« indietro SILVIA CASSIOLI, Unghie, plantari, gambe di legno e altri ex-voto fantastici, Napoli, Edizioni d’If, 2009 («i miosotìs» 41), pp. 29, € 7,00.
Prima di tutto c’è la trovata del libretto. Una raccolta di quaranta ex-voto, o quantomeno dei testi di dedica, gli oggetti ce li dobbiamo immaginare. Microvite, non nella forma high-tech del videoclip ma formelle di un cattolicesimo Kitsch, quadri di una devozione post-contadina, altrettanto arcaica, superstiziosa. L’ex-voto è traccia metonimica di un contatto, quasi contabile, col sacro (i conti della spesa: Tu Dio mi hai dato, io ti do). Si leggono dunque in quaranta quadri, tra invocazioni a Santa Margherita e a «Madonnina cara», guarigioni miracolose, viaggi della speranza, ma anche, più veri del vero, egoisti e naïfs, miracoli supposti («Per aver volato salva fino a Monaco di Baviera»). Molti, in verità, non sono il racconto di una grazia ricevuta ma lapidi tombali: racconto di una morte (per es. sul lavoro). Ovvio affiora il ricordo di Spoon-River anche se quella era l’America e, come diceva Fitzgerald, «non c’è un secondo Atto nelle vite americane». Noi invece, in Italia, sì: c’è sempre la speranza di un miracolo. La posizione di Silvia Cassioli (Siena, 1971) rispetto alla materia che si è scelta è quella di muoversi sul piano di un linguaggio vero-falso, da appendere all’idea corrente della Poesia come una protesi nel santuario. Da un lato la contraffazione è perfetta: «per aver lasciato incombusto l’autocarro» (con mimesi, appunto, della lingua epigrafica). Dall’altro è il velo della finzione che porta a immaginare ex-voto rimasti non scritti, nell’intimità di vite troppo piccole: «Santa, santa, santa Maria Vergine / che dopo tante preghiere che le feci ... alfine ottenni nel ventesimo anno / di sanguinare come tutte le altre donne». Non mancano esempi di ironia, è il caso di dire, folgorante: «Dal frigorifero di casa / cadde folgorato mio marito / riavendosi con l’occhio fluorescente / e interiormente fervido cristiano». Su tutto, colpisce in maniera salutare, la possibilità di scoppi di violenza espressiva e liberatoria: «Mi gettasti sulla strada assolata / e un cane vagabondo m’assalì. / Salva fui tratta dalla Vergine Beata / che con il suo bastone lo colpì». La discesa nella vernacolarità e nella dimensione antropologica, un po’ al modo di Rosaria Lo Russo, si realizza insomma con la partecipazione e il travestimento, tutto nella pronuncia, del poeta. Questo del libretto è un piccolo progetto, ma sembra attraversato dall’idea forte (e stilizzata come si deve, trattandosi di poesia), che la Storia d’Italia passa per la voce.
(Fabio Zinelli)
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