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FERNANDO GONZÁLEZ MUÑOZ (cur.) «Mahometrica». Ficciones poéticas latinas del siglo XII sobre Mahoma, Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) 2015 pp. 289 (Nueva Roma. Bibliotheca Graeca et Latina aevi posterioris 42)



In: «Semicerchio» LVII (2017/2), Uncreative Poetry, pp. 55-57




Maometto muore nel 632, dopo avere trasformato le tribù nomadi e idolatre dell’Arabia felix in un popolo monoteista in grado di trovare nella nuova religione un elemento fortemente coesivo anche sul piano politico. Notizie sulla biografia di Maometto e sul Corano circolano nei territori orientali ai confini dell’impero bizantino, anche se relativamente poche sono le informazioni che giungono fino in Occidente nei primi anni dell’islamismo. L’atteggiamento emotivo e culturale degli occidentali davanti all’Islam è destinato a cambiare radicalmente con le conquiste arabe della Palestina e della Spagna: Gerusalemme cade in mano islamica nel 638, al 711 risale la presa di Cordova, al 712 quella di Toledo, al 714 quella di Saragozza e nel 732 si combatte la famosa battaglia di Poitiers in cui Carlo Martello arresta l’avanzata islamica in Francia. Maometto e l’Islam sono adesso una presenza ben più concreta nel mondo occidentale e anche se le dominazioni arabe dei territori spagnoli sono ricordate dagli storici per numerosi aspetti positivi - per l’impulso economico e culturale derivante dagli arabi e la relativamente pacifica convivenza di cristiani, ebrei e islamici - i Saraceni sono guardati con sospetto in Europa. Uno dei motivi che ha reso complessa la razionalizzazione occidentale dell’Islam è il forte legame che esso esibisce con la Bibbia: la presenza dei personaggi della storia sacra cristiana nel Corano e certe affinità della biografia di Maometto con le vicende narrate nell’Antico e nel Nuovo Testamento connotano la ricezione dell’Islam da parte dei Cristiani, che tentano di ricondurlo nel loro spazio ideologico e teologico, interpretando il fenomeno o come un’eresia da combattere oppure, secondo una visione millenarista e escatologica, come segnale della prossima fine del mondo (proprio a partire da questi elementi sincretici si giocherà, non a caso, il rovesciamento dissacratorio di Maometto). Nonostante la lunga dominazione araba dei territori spagnoli, ancora nel secolo XII l’Occidente ignora i contenuti esatti delle dottrine islamiche tanto che, mentre Bernardo di Clairavux prepara la seconda Crociata, Pietro il Venerabile, abate di Cluny, fa un viaggio in Spagna e promuove la Collectio Toletana, la traduzione di una serie di opere tra cui il Corano per conoscerne il contenuto di prima mano e poter combattere con la dialettica la guerra contra nefandam sectam Saracenorum. La Spagna mozaraba è, almeno dal X secolo, un territorio di contatti anche culturali con il mondo arabo, tuttavia le biografie dissacratorie di Maometto composte in occidente nel periodo delle prime due crociate (sec. XI e il XII) provengono dall’ambito franco-germanico benedettino, sono elaborate sulla scorta di fonti per lo più latine, spesso orali, e interpretano in senso antiagiografico alcuni punti salienti della vita di Maometto: sono la Vita Mahumeti di Embricone di Mainz, gli Otia Machometi di Gualtiero di Compiègne (su cui si basa il Roman de Mahomet di Alessandro du Pont), la Vita Machometi di Adelphus e il breve racconto contenuto nei Dei Gesta per Francos di Guiberto di Nogent (Liber I, cap. III-IV).
A questi testi è dedicato Mahometrica, volume che fin dal titolo, originale e accattivante, allude (metrica) alla prospettiva prevalentemente letteraria con cui verranno analizzate queste pseudobiografie poetiche latine elaborate nel secolo XII. Lo studio si compone di un capitolo introduttivo dedicato alle fonti cristiane su Maometto dei secoli VIII-XI, notizie di varia provenienza che saranno parzialmente utilizzate nei quattro testi poetici, analizzati ciascuno in un capitolo, secondo uno schema costante: autorialità, motivi narrativi, fonti, fortleben, manoscritti e edizioni. Le più antiche tra queste fonti si sviluppano in area siriaca e palestinese, territori a contatto con il mondo islamico, e qui germogliano i temi che nutriranno anche la successiva propaganda antislamica occidentale: nel Liber de haeresibus  di Giovanni Damasceno il Profeta è in relazione con un monaco ariano mentre nelle opere che fanno riferimento a Bahira (la più nota è l’Apocalipsis, di cui si conservano varie redazioni in siriaco, arabo e una traduzione parziale in latino) Maometto è un asceta istruito nelle dottrine cristiane (nestoriane nella versione siriaca) che scientemente, con l’aiuto di un monaco astuto, opera una sorta di pastiche di elementi cristiani, motivato dal desiderio di potere e ascesa sociale. Temi analoghi si leggono anche nella Risala di al-Kindi (IX secolo), di cui si conservano redazioni nestoriane e giacobite. Una più marcata confutazione della dottrina islamica è evidente nei polemisti bizantini come nella Chronographia di Teofane, tradotta in latino da Anastasio Bibliotecario (sec. IX), un testo che influenzò numerosi scrittori orientali e occidentali, mentre scarsa circolazione ebbero il Liber apologeticus martyrum di Eulogio e l’opera di Paolo Alvaro, entrambi autori di Cordova vissuti nel secolo IX (la cui eco si avverte successivamente in Embrico). Il coevo Tultusceptrum, in cui si narra l’origine diabolica dell’Islam, ebbe una certa diffusione nella penisola Iberica e, forse, in Francia. Nell’Historia Compostellana Maometto è avvicinato ai nicolaiti, come si legge anche in alcune glosse ai manoscritti della Vita Mahumeti di Embricone, pure se Pietro il Venerabile aveva confutato questa tesi nel suo libello antislamico (Summa totius heresis Saracenorum). Conclusa la parte introduttiva, comincia lo studio dedicato alle quattro biografie, intessute di notizie confluite in questo nucleo leggendario che si è venuto formando nel corso dei secoli (Maometto istruito da un crstiano eterodosso, l’uso del matrimonio come emancipazione sociale, le visioni introdotte per mascherare l’epilessia, i falsi miracoli, etc.), elaborate secondo schemi più o meno fittizi, dovuti all’intenzione autoriale e al genere letterario praticato.
La Vita Mahumeti, scritta in distici elegiaci da Embrico di Mainz, conobbe una certa diffusione attestata da numerosi codici, in cui spesso viene copiata insieme in antologie poetiche; degli Otia de Machomete (legati all'opera di Guiberto di Nogent) rimangono invece solo tre manoscritti, in cui il testo è associato ad opere di contenuto storico-morale, e un importante volgarizzamento francese (Roman de Machomet). I Dei gesta per Francos, basato sugli anonimi Gesta Francorum e sull’Historia Hierosolymitana di Fulcherio di Chartres, trae le notizie su Maometto da fonti probabilmente orali rielaborate in forma satirica; la Vita Machometi attribuita ad Adelfo è trasmessa da un unico manoscritto: gli episodi della vita di Maometto rimandano a Guiberto di Nogent e, per alcuni aspetti, a Embricone e Pietro il Venerabile. Il capitolo conclusivo propone una cronologia relativa delle opere analizzate: il testo di Guiberto si data al 1109, quello di Embrico intorno al 1120, quello di Gualtiero dopo il 1137 (o forse più tardi, ma prima del 1155); quello di Adelfo intorno alla metà del secolo XII. Per quanto attiene agli elementi pseudobiografici che connotano i quattro testi si rileva che Embrico interviene in modo molto personale sui materiali comuni: è l’unico che pone al centro dell’azione un maestro cristiano, che con l’astuzia porta Mamucio sul trono; cita l’epilessia come viaggio celeste, invece che come visione dell’Arcangelo e i falsi miracoli sono finalizzati solo all’ascesa politica del protagonista; inserisce il tema della morte infamante legata all’interdizione alimentare della carne suina, cita il sepolcro sospeso grazie a forze magnetiche contrapposte (tema molto fortunato, ripreso anche da Gualtiero). Negli Otia si parla di Maometto come di un cristiano molto colto ed esperto oratore, dote di cui si serve spesso nel corso del poema e a cui deve la sua ascesa sociale; non c’è la morte ignominiosa e i precetti coranici vengono dispensati con tono apostolico; si pone l’accento sulla libertà sessuale, intesa come ritorno al giudaismo premosaico. In Guiberto si mescolano fonti orientali e europee: ritroviamo il precettore (qui un eremita) che briga per l’ascesa politica e religiosa di Maometto; viene ripresa la morte infamante da Embrico, si pone al centro della discussione teologica la libertà sessuale, il monoteismo antitrinitario, la deroga alle leggi tanto cristiana quanto giudaica. Nella Vita di Adelfo, che riprende la struttura dall’opera di Guiberto, si osservano vari elementi comuni ad altri tesi del corpus pseudobiografico (epilessia messa in relazione con l’Arcangelo, il sepolcro sospeso) ma anche a testi islamolatini come quelli della Collectio toletana. Conclusa l’analisi, comincia la parte del volume che ospita i testi precedentemente analizzati. Dalla gestione dei materiali e dal commento si nota che l’interesse dell’autore è prevalentemente tematico: analizza i topoi delle leggende su Maometto e verifica quali di loro costituiscono l’ossatura narrativa dei testi presi in esame. Le notizie filologiche sono relativamente scarne perché l’autore, anche quando elenca i manoscritti, segue sempre un’edizione moderna, intervenendo sul testo con minime varianti che vengono segnalate alla fine del paragrafo (2 per gli Otia, 7 per Embrico, nessuna per Guiberto né per la Vita Machometi). L’apparato che accompagna i testi accoglie i loci similes e le note esplicative sui fatti o personaggi; gli esponenti di nota si trovano nel testo tradotto, mentre per i loci similes si legge un rimando al numero del verso latino. L’aspetto filologico è trattato in maniera un po’ desultoria (in copertina si parla di “edizione, traduzione e studio”, ma di fatto non si affrontano problemi ecdotici); è pur vero che dei testi analizzati sono disponibili edizioni critiche relativamente recenti e - per ammissione dello stesso studioso - sostanzialmente corrette, che giustificano la sintesi di aspetti decisamente specialistici. Se si deve esprimere un rammarico, quindi, questo verte piuttosto sul mancato confronto tematico e culturale con il mondo occidentale: per esempio sarebbe stato auspicabile mostrare il rapporto di questa materia pseudoislamica con i testi storiografici (almeno per Guiberto), narrativi o fantastici, indagare se e come venga seguito e rovesciato lo schema delle opere agiografiche, osservare in modo comparativo il trattamento dei topoi agiografici sia sul piano tematico (l’uso del miracolo, la morte, la sepoltura, etc.) che linguistico (presenza o meno di elementi parodici, analogia o scostamento del lessico rispetto alle coeve opere agiografiche, uso caricaturale o neutro del linguaggio etc.). Visto il taglio prevalentemente non specialistico, inoltre, sarebbe stata utile anche una maggior contestualizzazione storica di alcuni autori (Pietro il Venerabile, per esempio) e almeno un indice generale. La traduzione, in versi liberi, cerca di rispettare il più possibile la struttura del testo originale, osservando la corrispondenza tra verso tradotto e verso latino, agevolando la lettura sinottica delle due versioni. Tentando un breve bilancio, il volume ha comunque grandi meriti: primo fra tutti avere raccolto insieme, commentato e analizzato, questa produzione così singolare, prima dispersa in varie edizioni, adesso doppiamente fruibile grazie alla traduzione spagnola. L’autore infatti, probabilmente consapevole dell’appeal che l’argomento riveste, ha scelto di presentare i materiali in maniera utile agli studiosi, che possono trovare informazioni sulle edizioni e sulla tradizione manoscritta dei testi, ma soprattutto accessibile ai semplici appassionati, che possono seguire agevolmente il filo tematico del volume e scoprire - perché per molti lettori questa sarà una scoperta - testi poco noti fuori dalle accademie. Un ulteriore merito dell’autore è quello di aver mostrato come si possa trattare un tema di forte attualità in maniera scientifica e critica, senza cedere ad eccessi emotivi o sbavature politically correct. Il volume, anche per questo, risulta un’operazione di grande valore culturale, equilibrato, intelligente e godibile che svela, attraverso questi testi sui generis, aspetti interessanti del fortleben islamico occidentale. Un libro da elogiare, che tratta temi complessi ponendo correttamente il dibatitto ideologico sul piano culturale e predispone ad un atteggiamento di sana curiositas letteraria, sinceramente auspicabile e condivisibile.

Elisabetta Bartoli

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