« indietro AUL VAN OSTAIJEN.
POETA DELLA DISPERAZIONE
di Ronald de Rooy
Due anni dopo essere stato espulso dal collegio per insubordinazione Paul van Ostaijen (1896-1928) decide di interrompere, nel 1913, una ormai sfortunata carriera scolastica. Dal 1914 al 1918 è impiegato come commesso al municipio di Anversa, ma la sua presenza non passa inosservata nella città fiamminga: il giovane ama vestirsi da dandy e vivere controcorrente dandosi ad una vita dissipata, con notti bruciate dall’alcol, dalla cocaina e dalla compagnia di belle ragazze. Tale atteggiamento provocatorio si manifesta con forza anche nelle sue convinzioni politiche. Già durante i suoi anni di scuola Van Ostaijen aveva aderito alla causa dei fiamminganti (flaminganten), un movimento di studenti sostenitori della Lega Fiamminga (Vlaamsche Bond) che aspirava all’autonomia della parte neerlandofona del Belgio e che si riconosceva come una corrente del più ampio Movimento fiammingo (Vlaamse Beweging). La partecipazione di molti scrittori alla causa del nazionalismo politico fece sì che nelle Fiandre si costituisse un movimento letterario di avanguardia piuttosto unitario, nonostante il diffuso disaccordo su questioni letterarie o di poetica[1].
Durante l’occupazione tedesca, Van Ostaijen ed altri giovani della Vlaamse Beweging speravano invano di poter accelerare la realizzazione dei loro obiettivi politici. A causa delle sue attività politiche sempre più contestatarie – i biografi ricordano l’episodio di fischi e grida contro il cardinale Mercier, fervente oppositore dei fiamminganti – Van Ostaijen è condannato nel 1918 a una multa e tre mesi di prigione. Il poeta ricorre in appello e la sentenza è sospesa, ma ciò non toglie che, dopo l’armistizio del 1918, la posizione di Van Ostaijen in Belgio si renda insostenibile: per evitare la prigione alla fine di ottobre egli decide di fuggire a Berlino.
Durante questo esilio berlinese la poesia di Van Ostaijen assimila in modo ancora più profondo gli influssi dell’espressionismo tedesco e delle altre avanguardie europee. Sempre a Berlino scrive, nel 1920, quella che sarà la sua opera più importante, De bezette stad (‘La città occupata’)[2]. Nel maggio del 1921 torna ad Anversa e alcuni mesi dopo viene cassata la sentenza per la protesta contro Mercier. Van Ostaijen collabora con articoli e poesie a varie riviste, tra cui «Vlaamsche Arbeid»; organizza alcune mostre di arte contemporanea, ma non riesce a trovare un lavoro stabile. Nel 1923 avvia una modesta attività di commerciante d’arte nella casa dei suoi genitori; ad Anversa gestisce una libreria antiquaria, a Bruxelles una galleria d’arte. Nell’agosto del 1925 gli vengono diagnosticati i primi sintomi di tubercolosi polmonare. Dal settembre 1927 è ricoverato in un sanatorio privato nelle Ardenne, dove muore all’età di 32 anni, in strana sintonia con l’immagine topica del poeta romantico e ‘maudit’.
L’opera poetica di Van Ostaijen si caratterizza per una rapidissima evoluzione: da testi poetici che seguono prevalentemente le mode letterarie, egli passa in pochi anni a prove ben diverse, che possono considerarsi innovatrici ed à la page anche in un contesto europeo. La sua prima raccolta, Music Hall, del 1916, si distingue per un tono piuttosto ‘crepuscolare’, che prelude ad aspetti più notturni della sua personalità[3]: Het Sienjaal (‘Il segnale’) del 1918, con la sua attenzione per il tram, la tecnica e la velocità, è un vero e proprio «cantico della città»[4]; e soprattutto la raccolta successiva del 1921, Feesten van Angst en Pijn (‘Feste di Paura e di Dolore’), testimonia di una profonda crisi interiore, che si riflette nella disposizione caotica delle parole sulla pagina, nella scrittura a mano, nella frantumazione della sintassi, nella velocità e in esperimenti tipografici che fanno pensare a quelli dei futuristi russi ed italiani[5]. Nel suo poema successivo, De bezette stad (1921), il senso di disperazione, che si fa ancora più forte, è segnato da una maggiore incidenza testuale della componente acustica e visiva.
L’occupazione tedesca del Belgio fece sì che l’avanguardia fiamminga cominciasse ad interessarsi all’attualità culturale straniera, in particolare attraverso le riviste tedesche vicine all’espressionismo. Van Ostaijen era già stato riconosciuto come portavoce autorevole dell’avanguardia fiamminga, ma per la sua scelta solitaria e controcorrente di adottare un marcato espressionismo formale, egli si affermò in Europa, soprattutto con De bezette stad, come l’innovatore più importante della poesia fiamminga[6].
Un aspetto interessante della figura di Van Ostaijen è la notevole sfasatura tra poetica e poesia: mentre le sue poesie portano un’impronta abbastanza tradizionale, i suoi scritti di poetica rivelano spesso una posizione critica più avanzata e lungimirante. Nei suoi saggi Van Ostaijen teorizza infatti la purezza e l’autonomia dell’arte, ispirandosi al Futurismo, al Cubismo, a Kandinsky e a Bauhaus, ma non senza aggiungere di volta in volta un punto di vista originale. È soprattutto in De bezette stad che le idee espresse nei testi teorici si concretizzano in un discorso poetico innovatore.
Per via della tipografia appariscente e spesso figurativa, la poesia più matura di Van Ostaijen è stata naturalmente paragonata ai Calligrammes di Apollinaire. Molti tra i migliori critici di Van Ostaijen, però, hanno dimostrato che il paragone non è legittimo perché il poeta fiammingo non adotta quasi mai uno stile calligrammatico, eccezion fatta per il termine «zeppelin» in De bezette stad, le cui lettere ricreano la forma dell’aeromobile (BZ 61). La vera ragion d’essere del suo espressionismo formale è più sottile e profonda, e sta nella particolare tensione tra la forma iconico-tipografica delle singole parole e il loro valore fonico. Per capire meglio quest’aspetto della poetica di Van Ostaijen, che sta anche all’origine di De bezette stad, è utile soffermarci su un passo della famosa lettera aperta a Jos Léonard (1922) dove il poeta illustra la sua tecnica compositiva ribadendo come tutti i suoi sforzi creativi siano mirati a sfruttare in prima istanza la forma visiva e il suono delle singole parole, e di conseguenza anche la tensione tra l’aspetto visivo e quello fonico. Nella sua lettera aperta il poeta chiarisce ad esempio la ragione per cui, evocando la visione di una apocalittica mano fosforescente contro un cielo violetto, egli preferisce scrivere «VIngers» (DIta) anziché «vingers» (dita) (BZ 67):
Io scrivo VIngers. VI molto grande e ‘ngers’ normale. Se avessi scritto VIN grande, molto si sarebbe perso già per la simmetria. Qui la vocale porta il valore. VI grande intende esprimere l’acutezza del desiderio nelle dita che afferrano. La V opera parzialmente in direzione della vocale, ma d’altra parte anche in modo contrario.
Segue una riflessione sulla possibilità di tradurre questa peculiare scrittura in altre lingue. Nel termine tedesco «FInger», ad esempio, la F si muove totalmente verso la I acuta, proprio come accade nel suo corrispettivo olandese. In italiano «vingers» si lascia tradurre letteralmente con «DIta». In francese, invece, la parola «doigts» non rende affatto l’immagine: «A causa di una erronea assimilazione popolare della radice latina la parola francese ha perso il valore fonetico che traduce in suono la costruzione della materia e il rapporto materia-spirito». Si potrebbe usare, semmai, la parola «ongles», che, pur non identica dal punto di vista fonico, ne costituisce nondimeno una traduzione accettabile in minore[7].
Come componente importante dell’humus culturale in cui cresce la poesia di Van Ostaijen viene menzionato spesso anche il Futurismo di Marinetti. Con il caposcuola dei futuristi italiani Van Ostaijen avrebbe in comune la tendenza alle parole in libertà e un’ossessione per la velocità, le macchine e la città. Simili tendenze si percepiscono decisamente in certe zone dell’opera di Van Ostaijen, ma anche qui il poeta fiammingo sottolinea la propria essenziale diversità. In vari suoi scritti si coglie, tra l’altro, una posizione assai critica nei confronti della poesia futurista di Marinetti. In un articolo pubblicato sulla rivista «De Goedendag» del 1917, intitolato Over Dynamiek (‘Sul dinamismo’), Van Ostaijen propone la dinamizzazione dell’arte e della letteratura. Interessante nel trattamento di questo tema è proprio la sua decisa presa di distanza nei confronti di poeti come Verhaeren e Marinetti: «Verhaeren descrisse la corsa di un’automobile, il suo movimento, Marinetti il volo di un aereo. Si trattò di una descrizione; di per sé dunque non-dinamica».
Secondo Van Ostaijen non si crea dinamismo parlando semplicemente di cose dinamiche e veloci, bisogna invece inserire il dinamismo nel meccanismo stesso del testo poetico e dinamizzarlo dall’interno[8]. Un frutto maturo di questo tentativo di dinamizzazione del testo poetico può considerarsi proprio De bezette stad. Scritto durante l’esilio a Berlino, il lungo poema (154 pagine) segna un netto mutamento stilistico, se non una chiara rottura, con l’opera precedente, soprattutto dal punto di vista dei mezzi espressivi e delle tecniche rappresentative: la rottura si concretizza, già a prima vista, nella libera composizione tipografica, nel venir meno di sintassi e punteggiatura, nella pluridiscorsività e nel marcato polifonismo. Fin dalle prime pagine colpisce, infatti, la meticolosa attenzione prestata alla forma tipografica, alla varietà delle lettere usate ed alla loro disposizione apparentemente libera sulla pagina. In prima istanza tutto sembra focalizzato sull’aspetto visivo della poesia e sugli spazi bianchi che circondano le parole. Il poema si pone, tra l’altro, in rapporto simbiotico con le affascinanti incisioni di Oskar Jespers, immagini misteriose in cui sembra possibile riconoscere la forma di alcune lettere, il profilo lugubre di un elmo, di un cannone o di una città notturna. Queste incisioni[9] demarcano delle pause nel testo e dividono così il poema in alcune macrosezioni tematiche[10]. Le pagine non sono numerate, perché in qualche caso la presenza del numero rischiava di guastare l’effetto estetico della composizione tipografica. Inizialmente queste nuove qualità tipografico-stilistiche non vennero affatto apprezzate dal pubblico: le vendite del volume furono scarsissime, mentre predominava lo sconcerto tra i lettori e i critici[11].
Il tema globale di De bezette stad è l’occupazione tedesca di Anversa durante la prima guerra mondiale. Nonostante lo sperimentalismo formale su tutti gli altri livelli, il testo sembra seguire abbastanza fedelmente l’ordine logico e cronologico degli eventi storici. Van Ostaijen ‘descrive’ successivamente l’atmosfera ad Anversa prima della guerra – un’atmosfera caratterizzata da leggerezza, esaltazione ed erotismo – per focalizzarsi poi sulla minaccia della guerra e sul rapido avvicinarsi dell’esercito tedesco, seguito dall’attacco vero e proprio, dai quattro anni dell’occupazione tedesca, e finalmente dalla ritirata e dal rifiorire della vita nella città[12]. Come si è detto in precedenza, Van Ostaijen localizza l’essenza del testo poetico nella tensione tra la forma iconica della parola e il suo valore fonico. In base a questo principio-guida di carattere iconico-acustico, Van Ostaijen non racconta e descrive, ma evoca e rappresenta in modo estremamente diretto la storia dell’occupazione tedesca di Anversa e le sue conseguenze sulla vita della città. Concentrandosi sulle singole parole, il poeta cerca continuamente di liberare il linguaggio dalle caratteristiche limitative e costrittive della sintassi regolare. Inoltre, egli costruisce il suo quadro dell’occupazione di Anversa in base a innumerevoli citazioni più o meno evidenti, tratte da testi non letterari, quali le canzoni popolari, l’opera lirica, il jazz, i giornali, i manifesti politici, la pittura, il cinema, la pubblicità, la religione, la letteratura popolare, criminale, ecc.
Così, la prima sezione, che dedica il poema «al Signor Taldeitali», si apre subito con una contrapposizione piuttosto stridente tra codice biblico e codice mondano (cinematografico):
DEDICA
al Signor Taldeitali
Molto Le sarà perdonato
perché
ha visto molti film
(BZ 7)
Già nelle prime pagine l’atmosfera sembra farsi apocalittica e il poeta esprime subito la sua sfiducia nel futuro, nella religione, nella letteratura e nelle correnti letterarie:
l’inizio della fine
la mammella è vuota
il bambino butta il biberon
bambinaie - piangono
L’Ultimo dei MoHicani
è il romanzo più adatto
tutto provato
siamo alla fine di tutti gli ismi
di tutte le cattedrali
di tutti i profeti
di tutte le cattedre
(BZ 8)
Segue un’ossessiva ripetizione di variazioni semantiche e tipografiche sul termine «nihil» (v. BZ 8-9) dopo di che si passa a toni più leggeri, a partire dalla vistosa inserzione della pubblicità «Rimmel’s New Cosmetique» (BZ 10). Nelle pagine successive si contrappongono ancora leggerezza e nichilismo; la prospettiva, simile ad una presa diretta, vaga per le strade di Anversa soffermandosi tra l’altro sulla vita religiosa pubblica – in particolare sulle frequenti processioni dove la gente portava in giro dei giganti – sui bordelli e sui locali notturni dove si suona la musica jazz. Nelle sezioni centrali del poema Van Ostaijen evoca, sempre in modo fulmineo e frammentario, il periodo dell’ occupazione tedesca. Tutto comincia dalla rapidissima invasione del paese, con l’elenco delle tre città belghe, Visé-Liegi-Bruxelles, che caddero in pochi giorni:
Visé marsc’ Liegi mortai
marsc’ mortai
Puppchen Du bist mein Augenstirn
Puppchen mein liebes Puppchen Heil Dir im Siegerkranz
sfilata di un giorno e una notte attraverso Bruxelles
Armee von Kluck
giusè giusè giusè uno Zeppelin
scendete tutti presto in cantin
eins zwei eins zwei eins zwei eins zwei
prussiano prussiano
marsc’ mortai
(BZ 21)
Anche in questo frammento Van Ostaijen costruisce la sua evocazione in parte su riferimenti musicali più o meno nascosti. Bogman ritiene che Puppchen, Heil Dir e i due versi in fiammingo sullo Zeppelin sono tutti riferimenti a canzoni esistenti. Questi riferimenti contribuiscono a fare della tipografia di De bezette stad una «tipografia ritmica», una sorta di partitura musicale.
I mezzi espressivi adoperati per rappresentare la storia dell’occupazione di Anversa sono caratterizzati da una efficace combinazione di immediatezza e allusività. A queste caratteristiche si aggiunge l’uso di una tipografia iconica che riflette l’impatto acustico-visivo di determinate visioni ed esperienze. Nel frammento citato qui sopra si evoca, sul piano visivo ed acustico, la marcia tedesca: le parole martellate «eins zwei» sono separate da intervalli spaziali identici. Quando i tedeschi hanno proclamato la vittoria, la parola SIEG, in caratteri cubitali stampati in obliquo sulla pagina e con due punti esclamativi (BZ 34) conferma l’impatto stravolgente e decisivo dell’avvenimento. In modo simile, la parola «débâcle» (BZ 21) è scritta con enormi spazi tra le lettere, così da farne assaporare tutta l’amarezza.
Durante l’occupazione si moltiplicano i frammenti in tedesco, e la visione della città si fa sempre più desolata, stanca e vuota. Spesso il ritmo si fa più lento, litanico: la città, le cose, sono abbandonate a loro stesse (BZ 63, 66: cfr. frammento 1). Dopo qualche tempo però, probabilmente nell’anno 1916, la città riprende a vivere. Siamo nella sezione De kringen naar binnen (‘I cerchi verso l’interno’):
D’IMPROVVISO
nel cerchio della sua desolazione
la città riprese a
vivere
(BZ 95, i versi centrali sono scritti in forma semicircolare)
La rinascita della città è segnata in prima istanza dal ritorno della musica d’intrattenimento, dalla riapertura dei music-hall e dalla ripresa degli spettacoli, cinematografici e altri. C’è molta attenzione per l’opera lirica (BZ 97) a giudicare dai riferimenti ostentati a La Traviata, Aida, e Pagliacci. Dopo l’opera lirica Van Ostaijen riserva un posto del tutto speciale ad una famosa star del cinema di quei giorni, Asta Nielsen (BZ 107 sq.), attrice ammirata che viene paragonata sistematicamente alla Vergine fino a diventare oggetto di una litania profana che deve aver scioccato i lettori cattolici (cfr. frammento 2). Persino la ritirata, l’ultima fase dell’occupazione, è segnata dall’ambivalenza e in definitiva dal nichilismo che percorre l’intero poema. A completare il cerchio ritorna qui l’espressione «Nihil in tutte le lingue» già presente nella dedica. Le grida di giubilo e di vittoria sono puntualmente affiancate da un sentimento di profonda disperazione (cfr. frammento 3). E il poema si conclude su questa stessa ambivalenza tra esultanza patriottica e cinica disperazione (cfr. frammento 4).
Opere citate
P. van Ostaijen, Verzamelde gedichten, Amsterdam, 1987.
J. Bogman, Stemmen van de stad. Over Van Ostaijens “Bezette stad_”, in «Literatuur» 5 (1988), p. 68-74.
Id., De stad als tekst. Over de compositie van Paul van Ostaijens Bezette Stad, Rotterdam, 1991.
G. Borgers, Paul van Ostaijen. Een documentatie, Bert Bakker, Amsterdam, 1996 [DBNL]
G. Buelens, Een avantgardist is (g)een groep. Over de wankele avantgardestatus van de flaminganten tijdens
het interbellum, in Hubert F. van den Berg e Gillis J.Dorleijn (red.), Avantgarde! Voorhoede?
Vernieuwingsbewegingen in Noord en Zuid opnieuw beschouwd, Vantilt, Nijmegen, 2002, p. 92-102 [DBNL]
DBNL Digitale Bibliotheek voor de Nederlandse Letteren (Biblioteca Digitale della Letteratura Neerlandese)
http://www.dbnl.org/auteurs/auteur.php?id=Osta002
P. Hadermann, De modernistische doorbraak, in M. Rutten e J. Weisgerber (red.), Van “Arm Vlaanderen” tot
“De Voorstad groeit”. De opbloei van de Vlaamse Literatuur van Teirlinck-Stijns tot L.P. Boon (1888-1946), Standaard Uitgeverij, Antwerpen, 1988
Mededelingen van de Documentatiedienst. Nederlands Letterkundig Museum en Documentatiecentrum, Den
Haag / Archief en Museum voor het Vlaams Cultuurleven, Antwerpen 1954-1992, 1976, pp. 2639-2689 [DBNL]
Frammenti tradotti
Frammento 1
Nomenclatura di cose abbandonate
ESSERE abbandonati
città abbandonata
piazza abbandonata
cine abbandonato
cine tazza rotta
(BZ 63)
Case bizzarre di città occupata
abbandonata città-di-mille-e-una-notte
notte violetta scura tutte le case
stile orientale
(BZ 66)
Frammento 2
VOI
ASTA
puro cinequilibrio
prega per noi
poveri visitatori del cinema
puro cadere di mani mosce
p.p.n. gente stanca
buone risate di Sebastoputtana
p.p.n. fianchi fiaccati
lietelabbra in irisapero
p.p.n. uomini senza dissetante
ASTA più di tutte le stelle insieme
p.p.n. che possiamo fare anche a meno delle stelle
asta più del sole
fin dall’invenzione dell’elettricità
ASTA più della luna
(pp. 110-111)
Frammento 3
MADELON DE LA VICTOIRE
feste in prospettiva camelot Dioniso
NIHIL
vive rien
Vive tout le monde
Vive Max
Vive Mercier
Vive
Martel
Suzon
Wilson eroe del panottico
ideologia di ristoranti vegetariani
l’uomo è buono ecc. ecc.
lo sai
NIHIL in tutte le lingue
ne t’en fais pas
smettila di cianciare
ALLES WURSCHT
Allons travailler dice il furbo
(BZ 145)
Frammento 4
allons travailler
perché perché perché
smettila di cianciare
la vita ah ah
tutto è inutile
ora
cacca di gatto
VIVE MAX
EVVIVA I CREPATI
forse verrà un momento
di così acuta emergenza
si rompono tutte le dighe.
(BZ 151)
NOTE
[1] G. Buelens, Een avantgardist is (g)een groep. Over de wankele avantgardestatus van de flaminganten tijdens het interbellum, in Hubert F. van den Berg e Gillis J. Dorleijn (red.), Avantgarde! Voorhoede? Vernieuwingsbewegingen in Noord en Zuid opnieuw beschouwd, Vantilt, Nijmegen, 2002, pp. 94-95. [2] Le opere di Van Ostaijen sono citate dall’edizione: P. Van Ostaijen, Verzamelde gedichten, Amsterdam 1987. [3] P. Hadermann, De modernistische doorbraak, in M. Rutten e J. Weisgerber (red.), Van “Arm Vlaanderen” tot “De Voorstad groeit”. De opbloei van de Vlaamse Literatuur van Teirlinck-Stijns tot L.P. Boon (1888-1946), Standaard Uitgeverij, Antwerpen, 1988, pp. 296-297. [4] Ivi, p. 306. [5] Ibid. [6] Ivi, p. 274. [7] J. Bogman, Stemmen van de stad. Over Van Ostaijens “Bezette stad”, in «Literatuur» 5 (1988), p. 69. [8] Id., De stad als tekst. Over de compositie van Paul van Ostaijens Bezette Stad, Rotterdam, 1991, pp. 21 sq. [9] Si vedano la copertina e le pp. 19, 41, 69, 127 in Van Ostaijen, De bezette stad. Edizione del 1921 online in The International Dada Archive. http://sdrc.lib.uiowa.edu/dada/Bezette%20Stad/index.htm [10] J Bogman, De stad als tekst. Over de compositie van Paul van Ostaijens Bezette stad, cit., pp. 32-33. [11] Id., Stemmen van de stad. Over Van Ostaijens “Bezette stad”, art. cit., p. 68. [12] P. Hadermann, cit., p. 307. ¬ top of page |
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