DESDE ADENTRO
Con el contrato social y la división de poderes, llegó la penalización carcelaria, aunque primero fue espera para un juicio, se fue convirtiendo en pena en sí misma. De acuerdo a la época tuvo sus vaivenes y según el tipo de gobierno, su calidad.Así conocimos poderes judiciales que castigaron según su leal saber y entender o poderes injustos que abusaron según su desleal ignorar y desentenderse. Como ya he expresado anteriormente: «todo es con el dolor con que se mira». Lamentablemente asistimos a una época en la que un sistema impuesto se daba de bruces contra la realidad, una realidad cuyo signo era la violencia del hambre, la miseria, el analfabetismo, la mortandad infantil, la desnutrición, la censura, la delincuencia a la que eran empujados los ciudadanos pobres para sobrevivir, por un código no escrito, pero aplicado con estricto rigor por los regímenes que imponían el culto fanático del dinero, la mitificación del dinero como ambición obligatoria, como exclusiva fuente de bienestar.Aunque todas las oligarquías latinoamericanas tienen en común su pugna contra el pueblo, no todas aplicaron sin embargo, el mismo estilo. La chilena, por ejemplo, participó durante largas décadas en la creación de una imagen nacional y hasta nacionalista: por un lado, supo darse la gran vida, pero por otros se mimetizó en un interés popular. Es claro que luego ante el golpe de Pinochet y su saña antipopular, aquella ambigüedad ya no confundía a nadie y terminó llevando para su tortura y posterior aniquilación a quienes osaron disentir,no sólo a las cárceles
sino inclusollenando un estadio de fútbol. En Brasil, la clase dominante ha tenido una presencia beligerante y activa, pero siempre en el entendido de que impulsaba el desarrollo del país: el capitalismo brasileño no exportaba sus dólares, porque sabía que, aun en una población de casi cien millones, el clan privilegiado, por más que fuera una minoría, constituía en sí mismo un mercado de consumo suficientemente apto para la obtención de buenos dividendos. En las pequeñas repúblicas de América Central, la alta burguesía incluía algunas de las familias más acaudaladas, y también más ramplonas, del mundo: no en todas partes era dable hallar, como en esa zona, pestillos de puertas y patas de mesa, nada menos que de oro macizo. En Uruguay podría decirse que durante largo tiempo el oligarca tipo se mimetizó con la clase media. Se vinculó a la burocracia, participó de las coimas pero fue campechano, a veces paternalista y a menudo cordial y palmeador. Los gobernantes salieron por lo general de esas filas y lo cierto es que a medida que el país se empobrecía empezaba a notarse que detrás de esa imagen estaba el tajante deslinde de clases.Así enAmérica luego de un largo y complejo proceso se endureció la clase dominante y terminó recurriendo a los asesores extranjeros para que le aportasen dólares, armas y nuevas técnicas de tortura, en defensa del statu quo. La crisis subdesarrollante que, con la innegable astucia de los viejos amos y la inclemente eficacia de los gangsters, va imponiendo el imperio suele ser acompañada por el desarrollo de la capacidad de obediencia del país colonizado. En las dictaduras de América Latina asistimos entonces al uso indiscriminado de las cárceles, al punto de convertir en prisiones locales que no habían sido creados con esa finalidad. De todos los perseguidos, quienes debimos exiliarnos escribimos con preocupación sobre la gente que quedó presa en nuestros países. A su vez, los escritores que sufrieron prisión se las ingeniaron para sacar obras y testimonios por entre las rejas. Hubo además quienes al ser liberados contaron aquella dolorosa experiencia y el dolor pudo ser asumido en forma colectiva. Una vez más las ideas no fueron aprisionadas. Los medios decían que no se había torturado, y luego se supo, decían que no había desaparecidos, y luego se supo, decían que eran pocos y luego resultaron miles, decían que no hubo ejecuciones, y luego se supo. Lamentablemente hubo intelectuales que no sobrevivieron al silencio.
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DALL'INTERNO
Con il contratto sociale e la divisione dei poteri, arrivò la pena carceraria; e nonostante all’inizio fosse solo attesa di giudizio, via via si convertì essa stessa in una pena. In sintonia con l’epoca ebbe i suoi andirivieni e a seconda del tipo di governo, la sua qualità. Così abbiamo conosciuto poteri giudiziari che punivano secondo la loro scienza e coscienza, o poteri ingiusti che abusavano secondo la loro ignoranza e incoscienza. Come già ho espresso precedentemente: «tutto sta nel dolore con cui si guarda». Purtroppo abbiamo vissuto in un’epoca in cui un sistema imposto si scontrava con la realtà, una realtà il cui emblema era la violenza della fame, la miseria, l’analfabetismo, la mortalità infantile, la denutrizione, la censura, la delinquenza alla quale, per sopravvivere, i cittadini poveri erano spinti da un codice non scritto ma applicato con ferreo rigore dai regimi che imponevano il culto fanatico del denaro, la mistificazione del denaro come ambizione obbligatoria, come esclusiva fonte di benessere. Nonostante che tutte le oligarchie latinoamericane abbiano avuto in comune la lotta contro il popolo, non tutte adottarono lo stesso stile. Quella cilena, per esempio, partecipò per lunghi decenni alla creazione di un’immagine nazionale e perfino nazionalista: da un lato, seppe darsi alla bella vita, dall’altro si mimetizzò in un interesse popolare. È chiaro che successivamente, davanti al golpe di Pinochet e al suo furore antipopolare, quella ambiguità già non confondeva più nessuno e coloro che osarono dissentire finirono per es- sere condotti alla tortura e al successivo annientamento, non solo nelle carceri ma addirittura in uno stadio affollato di vittime. In Brasile, la classe dominante ha avuto una presenza combattente e attiva, ma sempre nell’intenzione di promuovere lo sviluppo del paese: il capitalismo brasiliano non portava all’estero i suoi soldi perché sapeva che, perfino in una popolazione di quasi cento milioni, il clan privilegiato, per quanto fosse una minoranza, costituiva in se stesso un mercato di consumo sufficientemente adatto per ottenere buoni dividendi. Nelle piccole repubbliche dell’America Centrale, l’alta borghesia includeva alcune delle famiglie più opulente, e anche delle più volgari, del mondo: non in tutte le regioni era possibile imbattersi, come in questa zona, in chiavistelli per porte e piedi di tavoli niente meno che d’oro massiccio. In Uruguay si potrebbe dire che per molto tempo il tipico oligarca si mimetizzò con la classe media. Si legò alla burocrazia, allungò bustarelle, ma fu schietto, a volte paterno e spesso cordiale e ammiccante. I governanti uscirono in generale da queste fila, e mentre il paese si impoveriva certamente iniziava a notarsi che dietro questa immagine stava il radicale confine fra le classi. Così in America dopo un lungo e complesso processo la classe dominante si irrigidì e finì per ricorrere ai supervisori stranieri affinché le portassero dollari, armi e nuove tecniche di tortura in difesa dello statu quo. La crisi sottosviluppante che, con l’innegabile astuzia dei vecchi padroni e l’inclemente efficacia dei gangsters, va imponendo l’impero, è solita essere accompagnata dallo sviluppo da parte del paese colonizzato della capacità di obbedienza. Nelle dittature dell’America Latina abbiamo assistito allora all’uso indiscriminato delle carceri, al punto di trasformare in prigioni luoghi che non erano stati creati con questa finalità. Fra tutti i perseguitati, noi che fummo costretti a esiliarci scrivemmo con preoccupazione della gente che rimase prigioniera nei nostri paesi.Aloro volta, gli scrittori che soffrirono la prigione s’ingegnarono per far uscire opere e testimonianze dalle carceri. Ci furono anche coloro che dopo la liberazione raccontarono la dolorosa esperienza e il dolore ebbe la possibilità di essere accettato in forma collettiva. Ancora una volta le idee non furono imprigionate. I mass media dicevano che non c’erano state torture, e dopo si venne a sapere il contrario, dicevano che non c’erano desaparecidos, e dopo si venne a sapere che c’erano, dicevano che erano pochi e dopo risultarono migliaia, dicevano che non c’erano state esecuzioni e dopo si venne a sapere che sì le avevano fatte. Sfortunatamente ci furono intellettuali che non sopravvissero al silenzio. (Traduzione italiana di Giulia Spagnesi) |