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SIMONE MARCHESI, A proposito di Dante: immaginare, glossare, tradurre la Commedia oggi
(pp. 66-69)

 

Commentata, illustrata, tradotta e reinterpretata in una grande e nuova varietà formale e mediatica, la Commedia è un testo che continua a generare altri testi. La multidimensionalità della presenza di Dante nelle diverse culture del presente non è un dato nuovo in assoluto o un’acquisizione specifica della messe di eventi che ha segnato il 2021 e degli studi che stanno emergendo dalle celebrazioni del centenario. Storicamente, la fortuna della Commedia si è basata anche su di una lunga vicenda di ricezione, dispiegata in una vasta gamma di contesti culturali, linguistici e artistici. In questa prospettiva di vitalità intermediale, e in margine a un volume che offre un panorama delle molte traduzioni verbali della Commedia può, dunque, trovare spazio anche il resoconto dei fondamenti teorici di una proposta di interpretazione del testo di Dante che ha scelto di combinare glossa verbale e immaginazione visiva: il volume A proposito di Dante (Keller ed., 2021), dal quale sono tratte le illustrazioni che scandiscono questo numero della rivista. Si tratta, infatti, di un’operazione che è nata proprio all’incrocio di alcuni tra i contesti della tradizione della Commedia: la parola e l’immagine, il commento critico e l’interpretazione evocativa, la glossa puntuale e l’invito alla lettura. È, insomma, un progetto ‘verbiconico’ che mette a frutto l’intenzionale e originale portabilità semiologica del testo dantesco.

Riflettere, in una prospettiva storica o comparata, sul rapporto tra la parola di Dante e le sue traduzioni porta con sé una domanda su come si possa tradurre – cioè, etimologicamente, interpretare – la Commedia attraverso delle immagini e su che cosa significhi tradurla oggi – cioè, specificamente, trasportarla nel presente. La natura di testo commentato visivamente e illustrato verbalmente (lo scambio semantico in queste espressioni è non meno intenzionale che storicamente giustificato) che la Commedia ha dimostrato di possedere richiede che una sua riproposizione intermediale nel presente risponda a sollecitazioni analoghe a quelle che strutturano il lavoro di traduzione. A proposito di Dante risponde, dunque, a tre precise sollecitazioni traduttorie, contenute nella domanda-guida: “Come si può immaginare la Commedia oggi?” Le prime sollecitazioni a riflettere su cosa significhi tradurre e interpretare Dante attraverso il dialogo tra parole e immagini provengono dal testo di Dante, che stabilisce esplicitamente, anche se secondo parametri sorprendenti, in che cosa debba consistere per lettori e lettrici del poema il lavoro di immaginazione. Altre indicazioni derivano dal rivolgersi del lavoro di illustrazione a un preciso pubblico della Commedia, in particolare un pubblico situato nella cornice rituale di una ricorrenza celebrativa. Infine, ci sono occasioni di riflessione che emergono dal contesto culturale in cui il testo dantesco era stato originariamente prodotto e al quale si rivolgeva, per necessità ma, se è vero l’assunto della sua traducibilità, non in esclusiva. Da queste sollecitazioni a riflettere sono emersi i tre criteri-guida che hanno determinato la forma complessa del progetto editoriale. Le note che seguono passano in rassegna tre esempi, uno per ciascuno degli assi di traslazione della Commedia.

 

Immaginare

 

È bene iniziare dal testo di Dante. Chiedersi come si possa e si debba immaginare la Commedia oggi non può che passare, almeno preliminarmente, da un luogo del Paradiso che contiene il punto di vista autoriale su quale sia il lavoro di risposta visiva che è previsto per il testo. Sorprendentemente – ma neppure troppo, dati i ripetuti ‘tradimenti’ interpretativi di cui la Commedia è stata fatta oggetto nel secolare commento – i parametri pensati da Dante per il lavoro di immaginazione del poema non sono quelli a cui ci hanno abituati le risposte che sono state date storicamente nella immediata e tuttora viva tradizione di illustrazione del poema. La Commedia è, nessuno lo può negare, un poema visivo, ma Dante ha qualcosa di molto specifico ed esplicito da dire sulle immagini che dovrebbero accompagnarne la lettura. Queste dovrebbero essere immagini, per così dire, mentali:

 

Imagini, chi bene intender cupe

quel ch’i’ or vidi - e ritegna l’image,

mentre ch’io dico, come ferma rupe -,

 

quindici stelle che ’n diverse plage

lo ciel avvivan di tanto sereno

che soperchia de l’aere ogne compage;

 

imagini quel carro a cu’ il seno

basta del nostro cielo e notte e giorno,

sì ch’al volger del temo non vien meno;

 

magini la bocca di quel corno

che si comincia in punta de lo stelo

a cui la prima rota va dintorno,

 

[...]

 

e avrà quasi l’ombra de la vera

costellazione e de la doppia danza

che circulava il punto dov’ io era.

 

(Paradiso XIII.1-21)

 

Quando Dante chiede ai lettori di ‘immaginare’ un’impossibile danza di stelle, il testo della Commedia non crea solamente una costellazione mai vista prima, ma descrive anche chiaramente un procedimento di illustrazione visiva del poema, un procedimento che non proietta nessun segno grafico sulla pagina che contiene il testo. Il processo di immaginazione che il testo raccomanda avviene altrove. Se è vero, cioè, che “imaginare” è ciò che è richiesto a lettori e lettrici nel leggere la Commedia, qualsiasi “illustrazione” grafica di quello che il poema dice (qualsiasi raffigurazione di ambienti, personaggi, tonalità narrative) travalica i confini dell’esplicito mandato autoriale che quel lavoro sia svolto autonomamente, e che abbia luogo, tecnicamente, non sulla pagina ma nell’immaginazione.

Se questo non è ciò che è accaduto nella lunga tradizione delle risposte date per immagini alla Commedia e la glossa visiva al poema si è immediatamente configurata come illustrazione del testo, non è detto che debba sempre e comunque essere così. Il lavoro di A proposito di Dante risponde a questa sollecitazione, proponendo, dunque, non un’edizione illustrata del poema, ma dei saggi in forma d’immagine, delle puntuali provocazioni che interrogano luoghi della Commedia che si sono indebitamente naturalizzati nella ricezione visiva del poema e li destabilizzano. L’immaginazione grafica costituisce in sé e, insieme, fornisce un modello di lettura del testo che intende essere autenticamente contemporaneo. Il mondo di Dante che le tavole costruiscono è animato dalla stessa instancabile ricerca di senso che appartiene a lettori e lettrici di oggi; le immagini costringono, cioè, chi si avvicina a Dante a farsi interpellare dal suo testo, con tutte le sorprese, le ambiguità e gli scandali che lo caratterizzano.

 

Glossare

 

Dal punto di vista storico, la reazione visiva alla Commedia è stata immediata e pervasiva – con manoscritti miniati, edizioni a stampa illustrate, dipinti, sculture, opere grafiche, filmiche, video, e in digitale – ed è stata anche una reazione sostanzialmente compatta, tesa a visualizzare il contenuto narrativo del testo. Fin dall’inizio, ma non molto è cambiato nel tempo, l’oggetto principale dei marginalia visivi che si incontrano nei manoscritti e nelle antiche edizioni della Commedia è stabile: il paesaggio dell’aldilà, la dettagliata topografia che Dante assegna ai tre regni, segnata dall’insistita fisicità dei dettagli logistici del viaggio immaginario; le anime individuali che il protagonista incontra e con cui interagisce, tratteggiate spesso con elementi socialmente distintivi; le aperture della narrazione a simbologie o inserti di secondo grado, che si appoggia all’iconicità di elementi associati a episodi narrati o evocati nel testo ma non ‘presenti sulla scena’. Per quanto naturale possa apparire oggi, la scelta di visualizzare questi elementi non è né in linea con quanto può aver delineato Dante né neutra in sé.

Cinquantasei anni fa, in un breve e denso intervento intitolato Dante oggi, Gianfranco Contini si interrogava su quali risultati poteva produrre un progetto di illustrazione «che volesse prescindere dalla narratività della Commedia». Dopo aver notato en passant che il contesto delle celebrazioni di quel centenario aveva messo in circolazione «tanto materiale figurativo su Dante, non troppo spesso, a dire il vero, di eletta qualità», Contini aggiungeva che l’ipotesi di un commento visivo non-narrativo del poema non era «un’ipotesi fittizia», e indicava un esempio nella presenza di elementi figurativi, usati come richiamo «da quinterno a quinterno», nel corredo iconografico del poema. Corrispondendo alla pratica di quei maestri che «inseriscono e quasi dimenticano particolari ‘gratuiti’ nelle vaste fabbriche del medio evo», concludeva Contini, l’alluminatore del manoscritto di Cortona, che appunto fa uso di questi rimandi a tema animale, poteva essere considerato «uno dei visualizzatori più propri della Commedia».

Come era stato per le riflessioni divertite di Contini, che prendevano le mosse dal verso «e come a gracidar si sta la rana» per riflettere sulla forza iconica (e quindi la necessità di rilievo nel lavoro esegetico) posseduta da quel dato di realtà nel formare l’immaginazione del poema, così anche per le tavole di Abbiati è stata una rana, o meglio la gratuita frequenza con cui le rane ricorrono nella dimensione metaforica dell’Inferno, che ha dato origine a una tavola emblematica, che traduce la sorpresa del lettore e la percezione acuta del filologo nelle forme perplesse dell’iconografia.

Ma c’è forse di più. La provocazione a immaginare un commento visivo che prescindesse dalla narratività della Commedia è stato il secondo principio guida del lavoro di illustrazione. Come recita la nota programmatica che introduce il volume, le tavole di Abbiati intendono restituire graficamente non la narratività ma il messaggio della Commedia: non riprodurre quello che il poema dice, ma coinvolgere lettori e lettrici in ciò che il poema fa. Che Dante sappia considerare la propria scrittura come non orientata alla speculazione – cioè a una conoscenza distaccata dal soggetto – ma all’azione – cioè alla pratica politica – non è solo uno dei postulati da cui muove l’operazione culturale della Monarchia, ma anche uno dei fondamenti del ruolo militante che egli affida alla Commedia. Da qui viene l’insistenza del testo su alcuni punti fermi del contratto di lettura, su quelle precise disposizioni, esatte da chi si accosta al testo, che ne rendono possibile il funzionamento come strumento estetico ed etico insieme.

 

 

Tradurre

 

Uno degli effetti piu rilevanti innescati dalla destabilizzazione dell’immaginario grafico tradizionale operata da Abbiati si registra in alcune pagine in cui il dialogo tra la filologia retrospettiva delle note e la presa delle immagini sul presente emerge con più nettezza. Un esempio centrale di questa interazione è il dialogo tra le due facciate dedicate a Purgatorio III, che associa una glossa sui meccanismi tipologici che si trovano al cuore del classicismo militante della Commedia alla scelta di Abbiati di richiamare, con tutta la dolorosa violenza visiva del documento fotografico con cui ha raggiunto il nostro presente, la morte di Aylan Kurdi, il bambino siriano il cui corpo senza vita fu rinvenuto sulla spiaggia di Bodrum in Turchia nel settembre del 2015. L’associazione tra testo dantesco e situazione contemporanea non nasce da una posizione di principio dell’illustrazione, che per parlare al presente deve attualizzare il testo con cui si connette; risponde, al contrario, alla sollecitazione di uno dei meccanismi culturali che agiscono in profondità nella cultura di Dante. Quando il testo della Commedia, con il verso «or le bagna la pioggia e move il vento», si fa traduzione di un testo antico, il verso virgiliano «nunc me fluctus habet versantque in litore venti», la connessione si basa sul rapporto tipologico che associa il corpo di Manfredi, gettato dalla violenza cieca di una persecuzione postmortem sulle sponde di un fiume, a quello di Palinuro, rigettato su di una spiaggia del Meridione d’Italia, non dal mare ma da una comunità di persone che non hanno voluto accoglierlo. Se Manfredi può, con perfetta e trasparente pertinenza, tradurre le parole di Palinuro per applicarle alla situazione del proprio corpo, disseppellito e abbandonato in balia degli elementi, lo stesso meccanismo, che permette al passato di non divenire muta archeologia in Dante, chiede anche, a chi legge oggi il suo testo, di saper vedere nel corpo di Manfredi quello di altri esseri umani che hanno subito lo stesso destino. Al dialogo intertestuale costruito da Dante tra le forme di un comune passato culturale e il proprio presente politico Abbiati affida lo stesso pressante invito che contiene la Commedia, il mandato di considerare il nostro presente e di rivolgere sul mondo che ci circonda e chi lo abita uno sguardo che conservi la nostra comune umanità.

 

 


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