è la creatività delle donne poeta che esprime davvero il loro pensiero. Sottolineare il carattere collettivo della scrittura femminile in pratica mira a sottolineare il soggetto della scrittura femminile. Se si leggono un po’ le loro opere, così diverse, così attente a rivelare i minimi particolari, si vede che riflettono l’interiorità della loro personale sensibilità. Ognuna ha un proprio piccolo mondo unico e non è possibile, in base alle distinzioni di genere, mettere tutte insieme dolorosamente e dare a tutte lo stesso volto»[6]. Donna poeta, dunque, artista capace di trasformare il suo punto di vista, non più mirato a rivendicare una evidente differenza femminile, quanto piuttosto ad affermare una indifferenza al genere. Zhai si dichiara ontologicamente poeta, al di là di qualsiasi identità di genere, consa pevole dell’enunciato lacaniano «on la dit femme, on la diffâme».
Costruzioni teatrali e narrative Nel 1994 viene pubblicata il volume Zhai Yongming shiji [Raccolta di poesie di Zhai Yongming][7], a cui fanno seguito negli anni altri cinque volumi di poesie e saggi sul l’arte[8]. Interessata a cercare punti di universalità nelle singolarità individuali, Zhai utilizza le sue messe in scena poetiche per mostrare, in modo scevro e lontano da ogni ‘realismo socialista’e ‘romanticismo rivoluzionario’, l’andamento non lineare delle vicende umane. La critica Zhou Zan ha definito la poesia di Zhai Yongming come caratterizzata dal modo ‘narrativo’[9]. Questa sua propensione alla ‘messa in scena’ del reale con cui entra in contatto ricorda lo stile di Wisława Szymborska, grande donna poeta che Zhai conosce e ammira e che costituisce un suo riferimento importante. Un esempio delle caratteristiche narrative e teatrali del suo stile nel bellissimo poema Lily e Qiong. Leggiamone alcuni versi:
Lo sguardo poetico di Zhai Yongming non si mostra solo teso verso la problematica di genere, ma è marcato dalla continua ricerca di nuove possibilità per il suo stile, che per un lungo periodo è stato costruito come una architettura quasi una sceneggiatura ‘teatrale’. In effetti le sue poesie sono vere ‘regie’, talvolta con un tono metafisico, altre volte si direbbe risentano paradossalmente della forma tradizionale degli huaben, i canovacci degli antichi cantastorie alla base dei grandi romanzi in vernacolo. Per Zhai, però, il narrato in versi si esprime in una lingua molto ricercata e colta. Questo stile poetico teatrale di Zhai rappresenta scene possibili di vita che arrivano ad essere, nel loro accadere, quadri di scene universali: come un evento doloroso, una passeggiata in un parco, il dialogo tra due amiche al bar, o al cinema, o una telefonata da una cabina nella strada affollata di una metropoli. Tuttavia la ‘quotidianità’di queste scene non elude il paradosso, come nei primi versi del poema Lily e Qiong:
Sua caratteristica stilistica è la capacità di descrivere per tratti incisivi l’essenziale delle scene con una lingua ricercata e una sintassi rigorosa, ma intessuta di variazioni inventive. L’effetto è di forza e grazia insieme, doti che emergono anche nel contatto personale, nel quale è schiva e spiritosa, pensierosa e allegra. La sua predilezione alla teatralità del reale ricorda lo stile di Sylvia Plath, grande donna poeta la cui poesia ‘confessionale’, come dimostra Jeanne Hong Zhang[12], è stata per Zhai, come per altre donne poeta in Cina, un riferimento importante. Il divenire e il compimento dell’opera Numerose le interviste a Zhai Yongming fattele dal l’amica Zhou Zan con la sensibilità critica di chi è poeta a sua volta. In una di queste, citando il verso, «Il cambiamento di un giorno diventa l’eternità», Zhou Zan le chiede se con l’età il suo sentimento verso la scrittura ha o no mostrato qualche cambiamento. «Sì, risponde Zhai, seguendo i cambiamenti dell’età, i miei sentimenti verso la scrittura, dalla passione folle degli inizi, sono diventati progressivamente calma e freddezza, ma queste comprendono certo anche un amore duraturo.» Zhou Zan le chiede poi se ci siano nel corso della sua scrittura delle esperienze frustranti, delle poesie che cominciano bene e che per qualche ragione si interrompono, per esempio nel ritmo della lingua o della narrazione. «Situazioni come questa– risponde Zhai– ne accadono molte e molte sono le opere che muoiono giovani. Ogni volta che mi accadono casi di insuccesso, abbandono radicalmente la scrittura e faccio dell’altro. Una cosa compiuta per forza necessariamente non esaudisce le aspettative»[13].
In che modo questa esperienza del cambiamento entri nella sua poesia e se si tratta di un cambiamento ‘compiuto’ (wanchengle) è una questione su cui Zhai ritorna anche in altre conversazioni con Zhou Zan[14], come ad esempio quella del 1998, intitolata La danza condivisa di lessico e passione[15]. Ad una domanda analoga sul ‘compimento’ Zhai risponde con una propria citazione: «Ho già parlato di questo vari anni fa: ‘E dopo il compimento come sarà?’ Questa domanda mi ha tormentata infinite volte, e infinite volte ho inseguito il compimento, ma esaurite tutte le forze mi avvicinavo al ‘nuovo compimento’». «Credo– dice Zhai– checiò che chiamo “nuovo compimento” sia, in realtà in dicare il compimento di ogni volta; tutto mi spingeva a cercare nuovi cambiamenti, questi cambiamenti sono il memento della conoscenza introspettiva. Non si tratta di un tipo di trasformazione (gaibian), ma della propria conoscenza ancora più intima, cioè assomiglia a quel che ho già detto: è espellere quelle cose che non fanno parte di me, per cogliere dall’essenza (umana e poetica) una purezza.»
Zhai dice ancora: «Certo il cambiamento non è la meta. Nella mia scrittura tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta quel che cercavo non era proprio ‘il cambiamento’, ma era ciò che nel cambiamento portava nella mia scrittura nuova energia vitale, nuova sensibilità linguistica, nuove strutture e soggetti. Essi si costruiscono nell’eternità, ma non potranno mai diventare ‘eterni’. Perciò non posso dire che esso sia già compiuto, preferisco dire che si tratta di un tentativo di compimento»[16].
Questa visione del cambiamento, e l’importanza attribuita da Zhai al ‘compimento’ e al ricominciamento di ogni opera, mostrano che la tensione soggettiva dell’autrice pensa il proprio stesso divenire in relazione al reale della propria invenzione artistica. Nella poesia Madre, ad esempio, la maturazione soggettiva viene affrontata nelle di verse fasi della crescita, dalla propria infanzia e maturità fino alla vecchiaia della madre cui si rivolge la poesia, ma non è proposta in una visione né ciclica né lineare della temporalità della crescita. Essa appare invece realisticamente, per salti discontinui, nella contraddittorietà della relazione amorosa, della pietà filiale e della distanza generazionale. Zhai riesce con pochissime parole a rendere l’indicibile di quella straordinaria complicità che scorre tra madre e figlia e che non è solo un rapporto amorevole, ma che sottende innegabilmente uno strato di ostilità ‘corporea’ tra simili. L’occasione è triste, la figlia accudisce la vecchia madre malata e sorgono dalla memoria antiche ruggini, ma prevale su tutto un desiderio di chiarezza, di riaffermazione dell’amore reciproco.
Madre è attraversata dalla riflessione sulla relazione con la lingua materna, con la propria sorgente dell’apprendimento della lingua, in una difficile similitudine tra ‘madre’e ‘paese’. L‘amore per il paese in cinese è aiguozhuyi, il ‘patriottismo’, è amore per la propria lingua, anch’essa intesa nel suo stesso divenire discontinuo, impregnata di dialetti e influenze straniere, che lei usa fino a mostrarne varianti di significato non prive di sottile ironia. Come nella poesia dove, con spirito ben lontano dalla ‘maternità’, e con una lingua semplice, Zhai afferma in tono giocoso la propria sensibilità femminile:
Attraverso una visione smaliziata non solo della lingua e della parola, ma anche del corpo femminile stesso, questi versi affermano energicamente la capacità femminile di sentire il corpo e di controllarne i ritmi interni, di cono scerne i minimi dettagli. La discontinuità di genere, nella ‘impossibilità’ del rapporto sessuale, viene ribadita con altrettanta energia e acume nella poesia del 1999 L’amore ha molte facce”: scintilla la scena della guerra tragica sono di nuovo i fuochi di frontiera del dodicesimo mese sui monti fuochi d’allarme l’amore viene spinto lontanissimo uomini e donne danzano piangendo le due mani battono sul muro sanno che il mondo non sarà più forte come prima Una faccia superstiziosa preannuncia che l’amore non è mai come si vorrebbe preannuncia che ha un sistema stridente stride perché al suo esterno e al suo interno tutto vorrebbe spezzarsi tutto vorrebbe rovinarsi ma infine tutto vorrebbe ripararsi è che arriva la desolazione è che arriva la scossa. Una faccia eccessivamente astuta non importa se sia perversione intelligente oppure perversione colta ti sta davanti tenera e consunta tutte le cose usate ti consumano è che la desolazione comincia ad aver fame di tempo è diventata così perfetta prende le sue cellule che evolvendo partoriscono batteri che se non possono avvelenare l’altro infine si avvelenano da sé L’amore ha molte facce è che io siedo al banco del bar infine illimitatamente ubriaca osservo molti uomini e donne siedono insieme ma piangono con il corpo piangono la faccia che ogni giorno si accende e spegne Mio marito mia figlia c’è anche il mio amico tutti stanno dietro al mio corpo mi guardano che con un coltellino pelo una pera io ad ogni taglio un coltello loro tremano una volta io ad ogni taglio una volta intorno un suono stridente ai miei occhi tristemente pelo la pera fino in fondo e me la mangio[18]. Arte e installazioni Sono stata ospite di Zhai Yongming a Chengdu nel 2001. Donna molto erudita, non solo letterariamente, ma capace di un ampio sguardo sulle forme artistiche contemporanee, rivolge una grandissima attenzione alle arti figurative che legge e analizza in modo intensissimo. Il suo guardare non è quello di chi si pone da estraneo rispetto alla creazione, non si limita alla ‘critica d’arte’, ma vi partecipa da artista. Oltre a scrivere poesie e saggi critici, sta elaborando un suo modo davvero originale di intervento artistico sul terreno delle installazioni. Crede fermamente nella necessità del dialogo del poeta con le altre forme artistiche, ed è per questo che scrive di arte e produce installazioni. Insieme abbiamo visitato a Chengdu luoghi bellissimi e discusso con i suoi amici: l’architetto Liu Jiakun, lo scultore di grande talento Zhu Cheng, il suo ex marito, il pittore He Duoling, un’amica poeta e video artista, Tan Danhong: tutti artisti di grande valore, che in Cina e all’estero hanno ricevuto vari riconoscimenti. Nel visitare i loro studi mi entusiasmo e mi viene in mente di organizzare una mostra in Italia, in cui esporre progetti di architettura, fotografie, pitture a olio e installazioni, sculture e poesie. Lo dico a Zhai e lei mi risponde che qualcosa del genere sarebbe bellissimo realizzarlo in Italia e che permetterebbe al loro gruppo di farsi conoscere anche all’estero, e che comunque loro hanno appena fatto una grandissima mostra con analoghe caratteristiche. Al l’indomani mi porta a visitarla.
È una vasta esposizione in un edificio modernissimo, proporzionato ed elegante, appena costruito e progettato dall’architetto Liu Jiakun. È pensato come una galleria d’arte e spazio multifunzionale, in uno stile alla Le Corbusier. L’esposizione è ricca: pitture, richiami ad opere d’arte famose, una grande molteplicità di installazioni originali, con tecniche miste e collage, e materiali scultorei dei più inusuali. Non mi stupisce che la sensibilità di Zhai poeta abbia a che fare con questa enorme quantità di materiale artistico, peraltro oggetti di grandissime dimensioni, come l’immenso telaio tradizionale appeso nell’ingresso a due metri da terra, opera di Zhu Cheng. Ma dopo aver ben visitato i vari settori su cui mi soffermo ammirata, Zhai mi porta in una parte chiusa fra pannelli, una sorta di stanzina buia da dove pendono, appese a fili come biancheria, radiografie di tutte le parti del corpo. Si tratta della sua prima installazione poetica. È la prima volta che Zhai espone un suo testo in una mostra di arti visive. I versi, fluttuano al nostro passaggio e sono stampati sulle radiografie in negativo, spesso di sbieco, come isolati nel loro senso. Il testo appartiene ad una lunga poesia scritta nel 1996 Shijian meiren zhige Canto della bella del tempo[19]. Ne propongo qui alcuni versi:
Zhai non cessa di cercare nuove strade per ricreare il suo stesso stile, e proprio con questa presentazione d’arte a Chengdu la sua sperimentazione apre un nuovo spazio per la poesia in rapporto all’arte. Su ogni lastra è leggibile in trasparenza un verso di poesia. Il supporto radiografico su cui sono scritti i versi è stato scelto per scardinare l’ordine espositivo dei versi del poema da lei scelto, per cer care nuove possibilità aperte verso il lettore, per aprire le porte ad altri accessi al verso, per permettere nuovi incontri con la poesia. «La mia scelta di esporre su lastre radiografiche, mi dice Zhai Yongming, è una risposta a quanti oggi in Cina propongono di ‘scrivere con il corpo’: così il verso reso opaco come ossa nel controluce della radiografia non traspare e propone un contenuto tutt’altro che oscuro, visibile.» Mi dispiace che sia così difficile in Italia organizzare una mostra per esporre quest’opera. I versi in negativo non sono presentati in un ordine sequenziale, le radiografie non seguono le sequenze dei versi, ma si presentano sparsi, quasi a voler affermare il senso compiuto poetico di ogni verso. Faccio una timida osservazione a Zhai, dicendole che scomponendo il ‘corpo della poesia’ sulle lastre di parti ossee del corpo, lei porta a pensare alla poesia come corp morcelé, ma che mi pare che nel contempo lei voglia ribadire che l’unità di espressione della poesia è il verso. In effetti, per chi traduce, tenere il verso come unità di misura è un’ottima guida, tuttavia so bene che l’architettura compositiva di un’opera poetica è essenziale per coglierne il portato di pensiero. Zhai mi risponde di aver voluto ‘disordinare’, «scomporre l’ordine d’esposizione per permettere di incontrare la poesia come si incontra un quadro in una mostra». D’altronde, la poesia in questo modo morcelé non solo sottolinea la sua verità di opera artistica, ma diventata installazione, perde la sua unità e si ricompone in questa nuova logica compositiva, in una nuova struttura.
Zhai sottolinea la sua intenzione di dare alla sua poesia un’altra forma di opera d’arte e dice che è stata una scelta nata in occasione proprio di questa mostra. Le è stato detto che se voleva poteva trovare un suo spazio. Lei ha colto questa opportunità per rispondere a suo modo a tutta una corrente di nuovi autori poeti, maschi e femmine, che da anni insistono che la scrittura non può né deve dimenticare il corpo, che il ‘corpo’, va inteso alla lettera e affer mano di scrivere con la parte bassa del corpo, e c’è chi scrive persino sul corpo. Ironizzando, qualcuno dice che infatti scrivono con i piedi.
La lastra radiografica invece, come supporto del verso, divenuta unità di conto dell’enunciato poetico, propone l’esibizione di un contenuto interno, visibile quanto le ossa del corpo, in un controluce, ma opaco come ossa, non trasparente. Questo per ribadire che se il corpo non traspare, non traspare nemmeno un verso. In questo si condensa molto della concezione della poesia di Zhai Yongming, che ha con la lingua poetica un rapporto materialista, non procede per allusività ma intende farsi leggere per quel che scrive. D’altronde, come s’è detto, la sua poesia procede per operazioni ‘teatrali’, più che narrative, miranti al ‘far apparire’, al ‘mettere in scena’. Si direbbero opere o poesie espositive, performative.
Nel testo sulle lastre vengono messe in scena tre donne famose della storia cinese[21]. Queste tre importanti figure di donna vissero durante tre diversi momenti di distruzione e crisi dello stato. L’intero testo è scritto ripensando al proprio percorso di scrittura in relazione alla propria tradizione letteraria, alla propria storia di donna della modernità cinese e al ruolo ricoperto dalle donne nella storia del suo paese. E’ chiaro che i riferimenti a quelle tormentate figure di donna sono metaforicamente legati anche agli stili poetici di quelle epoche turbolente. Un’altra installazione di Zhai Yongming mi è stata de scritta da lei stessa nel corso di un breve incontro a Pechino e successivamente ne ho visto il video. Si è svolta nella piscina e nel cortile della casa di campagna del suo ex-marito e amico pittore He Duoling, e nel corso del suo accadere è stata documentata fotograficamente ed in video. La piscina riempita d’acqua risulta azzurrissima anche se l’acqua è di per sé incolore. In questa vasca Zhai ha spostato sul fondo il suo intero tavolo da lavoro, coperto di fogli, penne, e dei fermacarte. Dal bordo della piscina l’osservatore vedeva in trasparenza il tavolo, come oscillante tra le onde prodotte dallo spostamente del peso del tavolo e dei molti fogli scritti con l’inchiostro, che man mano salivano a galla sciogliendo nell’acqua la scrittura e scolorendo.
Questa installazione, pensata a partire dalla metafora taoista dell’acqua, elemento yin per eccellenza, risulta dotata di un carattere molto concreto, materialista. La scelta dell’elemento acqueo è legata alla relazione tra essere ed apparire, ovvero il nodo di ogni operazione artistica. In questo caso è chiaramente un’operazione di arte concettuale, contenuta da un rigore che afferma che questa operazione artistica non può essere ridotta ad un discorso. Zhai elabora sia sul piano della poesia che su quello dell’immagine attorno al concetto di trasparenza del reale. La scrittura dei suoi versi sui fogli si scioglie nell’acqua, e flebile appare il lavorìo del versificatore nella contemporanea distanza dalla stampa. I versi non stampati si diluiscono, svaniscono nel non-colore dell’acqua. Ne traspare il tavolo da lavoro, ma anche il filo di colore dell’inchiostro, con cui questi fogli sono tracciati e impregnati, che come labile traccia si vede nel movimento del suo sciogliersi. I fogli vengono alla superficie, così come dalle immagini in poesia appaiono alla superficie i pensieri dei versi di una poesia. Queste carte indistinte, l’immagine del fluttuare dei fogli, come foglie secche che galleggiano su un lago, ricordano che i pensieri poetici vanno fissati, non possono essere lasciati a sé stessi neppure nell’elemento yin per eccellenza, pena lo scolorire di ogni contenuto. Densissima, per nulla critpica, questa operazione artistica, va oltre ogni riduzione in parole e mi fa augurare che Zhai Yongming continui a sperimentare anche in questa direzione.
NOTE 2 Naikan Tao, Building a White Tower at Night: Zhai Yong ming’s Poetry in «World Literature Today.» Vol. 73. Issue 3, 1999, p. 409.
3 Zhai Yongming, da Risposte a un questionario, in Un’altra Cina, in «In forma di parole», cit., p. 122. Tutte le risposte pp.119-126.
4 Zhai Yongming, Zai tan ‘Heiye yizhi’yu ‘Nüxing shige [Ancora su ‘La coscienza della notte’e ‘Poesia al femminile’], in Zhishang jianzhu [Costruzioni su carta], Dongfang chubanshe zhongxin, 1997, p. 235.
5 Su questo tema della dissimetria tra i generi Shu Ting è stata tra le prime donne poeta dei menglong shiren ad affrontarla. Anche la poesia di Lanlan è marcata in questo senso come pure quella di Meng Meng. Sono autrici, che con i loro versi esplorano questa distanza di genere, ma non sono le sole. Altre più giovani sono: Wang Xiaoni,Yi Lei, Lu Yimin, Tang Yaping, Hai Nan, Tang Dan hong.
6 Zhai Yongming, Prefazione al volume n. 4 di Yi [Ali], 2001, volume edito in proprio, a cura di Zhai Yongming e Zhou Zan, p. 6.
7 Zhai Yongming, Zhai Yongming shiji [Raccolte di poesie di Zhai Yongming], Chengdu chubanshe, 1994.
8 Zhai Yongming, Zhishang jianzhu [Costruzioni su carta], cit.; Heiyelide suge [Canto bianco nella notte nera], Gaige chubanshe, 1997; oltre alle due precedenti raccolte di poesia, la serie di scritti sull’arte: Jianrende posui zhihua [Il fiore spezzato della tenacia], Dongfang chubanshe, 2000; Zhongyu shi wo zhouzhuang bu ling [Infine sono insolvente], Shijiazhuang, Hebei jiaoyu chubanshe 2002.
Zhai Yongming, Nüxing shige: womende chiban [Poesia fem minista: le nostre ali], in Zhengru ni suo kandaode [Proprio come hai visto], Guilin, Guangdong shifan daxue chubanshe 2004, pp. 59-64.
9 Zhou Zan, Lun Zhai Yongming shige shuohua de shengyin yu shushuo de fangshi [Sulla voce poetica di Zhai Yongming e il suo modo narrativo], in “Yi” [Ali], n. 1 (1998), pp.148.
12 Zhang Jeanne Hong, The Invention of a Discourse: Women Poetry from Contemporary China, Leiden, CNWS Research School, 2004, spec. Chap. 2 “Intertextuality and Reading”, pp. 36-48.
13 Zhai Yongming,“Wangcheng zhi hou you zenyang? [E dopo il compimento com’è?], Zhai risponde alle domande di Zhou Zan e Wang Ai, in Zhi shang jianzhu [Architetture su carta], Shanghai, Dongfang chuban zhongxin, 1997, pp. 237-253.
14 Cfr. il sito della Beijing daxue [Università di Pechino] che prende il titolo dalla celebre rivista della Configurazione 4 maggio 1919, Xin qingnia n [Gioventù nuova] fondata nel 1915.
15 Zhai Yongming, “Ciyu yu qijing gongwu—Huida Zhou Zande fanyan”, in Zhenru ni suo kandaode [Proprio come hai visto], cit., p. 48.
19 Zhai Yongming, “Shijian meiren zhige [Canto della bella del tempo]” in Heiyelide suge [Canto bianco della notte nera], Beijing, Gaike chubanshe, 1997, pp. 117-121.
21 Zhao Feiyan ragazza di umili origini, danzatrice e cantante che attrasse l’imperatore Han Cheng Ti (33-7 a.C.), e fu incoronata imperatrice nel 16 a.C. Non riuscì a dare un figlio maschio all’imperatore, e neppure vi riuscì la sorella, che con lei divideva un enorme potere a corte vi riuscì. Con la crescita del potere della famiglia Wang e con l’ascesa di Wang Meng si dice si sia suicidata.
Yu Ji detta anche Lady Yu,madre dell’unico figlio dell’imperatore Shunti, fu al centro di grandi intrighi di corte tra il 130 e il 145.
Yang Guifei Yang consorte preferita, entrata nel 745 nell’harem dell’imperatore Xuan Zong, fu la protagonista di una struggente quanto tragica storia d’amore con l’imperatore, ma anche l’artefice di intrighi di corte in cui erano coinvolti molti suoi parenti. Adottò come figlio il generale An Lushan che successiva mente guidò la celebre rivolta che sconvolse la politica del tempo. La sua storia, da allora ripetutamente narrata e cantata dalla poesia, è diventata un topos dell’importanza del ruolo femminile e della sua pericolosità nella vita politica della corte imperiale.
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