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IN SEMICERCHIO. RIVISTA DI POESIA COMPARATA LXIV (2021/1) pp. 140-141 (scarica il pdf)

FRANCO BUFFONI, Mi decir salvaje (Antología 1979-2015), edición y epílogo de Valerio Nardoni, prólogo de Jaime Siles, traducción de Jaime Siles, Jesús Díaz Armas, Valerio Nardoni y Juan Carlos Reche (Edición bilingüe), Madrid-Buenos Aires-Valencia, Colección La Cruz del Sur – Editorial Pre-Textos 2020, pp. 280, € 27,00


L’antologia in lingua spagnola della poesia di Franco Buffoni, pubblicata in elegante edizione dalla casa editrice Pre-Textos con il suggestivo titolo di Mi decir salvaje – che inverte efficacemente i due termini contenuti nel primo verso del componimento Perché ti amavo, mio selvaggio dire («Porque te amaba, mi salvaje decir») – è frutto del fine lavoro di quattro traduttori d’eccezione: Jaime Siles, Jesús Díaz Armas, Valerio Nardoni e Juan Carlos Reche. Poeti a loro volta, nonché buoni conoscitori della poesia spagnola ed europea, essi propongono al pubblico spagnolo un’ampia e accurata selezione dell’opera poetica di uno degli autori più rilevanti del panorama culturale italiano contemporaneo.
Il volume si apre con un prologo di Jaime Siles, nel quale l’universo poetico di Franco Buffoni è sottilmente delineato attraverso le tre tappe suggerite da Massimo Gezzi nell’Oscar Mondadori dedicato all'autore italiano, sulla cui base si articola l’antologia: la prima tappa (1979- 1991), definita come quella in cui il poeta è alla ricerca di una forma, comprende dai primi libri (a partire da Nell’acqua degli occhi del 1979) a Scuola di Atene del 1991, ed è presente con diciannove poesie tradotte dallo stesso Jaime Siles; la seconda (1991-2001) vede l’impegno congiunto di Jesús Díaz Armas e Valerio Nardoni ed è rappresentata dalla denominata trilogia della Bildung – Suora carmelitana e altri racconti in versi (1997), Il profilo del Rosa (2000) e Theios (2001) – nonché da un’ampia selezione di poesie derivate dalla raccolta Guerra (2005), posteriore ai termini cronologici di questa tappa, ma volutamente inserita per la sua centralità nell’opera di Buffoni; l’ultima, infine, iniziata nel 2001 ed ancora vivacemente aperta, come dimostrano le recenti raccolte La linea del cielo (2018), Per una tana di scoiattolo. Dodici poesie (2019)2 e Betelgeuse e altre poesie scientifiche (2021), comprende trentasette poesie tratte da Noi e loro (2008), Roma (2009), Jucci (2014), O Germania (2015) e Avrei fatto la fine di Turing (2015), rese con eleganza da Juan Carlos Reche. 
La prima tappa – come ricorda Jaime Siles – offre già alcuni temi ricorrenti della poesia di Buffoni: la solitudine dell’io, il labirinto incomprensibile dell’identità, l’omoerotismo (qui velato, più tardi rivendicato), la riflessione sul linguaggio e l’ispirazione poetica, la denuncia della guerra, con particolar riferimento alla Seconda guerra mondiale e all’Olocausto («Perché non ci sia più il fischio dei treni / carichi di occhi di paura», «Para que nunca más haya el silbido de los trenes / cargados de ojos de miedo»), la sobria emozione nella descrizione della natura lombarda, indissolubilmente associata all’infanzia del poeta. Le poesie contenute in questa prima tappa, in genere più brevi di quelle posteriori, sono formalmente variegate ma mostrano già la straordinaria plasticità del poeta, maestro nel catturare immagini quali «instantáneas de sentido y color», che – afferma con acutezza Siles – avvicinano la sua poetica e la sua elocuzione ai toni e ai temi dei pittori manieristi e barocchi. Con questi ultimi Buffoni condivide il concetto di realtà, come si osserva nei versi «Sul bagnasciuga ridente / di denti sì bianchi inondato» del poema Marino, tradotti da Siles come «En la orilla sonriente del mar / inundado de dientes tan blancos». L’amarezza, palpabile in Un sollecito nemico, L’antinomia del mentitore e Ora che ho dodici anni, convive qui con l’emozione (sempre discreta) che suscita il ricordo del paesaggio infantile nella poesia Jucci e quello, non meno importante, delle prime esperienze creative («Perché ti amavo, mio selvaggio dire: / sorprendevo parole di nascosto / e le baciavo in ombra sul cuscino / portandole a domani. Io credevo / scendessero da sole / non sapevo», che Siles traduce: «Porque te amaba, mi salvaje decir: / sorprendía palabras / y las besaba en la sombra sobre la almohada / llevándolas a mañana. / Yo creía / que bajaban por sí solas / no sabía»). Non mancano, inoltre, pennellate ironiche, come nella breve Uomini, «Quel dovere / che sentite sempre / di finire il bicchiere», che Siles rende in spagnolo con l’oculato impiego del verbo apurar: «Ese deber / que siempre sentís / de apurar el vaso».
Le trentacinque poesie dell’antologia appartenenti alla seconda tappa del percorso poetico di Buffoni costituiscono un campione significativo di matura varietà tematica e formale. Stilisticamente si osserva, come afferma Siles, una maggior presenza della narratività (sin dai primi componimenti: Suora carmelitana, Cinema rosa, Quella mattina che trovai il gatto ferito), sorretta da una sintassi a tratti complessa e dall’uso sapiente di registri linguistici contrastanti. D’altronde, l’universo tematico si espande rivelando una maggiore coscienza critica (come in Le donne in cucina le gonne, che unisce memoria privata e sociale), una decisa condanna della guerra, rappresentata attraverso svariate angolature (assurdità della violenza, memoria della deportazione del padre in Germania durante la Seconda guerra mondiale, ricordi di rapporti omoerotici vissuti durante il servizio militare del poeta, elogio del disertore), una fine attenzione per l’infanzia e per l’adolescenza (descritte con toni teneri e insieme amari), la percezione del tempo come preludio della morte e la negazione dell’idea di progresso. La cura che Díaz Armas e Nardoni hanno posto nella comprensione di questo complesso mondo poetico emerge nella loro capacità di plasmare le molteplici sfumature delle poesie di Buffoni ricorrendo a un stile poetico che rispecchia efficacemente i registri contrastanti senza rinunciare ad una libertà nella resa formale che trova nel ritmo il suo punto focale e nella fresca vivacità il suo maggior pregio, come nella traduzione di «Veniva, e come lo splendido mare» / «Llegaba y, semejante al mar espléndido», che narra il ricordo di un momento erotico, con il suo brioso finale: «ahora que ha cogido la linterna / va y no encuentra el mechero» («adesso che prende anche la pila / non trova l’accendino»).
L’ultima tappa della poesia di Buffoni, quella della piena realizzazione, è presente nell’ampia raccolta di poesie scelte e tradotte da Juan Carlos Reche in modo analogo a quello rilevato nei due precedenti traduttori. Jaime Siles si sofferma sui temi principali: la rivendicazione esplicita della libertà sessuale nel mondo orientale, e della propria sessualità; le conseguenze della globalizzazione; la futilità del mondo universitario e della vita in generale; la lucida riflessione sul ruolo della Germania nell’attuale Europa; la critica dei pregiudizi e della crudeltà che vigevano nella società italiana degli anni cinquanta; gli effetti dello scorrere del tempo. Sottolinea, inoltre, le alte vette poetiche raggiunte nelle poesie dedicate a Biserta in Noi e loro, la riuscita di quelle urbane della silloge Roma, che lo studioso predilige; la precisione e compattezza stilistica conseguita in Jucci e Avrei fatto la fine di Turing; il lirismo intimista che lascia il posto ad un finale duro, come un graffio inaspettato.
L’epilogo di Valerio Nardoni sigilla il volume apportando ulteriori notizie sulla relazione fra alcune vicende biografiche del poeta e la stesura dei suoi libri, sui viaggi del poeta e sulla circolazione della poesia di Buffoni in Spagna.
Risultato di tre generazioni di traduttori, che con la loro sensibilità poetica sono riusciti a ricreare in spagnolo con sapiente naturalezza l’universo poetico di Franco Buffoni, l’antologia bilingue curata da Valerio Nardoni è una indispensabile porta di accesso, per i lettori di lingua spagnola, al decir salvaje di questo straordinario poeta.

di Salomé Vuelta García

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