« indietro UGO FRACASSA, Patria e lettere. Per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia, Roma, Perrone, 2012, pp. 165, euro 14,00.
La bibliografia critica sempre più cospicua sulla letteratura migrante in lingua italiana si arricchisce di una nuova, interessante monografia ad opera di Ugo Fracassa, che già in diverse occasioni (convegni, saggi per miscellanee) si era cimentato con l’argomento. Un libro necessario, Patria e lettere, a partire dallo statuto e dal percorso del suo autore: italianista novecentista, con studi e saggi, tra gli altri, su Montale e sulla letteratura per l’infanzia. Il dato non è da sottovalutare: la cosiddetta ‘letteratura della migrazione’ è stata introdotta in Italia attraverso la cattedra di letteratura comparata di Armando Gnisci, oppure, nella maggior parte dei casi, è stata analizzata da italianisti all’estero (Graziella Parati fra gli altri). Che sia un italianista in Italia a soffermarsi su migrazione e postcolonialità rappresenta un tentativo di apertura ‘dall’interno’ dell’italianistica, che mostra una certa fatica, all’ora attuale, a confrontarsi con la letteratura contemporanea attraverso i parametri e il canone consolidati. Patria e lettere scinde e problematizza i termini del binomio delle Patrie lettere di Cases (già al tempo non inscindibile e oggi impossibile da ricostituire), e lo fa partendo dalla narrazione della colonia, attraverso due documentati saggi su Malaparte e su Flaiano. In particolare Flaiano si costituisce come il paradigma imprescindibile per critici ed autori migranti (Regina di fiori e di perle di Ghermandi può proporsi come una rivisitazione postcoloniale di Tempo di uccidere); molto interessante l’analisi lessicale di Fracassa, a partire dall’aggettivo ‘guasto’, la cui occorrenza costante sembra quasi sfiorare l’ossessione e certo svela un ‘disagio’ che, attraverso la lente delle teorie postcoloniali, apre una serie di riflessioni politiche sull’impresa italiana. Da notare, a margine, come diversi autori, affrontando la colonia, abbiano fatto ricorso ad aggettivi quali ‘guasto’, ‘sporco’, ‘malandato’, creando una gamma cromatico/etica dalle diverse ripercussioni socio-letterarie (e penso in particolare al Bacchelli di Mal d’Africa, ma anche al Berto di Camicia nera). La seconda parte del libro è dedicata in maniera specifica alla letteratura migrante, e presenta, oltre a un saggio iniziale che riprende un contributo dell’autore apparso nel fondamentale Certi confini di Lucia Quaquarelli, interventi su Lakhous, Hajdari e Princesa, oltre a un saggio finale sullo stato della critica sull’argomento. Il saggio su Princesa, che attraversa tre lingue, innumerevoli trasposizioni e rivisitazioni, nonché momenti paradigmatici, per via della storia personale degli autori, della storia italiana e globale, è confortato dall’assidua frequentazione dell’Archivio Fabrizio De André, utile per mostrare i retroscena del primo testo ‘migrante’ entrato a far parte, seppur marginalmente, del canone culturale nostrano. (Daniele Comberiati)
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