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Zheng Xiaoqiong poetessa operaia di Serena Zuccheri
In: Semicerchio LV (02/2016) “30 anni” pp.135-142.
1. Nuove configurazioni poetiche nella Cina del XXI secolo I benefici e le contraddizioni generati dalla politica di riforma e apertura lanciata da Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta sono oramai evidenti a molti, non solo agli esperti del settore. Il passaggio ufficiale da un’economia pianificata ad una di mercato, approvato nel 1992 durante il XIV Congresso del Partito Comunista Cinese, ha promosso un’apertura del Paese al mercato e al capitale straniero e una ‘ricerca per la modernità’ che hanno investito non solo il settore economico, ma anche quello culturale, artistico e letterario. Pur creando in poco tempo nuove forme di produzione, di consumo e di comunicazione che soddisfacessero ampi strati della popolazione e dessero all’esterno un’immagine della Cina meno restrittiva e più appetibile da un punto di vista culturale, il governo cinese negli ultimi anni ha faticato ad arginare il divario sociale e la crescita del tasso di disoccupazione prodotti da un’applicazione rigorosa delle logiche di mercato. Le trasformazioni sociali e culturali che questo Paese ha prodotto negli ultimi trent’anni sono state – e continuano ad essere – profondamente valutate dagli intellettuali e dal mondo letterario cinese, in particolare dagli scrittori, i quali, non più ampiamente supportati dallo Stato e affidati ad un mercato volto sempre più all’intrattenimento che alla qualità letteraria, affrontano il problema della concorrenza, della competizione. Se, in qualche modo, nel corso di questo periodo la narrativa cinese è riuscita ad adattarsi a questa nuova situazione, a pagare il prezzo di quella che McGrath ha definito una modernità capitalista è probabilmente la poesia. Il diktat economico che il mercato mondiale impone anche alla letteratura cinese è avvertito da molti poeti come una violenza distruttiva per lo spirito che li induce a riconsiderare il proprio ruolo all’interno di questo nuovo scenario. Un tale ripensamento degli intenti poetici si unisce alle preoccupazioni degli intellettuali, i quali, perso lo status di «eroi e creatori di tendenze» e di «arbitri di valore», sono ora dediti all’osservazione attenta e meticolosa delle conseguenze sociali prodotte dalle riforme, in particolare al crescente divario tra le zone rurali e le zone urbane – tra i sempre più ricchi e i sempre più poveri – e allo sviluppo di un sottoproletariato di lavoratori migranti che nel 2006 si è stimato fosse di 150 milioni di persone. Non stupisce quindi il proliferare in ambito poetico, tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio dei 2000, di accesi dibattiti sul rapporto tra poesia e realtà, sulla possibile natura dicotomica di un’arte poetica fine a se stessa e fortemente coinvolta nelle realtà socio-politiche della Cina contemporanea. Uno dei primi dibattiti è quello che, iniziato formalmente nell’aprile del 2000 presso l’Hotel Pangfeng di Pechino e proseguito poi fino al 2002 sulla carta stampata e on line, si accende tra le posizioni dei poeti ‘intellettuali’ (zhishifenzi, ????) e di quelli ‘popolari’ (minjian, ??). Le divergenze d’opinione tra i due gruppi, oltre a generare, secondo Van Crevel, due nuove tendenze estetiche, quella Elevata e quella Terrena, portano alla luce i due soli sentieri percorribili oggi dai poeti cinesi: da un lato il rifiuto di avere delle responsabilità verso la propria società, dall’altro il ritorno a essere poeti ‘sulla scena’ (xianchang, ??). È del 2006, invece, il dibattito tenutosi a Changsha sulla Poesia dei Letterati Meschini (xiao wenren shige, ?????) che ha visto protagonisti i poeti Tan Kexiu ???e Shen Haobo ???. Per Tan Kexiu poesia di questo tipo è quella scritta da «quei poeti che conducono uno stile di vita simile a quello dei letterati tradizionali, i quali, noncuranti di ciò che accade al di fuori del loro mondo, passano giornate intere davanti al computer e alle bozze dei loro componimenti». Sono poeti misofobi, come li definisce lo stesso Tan Kexiu, che si limitano a comporre versi privi di qualsiasi senso espressivo, preoccupati solo della forma, delle tecniche linguistiche, retoriche e stilistiche, ‘cecità’ questa che non permette alle loro opere di far luce su quest’epoca e di essere solamente ‘autocelebrative’, distanti dalla realtà e dalle masse e pertanto inefficaci. Per il giovane poeta l’alternativa alla Poesia dei Letterati Meschini e alle generali tendenze introspettive della poesia cinese contemporanea è rappresentata dalla Nuova Poesia Critico Realista (xin pipan xianshizhuyi shige, ?????????), che, come precisa il critico Li Shaojun ???, tiene in considerazione la ‘caogenxing’ (???), l’essenza degli strati più bassi della popolazione. Questo concetto, in contrapposizione con quello di ‘guannianxing’ (???, concettualità) – distintivo di molti componimenti degli ultimi anni – viene oggi ampiamente riferito a qualsiasi poesia apparentemente «radicata in un tipo di realtà, spesso di basso ceto sociale, specificatamente cinese». Per Li Shaojun anche la Poesia degli Operai Migranti (dagong shige, ????) può considerarsi parte di questa tendenza, proprio per il suo essere, nella definizione che ne ha dato Liu Dongwu ???, ‘sismografo spirituale’ da cui hanno origine i turbamenti di una vita vissuta ‘dal basso’ (diceng, ??). Come accennato, il rapido sviluppo economico che la Cina è stata in grado di raggiungere in questi ultimi anni ha avuto conseguenze negative soprattutto a livello sociale. La diseguaglianza sociale – specialmente tra le zone urbane e quelle rurali, tra le zone costiere e quelle interne – e l’aumento del tasso di disoccupazione, che tanto preoccupano il governo cinese, non accennano a scomparire, tutt’altro, si ampliano, creando una disparità che, nonostante il recente appello di Hu Jintao, oggi Presidente uscente, a fare della Cina una ‘società armoniosa’, risulta difficile da gestire e da contrastare. A pagarne il prezzo sono soprattutto i ‘dagongren’ (???), gli operai e le operaie provenienti dai villaggi delle zone rurali, pronti a vendere anche a basso costo la propria manodopera pur di essere non solo forze motrici, ma attori sociali ufficialmente riconosciuti del ‘colosso’ Cina del XXI secolo. Genericamente il termine ‘dagong’ (??) può essere utilizzato per indicare un’attività lavorativa con impiego di manodopera solitamente part-time, nello specifico tuttavia può assumere il significato di ‘lavorare per il capo’, ‘vendere manodopera’ in fabbriche nazionali o straniere situate in zone industriali presenti soprattutto nei maggiori centri urbani. La parola ‘dagong’ non sostituisce il termine ‘gongren’ (??), ‘operaio’, sovente usato nella retorica maoista per identificare la classe che avrebbe guidato la rivoluzione, anzi, è con esso in contrasto. I ‘gongren’ del periodo maoista erano privilegiati dallo Stato, il quale riconosceva gli sforzi dei contadini e degli operai ripagandoli con impieghi duraturi, alloggi, assistenza sanitaria, diritto all’istruzione. Al contrario, i giovani e le giovani tra i 18 e i 25 anni, provenienti dai villaggi delle campagne cinesi, in particolare quelle della provincia del Guangdong, che decidono di diventare ‘dagongren’, sono destinati ad una vita transitoria scandita da lavori a tempo determinato, mal retribuiti e precari, su cui grava un sistema di registrazione della popolazione ancora esistente, lo ‘hukou’ (??), che non permette loro di trasferirsi definitivamente nei centri urbani e li inchioda all’arretratezza sociale ed economica dei loro villaggi natii. Privati di garanzie e protezione da parte dello Stato, aspetto che li distingue dai ‘gongren’ del passato, i ‘dagongren’, braccianti agricoli costretti a migrare costantemente all’interno del paese, sono manodopera casuale e parte attiva e fondamentale del profitto capitalista. L’essere ‘dagongren’ da problema sociale si trasforma in questione letteraria nel momento in cui alcuni intellettuali cominciano a mostrare un certo interesse per le condizioni di vita degli operai migranti. I profondi disagi da loro vissuti sono divenuti negli ultimi anni oggetto di riflessione da parte del mondo intellettuale, soprattutto da quando nei circoli letterari si è nuovamente discussa l’ipotesi di una letteratura che potesse dar voce e rappresentare questi nuovi soggetti sociali. Se sulla narrativa dei ‘dagongren’ saggi e articoli compaiono in abbondanza, l’interesse per una poesia ‘dal basso’ è recente e al momento richiama l’attenzione di pochi studiosi. Tra questi Zhang Weimin ???che descrive il fenomeno parlando di ‘scrittura di sopravvivenza’ (zai shengcun zhong de xiezuo, ???????), con l’intento di sottolineare le peculiarità identitarie del poeta i cui componimenti, pregni di esperienze di vita vissute dal basso, incarnerebbero un vero spirito realista. Analogamente Zhang Qinghua ???usa l’espressione ‘scrittura di sopravvivenza dal basso’ (diceng shengcun xiezuo, ??????), offrendo un ulteriore chiarimento alla parola ‘sopravvivenza’. C’è chi poi, come Liu Dongwu, utilizza direttamente l’espressione ‘poesia degli operai migranti’ (dagong shige) per rimarcare lo status sociale degli ‘scrittori dal basso’. Nel definire la ‘scrittura dal basso’, questi critici tentano contemporaneamente di analizzare quegli aspetti che ne possono determinare il valore letterario: le memorie crude e dirette delle difficoltà incontrate dagli operai migranti nelle fabbriche; lo spirito compassionevole che un certo tipo di scrittura rivela; e, ancora, lo smascheramento delle ingiustizie sociali, la nostalgia e l’amore per i familiari e il villaggio natio. Per alcuni il fiorire di una scrittura poetica dal basso corrisponderebbe a un ritorno e a una rivalutazione dello spirito realista nella poesia cinese contemporanea, anche se a risentirne è il linguaggio che, per quanto franco e vivido, mancherebbe di qualità poetica. Come vedremo, è in questo riconsiderare gli sviluppi e le sorti della poesia cinese che emerge il nome della poetessa Zheng Xiaoqiong ???.
2. Zheng Xiaoqiong poetessa operaia Durante i dibattiti sulla ‘scrittura dal basso’ e la ‘poesia degli operai migranti’ i critici, nel fornire numerosi spunti di riflessione, non mancano di fare i nomi di quei poeti che sembrerebbero essere rappresentativi di tale tendenza. Tra questi il più dibattuto e al contempo elogiato è quello di Zheng Xiaoqiong, giovane poetessa nata nel 1980 in un piccolo villaggio della prefettura di Nanchang nella provincia del Sichuan. I suoi trentadue anni la accomunano alla generazione dei ‘balinghou’ (???), quella dei giovani cinesi nati negli anni Ottanta, ma le sue umili origini e le vicissitudini di cui è testimone la distanziano enormemente dai figli unici, benestanti e competitivi che risiedono nelle odierne metropoli cinesi. Nel 1996 Zheng Xiaoqiong è ammessa alla Facoltà di medicina di Nanchang. Il suo sogno è fare l’infermiera. La soddisfazione e l’orgoglio che i suoi genitori provano sono talmente grandi che i prestiti chiesti per farla studiare non sembrano preoccupare troppo la famiglia Zheng. Nel 2000, dopo essersi laureata, Zheng Xiaoqiong comincia a lavorare presso la clinica ospedaliera di Nanchang, impiego che tuttavia non le permette di ripagare ai suoi la somma spesa per garantirle un futuro dignitoso. Ossessionata dal senso di colpa e dalla volontà di risarcire i genitori, Zheng Xiaoqiong lascia l’impiego nella clinica e, contro il parere della famiglia, abbandona le proprie aspirazioni per recarsi a Huangma Ling, piccolo centro abitato di Dongguang, zona manifatturiera nella provincia del Guangdong, e diventare ‘dagongmei’ (???): «Avrò messo piede in quindici, sedici fabbriche. In alcune ho lavorato un mese, due settimane, alcuni giorni, un paio di mesi. I posti in cui ho lavorato sono disparati: industrie per la fabbricazione di utensili in metallo, industrie tessili, tipografiche, fabbriche di giocattoli, di fusione per la plastica. Avrò fatto una decina di lavori diversi». Dopo molte traversie, Zheng riesce a farsi assumere in una fabbrica di metalli, dove rimarrà quattro lunghi anni. La fabbrica di Huangma Ling è un posto freddo e stancante, ma per questa giovane operaia migrante costituisce una fonte d’ispirazione incredibile. A lei e alle sue colleghe è concesso uscire dalla fabbrica solo tre volte a settimana, per acquistare articoli di prima necessità o per sbrigare faccende personali. Si lavora dodici ore al giorno a cui se ne possono aggiungere tre serali di straordinario pagate uno yuan16 l’ora. Una magra ricompensa che tuttavia porta diverse colleghe a discutere animatamente su chi farà gli straordinari. Un vitto scadente, che consiste solo di cavolo bollito, un dormitorio in cui alloggiano stipate trenta donne per camera, e un povero salario, venti yuan al giorno, sono il modello di vita che spetta a Zheng Xiaoqiong e alle sue colleghe, una miseria fisica e d’animo che non colma il senso di vuoto e di solitudine provato dalle ‘dagongmei’, le quali, lontane da casa, dai propri cari, tentano di stabilire tra loro legami per placare il freddo che penetra nelle loro ossa e che invade lo spirito. Un gelo quasi palpabile rafforzato da un’imposta abolizione di quelli che sono soliti essere tratti distintivi e identificativi di un essere umano, come il proprio nome, che a Huangma Ling, come in altre fabbriche, viene cancellato e rimpiazzato da un numero affidato a ogni nuovo operaio e che per Zheng Xiaoqiong è il 245. Negli anni trascorsi a Huangma Ling, Zheng Xiaoqiong svolge una mansione precisa: stendere su un tavolo da lavoro due, tre ‘jin’circa di lastre di ferro, da battere, spianare e levigare con una macchina a ultrasuoni. Per Zheng Xiaoqiong è l’iniziazione al dolore fisico, alla fine della sua giovinezza, ma anche alla sua vena poetica. Questa giovane ‘dagongmei’ osserva le sue mani, spaccate dal duro lavoro, le dita delle sue colleghe finire per sbaglio nei macchinari, ascolta il dolore silenzioso e notturno di queste don- ne che, distese sulle loro brandine, tentano a fatica di reprimere la sofferenza dei loro corpi che si lacerano, deperiscono giorno dopo giorno. È nell’amplificarsi di suoni e immagini che quotidianamente registra, che Zheng Xiaoqiong sente crescere in lei il bisogno di scrivere, di non perdere nulla di ciò che vive: la solitudine, il distacco, la sofferenza, il dolore. Tutto deve essere annotato, in una forma che le dia modo di ritrovare se stessa in una realtà disumanizzante che la priva del proprio corpo. Per la poca esperienza che non le permette di svolgere correttamente la mansione che le è stata assegnata, Zheng Xiaoqiong perde la falange di un dito ed è costretta a un ricovero ospedaliero. Il dolore che prova è quello delle sue colleghe e colleghi che come lei hanno perso unghie, dita o mani intere: è silente, ma va raccontato, spiegato. Durante il ricovero in ospedale Zheng Xiaoqiong comincia a mettere in forma di versi la sua vita di ‘dagongmei’. Lo fa pur consapevole di non avere la maestria e la profondità intellettuale dei grandi poeti. Ciò che trapela dai suoi componimenti è silenzio che si fa rumore, dolore che si fa consapevole, vita che si fa sopravvivenza, come si legge nei primi versi della poesia intitolata Scrivo (Wo xie zhe, ???) pubblicata nel 2006:
?????????,????????????? ????????????????????? ????????????????????????? Scrivo nell’oscurità della notte di lampioni, di strade e di un migrante in affanno scrivo nell’oscurità della notte di operaie in una fabbrica d’abbigliamento e della tosse cui sono destinate scrivo nell’oscurità della notte di fornaci in una fabbrica di metalli e di un dito inghiottito da un macchinario
Non è facile per questa giovane poetessa dedicarsi alla scrittura, ma il conforto che trova nella poesia è talmente grande che ogni momento libero concessole dalla vita in fabbrica è dedicato esclusivamente a elaborare in versi quello che le accade intorno. Zheng Xiaoqiong decide di uscire allo scoperto, sottoponendo i suoi primi componimenti a una rivista locale. Nel 2004, le sue poesie cominciano a circolare in rete, suscitando consensi e inaugurando dibattitti sulla nascita della poesia ‘dagong’. Grazie al sostegno e al supporto del governo locale, riesce a partecipare a simposi e convegni sulla poesia, a pubblicare una raccolta di saggi intitolata La profondità della nottee due raccolte di poesie, Huangma Linge Due Villaggi, e nel 2007 a essere insignita del premio per la saggistica Nuova Ondata (Xin langchao, ???) promosso dalla rivista «Renmin Wenxue» (????, letteratura del popolo). Durante la premiazione, a colpire gli intellettuali, i critici e i letterati è il discorso che Zheng Xiaoqiong rilascia:
«Sul delta del Fiume delle Perle ogni anno finiscono più di quarantamila dita spezzate. Spesso ho pensato: e se queste dita venissero allineate, quanto sarebbe lunga la fila che andrebbero a formare? Questa fila continua a crescere interrottamente e la debolezza della mia scrittura non può raccogliere nessun dito spezzato... eppure non smetto di dirmi che ho bisogno di scrivere, scrivere ciò che sento, sentimenti che non appartengono solo a me, ma anche ai miei colleghi e ai miei amici. Non possiamo cambiar nulla di questa realtà, ma ne siamo testimoni, penso sia un dovere raccontarla». Riconoscendo pubblicamente i limiti della sua scrittura, Zheng Xiaoqiong conferisce a sé stessa il ruolo di testimone di quest’epoca e, nonostante la sua poetica sia ritenuta da alcuni grezza e grossolana, non può non esserle riconosciuto di essere lingua in cui la storia cinese contemporanea si riflette, come nella poesia Chiacchiere (Jiaotan, ??) che, in qualche modo, rievoca amaramente anche in noi lettori italiani le immagini d’archivio degli operai del sud-Italia del secondo dopoguerra, i quali in viaggio su improbabili treni notturni verso le regioni settentrionali, verso l’industrializzazione e la civilizzazione, poggiavano il capo su un finestrino e avevano lo sguardo rivolto alla notte scura, culla del loro incerto futuro.
?????,?????????? ??????????,??? ?????????,?????? ???????,??,?????? ??????????????? ???,?????????? ????????????? ??????,?????? ????????,??? ???????????,?? ?????????,???? ??????,??????????? È stato trovato il tempo per la Storia, adagiato su trame e fatti inventati le nostre confessioni accolte da un chiaro di luna, in autunno villaggi di pianura senza paesaggio, indifferenti come la Storia verità, filosofia, arte così imponenti e vaste mi tormentano ora il treno sfreccia attraversando barlumi di villaggi e pianure fuori dal finestrino, le tre di notte e rade stelle mattutine qualcuno cammina nei sogni di qualcun altro il tempo non scorre, è misterioso e reticente in un luogo lontano che vacilla incerto, io ricordo i tanti volti che la Storia ha logorato, di loro non rimangono che pochi frammenti, scintille che brillano nelle campagne, illuminano la Storia gelida e distorta Se è vero, come sostiene Zhang Yougen ???, che la Storia sceglie sempre i propri rappresentanti, allora Zheng Xiaoqiong può essere considerata portavoce degli oppressi di quest’epoca e la sua poesia può essere definita ‘epica dell’era industriale’. Ad una prima lettura la poesia di Zheng Xiaoqiong appare fredda, dura. Ciò è in parte dovuto agli oggetti in essa presenti, come ferro, plastica, fornaci, macchinari: i simboli dell’industrializzazione. Tali oggetti tuttavia si uniscono al senso d’indignazione, viltà e pietà provato dagli operai migranti e la loro apparente freddezza è associabile ai simboli inerti della catena di montaggio e ad una perdita d’animo dell’operaio che nella poesia Intrappolati (Fei ziyou, ???) diventa quasi palpabile:
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Forze oscure e recondite nell’ombra, là dove l’anima è schiacciata lente si avvicinano a rami cresciuti sul corpo con le loro ombre sospese, e in quel misero spazio la mia paura nasce da giganti mani nascoste che non sanno quando, da dove si stenderanno in un momento impossibile da prevedere, come una ragnatela che ti intrappola non posso pronunciare i loro nomi, pronunciare la sua origine latente la sua forza gigantesca lascia un vuoto profondo nel mio cuore come un tuono che irrompe, parlandone avverto una forza invisibile ah! Preme tutt’intorno una piena di luoghi cupi mi comprime corpo e anima ali di un uccello e acque di un pesce anche il profumo dei fiori è stato confinato a una porta distorta, deformata e sotto il suo arco ricurvo e sovrastante viviamo ogni giorno chinandoci e prostrandoci.
Nell’intento di trasformare, attraverso la poesia, la propria sopravvivenza in una forma di esistenza, questa giovane poetessa operaia non si limita a descrivere scene generiche di una vita da operaio-migrante, ma trascende la realtà, mostrandoci la vita di donne e uomini che «impiantano il loro destino nelle trame del loro lavoro». La poetica di Zheng Xiaoqiong riflette una continua tensione tra la vita della poetessa e il proprio corpo che per il critico Zhang Qinghua è possibile grazie ad una ‘scrittura del corpo’ (shenti xiezuo,????)assolutamente diversa dalla sensualità perversa che solitamente contraddistingue tale forma. È nel trascendere il realismo, nel diventare soggetto-‘dagong’ che Zheng Xiaoqiong riconosce il suo essere ‘radice d’erba’ (caogen, ??), espressione che dà il titolo al componimento che segue, di cui si propongono alcuni versi:
????????????? ?????????? ——?? [...]?????????,???????? ?????????,???? ????????
Un lampione illumina punte di fila d’erba e le orme dei miei passi oh, abbiamo lo stesso nome - Radici d’erba - [...] in questa terra straniera e raminga nella quale vivo, cresco come un filo d’erba e al crepuscolo quando l’universo si acquieta, la brezza notturna soffia ma non sfiora le nostre teste
Generalmente con ‘radice d’erba’ non ci si riferi- sce unicamente agli operai migranti alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche «ai poveri disgraziati, ai morti di fame» come afferma lo scrittore Yu Hua ??, nelle cui memorie sembrano riecheggiare le parole di Gramsci, il quale, nei primi anni Venti del secolo scorso, utilizzò l’espressione ‘morti di fame’ per indicare uno strato sociale disomogeneo, composto da ‘giornalieri agricoli’ e da ‘piccoli intellettuali’ rurali e, in alcuni casi, urbani, da cui sarebbe potuta nasce- re una forma di ‘sovversivismo’ slegata dal concetto di classe. Tuttavia la consapevolezza che Zheng Xiaoqiong ha del suo essere ‘caogen’ non è ideologica o politica, siamo distanti dall’insorgere di un sovversivismo sociale o anche solo poetico, piuttosto è generata da una ricerca della verità dell’esistenza stessa che, come una brezza il cui soffio non arriva a sfiorare neppure il capo degli ‘caogen’, non dà sollievo, ma è per sua natura ingiusta, dura e crudele: «La sua poesia, la sua vita, il suo linguaggio e la sua esistenza si aprono contemporaneamente l’una all’altra. È il motivo per cui supera così facilmente le rivendicazioni morali, ideologiche e forse anche i diversi piani di un’esistenza avversa». La grettezza di uno stile discorsivo, apparentemente freddo e poco comunicativo che alcuni critici hanno intravisto nella poetica di Zheng Xiaoqiong in realtà è per il critico Zhang Yougen equiparabile a ciò che Roland Barthes ha definito «il grado zero della scrittura». Nel pensiero di Roland Barthes l’écriture è un «atto di solidarietà storica» che si pone tra lingua – oggetto sociale per propria natura – e stile, generato dal corpo, dalla storia di uno scrittore. La scrittura diviene «la morale della forma», la morale di un valore in cui si sceglie di «situare la Natura del proprio linguaggio» e che obbliga chi scrive al confronto con la società e con l’area sociale cui si rivolge. In quest’ottica la scelta di Zheng Xiaoqiong si traduce nella libera consapevolezza di raccontare il proprio mondo di appartenenza, quello dei ‘dagongren’, utilizzando una lingua discorsiva e ‘naturale’. Eppure, dietro questa apparente mancanza di comunicatività che sembrerebbe caratterizzare la poetica di Zheng Xiaoqiong, è possibile scorgere la disgregazione, il declino del sociale che si abbatte prepotentemente non solo sulla Cina, ma sul mondo globalizzato. Il trionfo dell’individualismo, comun denominatore di questa nostra epoca, è visibile persino ai ‘dagongren’, categoria tra le più povere nella Cina odierna che, rischiando di non essere ascoltata, è forse destinata a sprofondare nella marginalità. Nello scegliere di essere con la sua poesia portavoce degli operai migranti, Zheng Xiaoqiong ha deciso di non entrare a far parte dell’Associazione Nazionale degli Scrittori Cinesi, posto che le era stato offerto all’indomani della premiazione del 2007, per un motivo molto semplice: l’esigenza avvertita da questa poetessa di continuare ad osservare la vita delle colleghe nelle fabbriche ed ultimare il progetto Memorie di operaie (Nügong ji, ???), raccolta di saggi e poesie, che ha visto le stampe all’inizio del 2012 sulla rivista Renmin Wenxue. ¬ top of page |
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