« indietro BARBARA PUMHÖSEL, Prugni, postfazione di Grazia Negro, Isernia, Cosmo Iannone Editore, «Kumakreola, scritture migranti» collana diretta da Armando Gnisci, 17, 2008, pp. 163, € 10,00.
La qualità sicura del libro risiede nella ricomposizione, in termini molto pratici, della coppia formata dall’apprendimento della lingua del paese di adozione e del suo trasferimento nella scrittura. Non appartiene alla Pumhösel (austriaca, n. 1959) il sentimento lirico avvolgente che è la principale e più immediata forma di adesione, nello scrivere, alla lingua di accoglienza, metafora di una nuova lingua madre. La tematica ‘migrante’ è comunque ripetutamente tematizzata nel libro: lo è nel centro dell’autorappresentazione del soggetto, scisso corporalmente («fino alla pelle frontiera confine / del corpo barriera») e culturalmente («il Mond digrigna i denti […] ma la luna / in tedesco è maschile e al suo / interno sta un uomo io sono / più al sud qui la luna è donna», bell’esempio di doppio sviluppo di un’idea di partenza ‘banale’: prima in un’immagine analitica, poi liberata in una figura più leggera, il libro ne è pieno). Ma il vero fuoco della raccolta è nel racconto di come apprendimento e auto-pedagogia si realizzino nella costruzione di un’arte poetica che vede l’autrice insieme maestra ed allieva (si veda la serie Lezioni di poesia). È una didassi principalmente e privatamente brechtiana, ma volta al femminile. Mancano, nella sfera del privato, guerra e riconoscimento reciproco dei sessi per morso di amore e Kameradenschaft. Ma non per questo, nemmeno nel paese dell’infanzia, il paese dei prugni, cessa l’impatto del mondo esterno. Il conflitto vi è, come la scrittura, l’equilibrio di un’attesa («mangio un’altra prugna / sputo un altro nocciolo»), mentre, sulla soglia di casa, martella in testa la domanda fondamentale: «meglio l’assuefazione o l’eterno / indignarsi?». Forme di assorbimento del trauma sono le serie di piccole allegorie para-domestiche, in particolare legate alla vita degli animali. Il pipistrello costruisce versi spaziali ad ultrasuoni, ricordo di una poesia sonora in pura tradizione austriaca (un omaggio a Ernst Jandl sembra essere poi il «necrologio per una zanzara» e alcune veloci catene di versi brevi). Il sogno della donna-volpe che kafkianamente scava la tana, stanchissima al risveglio è un ancoraggio nel gender che lega abilmente coazione a ripetere il ruolo e giocosità (ancora nel segno di Jandl): «La poesia mi salta addosso quando / sto per metterla nella lavastoviglie», al punto di invocare la revisione dei codici mitologici ufficiali: «sono stufa / di vedere Eva / che morde / la mela […] Vorrei vederla / sorridere / mentre prepara / una torta di mele». Più spesso lo spazio privato di ‘una cucina tutta mia’ è anche il laboratorio dove si impilano gli esercizi di scrittura per la maggior parte ben congegnati (per esempio una serie di haiku taglienti: «mancano ancora / tre pagine all’ultima / poi sarò sola»). In generale, anche le parti più didatticamente orientate sono pervase da una vena di surrealismo («e si tende la sera / con posate pulite verso la luna») da intendersi come aria dell’est, un soffio alla Szymborska (citata nel libro), un racconto a livello prosa che rivela nel gioco la pietà. Sono altrettante prove di sensibilità che sa esprimersi con un controllo stilistico forte e con un’intelligente leggerezza.
(Fabio Zinelli)
¬ top of page |
|||||
Semicerchio, piazza Leopoldo 9, 50134 Firenze - tel./fax +39 055 495398 |