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DA RIMBAUD A RIMBAUD. Omaggio di Poeti veneti contemporanei con dodici opere figurative originali, a cura di Marco Munaro, Il Ponte del sale, Rovigo 2004, pp. 152, 20,00.

«Con il cuore di Leopardi e il passo di marcia di Dante, che fulmina e passa oltre, perfino oltre la poesia, Rimbaud ha trovato la lingua del suo e nostro domani [...]. La corsa di questo poeta ragazzo resta qualcosa di incomprensibile, il simbolo di un’ansia di libertà e di assoluto che non ha paragoni». Così Marco Munaro nella densa prefazione al ‘suo’ Rimbaud: il singolare omaggio di una folta schiera di autori veneti e friulani all’adolescente dalle suole di vento nel centocinquantesimo anniversario della nascita. Nella prima parte del volume – Da Rimbaud – poeti e critici ci restituiscono, senza la «stampella del testo a fronte», liriche celebri, lettere, relazioni, stralci di diario. Di particolare interesse per il lettore la ‘panveneticità’, allargata a comprendere quella vastissima area geografica e linguistica che dal mantovano si spinge fino al confine con l’Istria. Traduzioni in lingua e in dialetto si alternano in un variegato mosaico di linguaggi, suoni e ritmi. Questi i nomi dei traduttori: Bandini, Benedetti, Bevilacqua, Bogliun, Bressan, Caniato, Cappello, Casagrande, Cecchinel, Cortelazzo, De Marchi, Di Monte, Di Palmo, Fedele, Frene, Garbato, Gatto, Licciardello, Maretti Tregiardini, Masiero, Molinari, Munaro, Ponso, Rizzi, Rossella, Santi, Scabia, Sivieri, Sparapan, Strazzabosco, Tarozzi, Turra, Villalta, Zanzotto. Angioletta Masiero ripensa Sensation e le sue «azzurre sere d’estate»; Andrea Zanzotto ci restituisce, nella musica di una ‘traduzione’ scritta a diciassette anni, Les chercheuses de poux («Quando la fronte del bimbo piena di rosse tormente / lo sciame bianco anela degl’indistinti sogni / s’accostano al suo letto due grandi leggiadre sorelle / con le fragili dita che hanno le unghie d’argento ...»). Fernando Bandini ripensa Mémoire («L’acqua chiara; insieme al pianto dell’infanzia, il biancore / dei corpi delle donne all’assalto del sole; / la seta di puro giglio delle orifiamme ...»). Con Munaro, Les poètes de sept ans tornano a vivere nell’altopolesano di Castelmassa(«E me mama, sarand al libar dal Duér, / la sa stimaa, cuntenta, senza védar, / in ti òcd azur e sot’ a la front pina ad bógne / l’anima dal só putìn ca ’g gnea ingósa»). Luciano Cecchinel sceglie invece, per Les corbeaux, un musicalissimo italiano («Signore, quando i prati sono freddi, / [...] / Sopra la natura fiorita / Fate che si abbattano dai grandi cieli / I cari corvi deliziosi...»). Anche Luigi Bressan ha voluto ‘reinventare’ in italiano Larme («Via dagli uccelli, dai greggi, lontane le ragazze / Del paese, bevevo, in una brughiera accoccolato / Con un tenero rigoglio di nocciuoli intorno»). Pierluigi Cappello si affida alla «dolcezza liquidotrobadorica» del suo friulano per rinnovare gli incanti di Ophélie, che «blancje e bessole ...a planc a planc passâ, blancje come un gran flôr blanc». Nella seconda parte del volume – A Rimbaud – gli autori dialogano col poeta veggente o con la memoria che ne conservano. Nico Naldini confessa la propria inadeguatezza a tradurre un mito troppo amato; Silvio Ramat ci offre una poesia dove, evocando Leopardi, accenna a Rimbaud come al suo «unico, lontanissimo erede...». Zanzotto ricostruisce la storia del suo incontro con Rimbaud; altri mandano lettere alla loro idea del poeta ragazzo (Masiero, Turra, Sivieri, Caniato, Casagrande). Giovanna Frene gli invia una email. Cappello gli dedica un’intensa prosa lirica, Tema per voce di corsa. De Marchi assembla, nella rifrazione magica dei ricordi, una sera d’estate a Trieste, lo studio di un corso monografico su Rimbaud, uno scorpione alla finestra, la sua giovinezza fusa con quella del ribelle di Charleville. Così la terra veneta, e friulana e istriana, ha celebrato nel 2004 Rimbaud. Altre voci si aggiungeranno in futuro a quelle registrate dal volume del Ponte del Sale, perché, come scrive lo stesso Munaro, artefice di quest’omaggio: «quanto ci ha donato Rimbaud ritorna a lui, alla sua grandezza, di poeta e di uomo».

 


Anna De Simone

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