« indietro IL «NUNISMO» DI PIERRE ALBERT-BIROT
di Giovanni Lista
Le rivalità e le polemiche che hanno talvolta opposto le diverse tendenze dell’avanguardia storica sono state sottolineature del dettaglio, se non perfino pretesti o rivendicazioni di facciata. Tra le varie posizioni, c’era in realtà una profonda unità di idee, di scelte e di orientamenti culturali. Essendo nato in anticipo su molte altre tendenze e volendosi esemplarmente rivoluzionario, il Futurismo ha saputo formulare in maniera così adeguata un’ideologia globale dell’avanguardia da poter riunire in sé solo, e in maniera storicamente archetipale, le altre etichette estetiche e formaliste, concernenti cioè delle poetiche artistiche, più che una vera e propria posizione ideologica. Questo aspetto della nuova cultura d’avanguardia fu compreso per primo da Apollinaire, il quale riunì tutti gli ismi del suo tempo sotto la bandiera de L’antitradizione futurista, come recitava il titolo del suo manifesto futurista del 1913, che peraltro riprendeva una formula di Marinetti.
Quest’ultimo aveva infatti scritto, in una prefazione ai poemi di Palazzeschi egualmente pubblicata come volantino, che il Futurismo era soprattutto un «incoraggiamento assiduo, organizzato, sistematico dell’originalità creatrice, anche se apparentemente pazza. Non si tratta dunque di un’influenza deformatrice esercitata sul libero spirito di un poeta, ma bensì di un’atmosfera antitradizionale, anticulturale, spregiudicata»[1]. Poco dopo, nella sua Lettera aperta al futurista Delmarle, pur non utilizzando più il termine «antitradizionale», ribadiva in modo sostanziale: «Tutti gli spiriti novatori s’incontreranno sotto la bandiera del futurismo»[2]. La figura di Pierre Albert-Birot s’inserisce, seppur con ogni autonomia di fatto in rapporto a Marinetti, all’interno di una corrente della cultura francese che può dirsi neofuturista. La sua attività creatrice e teorica, così come l’azione culturale che ha condotto sulle pagine della rivista «Sic», da lui fondata a Parigi nel 1916, si collocano nel panorama della seconda ondata dell’avanguardia, quella uscita allo scoperto con alcuni anni di scarto che corrispondono al cambiamento di situazione dovuto alla guerra. Il titolo della rivista giocava sull’ambiguità presentandosi sia come citazione latina, cioè sic con il significato di così, sia come sigla che riuniva le iniziali della triade Suoni, Idee, Colori e che riassumeva, secondo il poeta francese, le ricerche pluridisciplinari dello sperimentalismo d’avanguardia. Si tratta della probabile allusione ad un celebre brano della Critica del giudizio di Kant secondo cui solo l’arte, attivando il «giudizio riflessivo» dell’immaginazione che collega analogicamente il sensibile al concettuale astratto, trasforma i Suoni e i Colori della natura in una lingua capace di simbolizzare le Idee della ragione cognitiva.
Non rinunciando alla sua propria etichetta, Pierre Albert-Birot ha lanciato il nunismo (dal greco nun: ora), anche se precisava che i nunisti non erano altro che l’insieme dei cubisti, dei futuristi, dei simultaneisti e degli unanimisti[3]. Detto altrimenti, il suo nunismo era innanzitutto una definizione alternativa di questo stesso traumatismo della storia e del divenire nel cui nome Marinetti aveva formulato gli imperativi di un rinnovamento totale dell’uomo e dell’arte. Per quanto riguarda la sottolineatura del dettaglio va invece osservato il modo in cui Pierre Albert-Birot relaziona le sue idee avanguardiste rispetto alla categoria temporale. Al «futuro», esaltato e celebrato da Marinetti, preferisce l’hic et nunc, cioè il presente immediato. Già prima della guerra, Arthur Cravan aveva voluto opporsi a Marinetti fondando la rivista Maintenant, parola che significa «adesso», rifiutando così esplicitamente ogni mitologia del «futuro». Si tratta di una differenza che, traducendo due modi di intendere tanto il ruolo dell’arte quanto l’impeto rivoluzionario, palesa anche la profonda diversità di due culture. Marinetti, che è italiano ed è stato educato dai gesuiti, vuole attivare una nuova utopia e cerca di costruire uno schema ideale, di esaltare la proiezione in avanti di un mondo futuro. La sua concezione della modernità è accesa, combattiva, battagliera perché reazione verso il passatismo accademico e archeologico dell’Italia. Ambedue francesi, Cravan e Albert-Birot appartengono ad una cultura essenzialmente laica, accentrata sul concreto della storia. Rivendicano per questo un’idea dell’avanguardia come azione sul presente storico, senza codificazioni simboliche o evocazioni di un’alterità mitica. Sono inoltre ambedue eredi del pensiero di Baudelaire secondo cui il significato della modernità era proprio nella restituzione sub speciae aeternitatis del presente storico, del transeunte della vita contemporanea. Sono però distinzioni di facciata, come si è detto.
Identificarsi al presente è infatti la prima indicazione della rivoluzione futurista che bisogna compiere, secondo Marinetti, sulla base delle novità tecnologiche, della macchina, della velocità e dei nuovi modi del vivere che nutrono lo spirito contemporaneo. Il senso del messaggio marinettiano non potrebbe essere sintetizzato più efficacemente che in questa frase di Albert-Birot: «Electricité – Lustre Louis XVI. Faut-il rire ou pleurer?»[4]. L’anacronismo espresso dall’assurdità di una simile contraddizione non era nuovo. Ad esempio si trovava già nel concetto di «gotico metallico» elaborato dall’architetto Boileau per introdurre le modanature gotiche in ferro nelle nuove chiese costruite in Francia durante gli ultimi decenni del XIX secolo. Il precetto operativo del Futurismo, del tutto condiviso dal poeta francese, afferma invece che la modernità impone un nuovo stile e una nuova forma corrispondenti al progresso tecnico dei materiali, quindi un’arte che s’incarna in coerenza con il proprio presente storico.
Parafrasando alla lettera i manifesti marinettiani Albert-Birot proclama:
Notre idéal, notre costume, notre langage est-il même qu’aux temps de Louis XIV, Louis XV, Louis XVI? Non. Pourquoi nos arts seraient-ils les mêmes? Notre idéal, notre costume, notre langage est-il le même qu’au siècle dernier? Le temps que nous vivons ressemble-t-il à celui de nos pères? Non. Après, faisons comme chaque peuple, en chaque temps, soyons modernes; que nos œuvres soient l’expression du temps où elles sont nées, ces œuvres-là seules sont vivantes, toutes les autres sont artificielles: à chaque temps son art[5].
L’impegno antitradizionalista di Albert-Birot si accompagna inoltre a tutti gli elementi complementari che questa posizione ha nei futuristi italiani: per esempio il rifiuto della sclerosi museale a cui viene opposta la sensazione inebriante della vita in divenire. Nel terzo numero di «Sic», la sua rivista, egli scrive ancora: «Le Moderne à la maison. Le vieux avec le vieux. La vie avec la vie»[6]. Poco dopo, condensa il suo credo futurista in una composizione-manifesto, La loi, in cui scrive: «Aimons le neuf. ÇA SENT LA VIE»[7]. Anche il modo in cui amplifica il suo appello, ricorrendo alle caratteristiche tipografiche dello scritto, è futurista.
Il nunismo sorge così da un’idea semplice che è in effetti il nocciolo stesso della dottrina futurista formulata da Marinetti: «Le nunisme est né avec l’homme et ne disparaîtra qu’avec lui. Tous les grands savants, tous les flambeaux, les créateurs de tous les temps ont été, sont, seront nunistes»[8]. Albert-Birot riprende quindi alla lettera, adattandole al nunismo, le affermazioni di Marinetti, in particolare l’equivalenza tra antitradizione e Futurismo già estrapolata da Apollinaire nel suo manifesto. Qualche anno dopo, Marinetti stesso torna ad affermare quest’idea scrivendo direttamente in francese il manifesto Le futurisme mondial, in cui elenca tutti i protagonisti dell’avanguardia internazionale e li qualifica futuristi dichiarati o futuristi inconsapevoli in quanto «spiriti potenti che esprimono la grande religione del nuovo»[9]. Il manifesto, che viene simbolicamente ambientato da Marinetti a Parigi in una camera del Grand Hôtel dove aveva già scritto il Manifesto di Fondazione del Futurismo, sarà pubblicato in italiano solo quattro mesi dopo. Alla stessa data, Marinetti tiene inoltre una conferenza sul «futurismo mondiale» alla Sorbona di Parigi e lancia il manifesto Ideologia del futurismo e dei movimenti che ne derivano in cui riafferma il significato onnicomprensivo del futurismo come «religione del nuovo»[10].
Pierre Albert-Birot ritiene che l’arte si manifesti solo laddove ci sia un’originalità storica dell’artista, cioè dove si esprima il suo anticonformismo in rapporto ai modelli del passato: «L’art commence où finit l’imitation»[11]. La sanzione dell’azione innovatrice dev’essere fornita dall’incomprensione del pubblico. Il grado di innovazione di un’opera può essere misurato in base alla resistenza psichica che essa suscita nel suo destinatario. Essere futurista significa questo, poiché è lo scarto di fronte alle norme estetiche stabilite a dare a un’opera il suo diritto di esistere nel tempo che verrà. Con la formula sintetica «L’artiste dont on se moque est bien près d’être admiré»[12], Albert-Birot esorta il creatore che lotta per l’avanguardia a trovare in questa convinzione «futurista» i fondamenti della sua causa e le ragioni necessarie per aver il coraggio dell’innovazione sperimentale. Il poeta francese mostra in realtà di seguire il pensiero marinettiano sulle leggi evolutive dell’arte. La sua idea corrisponde infatti alla «voluttà di essere fischiati» che Marinetti raccomanda e celebra nel suo Manifesto dei drammaturghi futuristi a partire dagli scritti di Nietzsche su Wagner.
Come Marinetti, Pierre Albert-Birot rifiuta ogni divisione del lavoro e crede nell’avvento di una libertà totale dell’arte che corrisponderebbe ad una pienezza espressiva da parte dell’artista: «La spécialisation pour l’artiste c’est l’œillière pour les chevaux. Supprimons l’œillière!»[13]. Nel poeta francese, profondamente futurista è anche la sensazione di essere nato a nuova vita, una vita vera, nel momento in cui ha creato la sua rivista scegliendo così di lottare per il rinnovamento della cultura e dell’arte: «Je suis né le premier janvier, en même temps que ma revue «Sic»[14]. Si tratta di un’immagine molto significativa che proviene dalla mitologia dello Zarathustra nietzschiano e che è stata precedentemente utilizzata, egualmente in chiave simbolica, da Marinetti e da Balla. La stessa immagine ha peraltro avuto molteplici eco nei poeti e negli artisti d’avanguardia dei primi decenni del secolo. Ed è un’ulteriore conferma del carattere profondamente unitario della cultura d’avanguardia che, agli albori della modernità, si è espressa al di là delle barriere ideologiche e delle frontiere nazionali.
All’inizio del 1916, quando lancia la sua rivista, Pierre Albert-Birot è quindi perfettamente schierato sulle principali idee del Futurismo. Eppure solo durante una conferenza tenuta poco prima di morire, nel 1965, parlando di Marinetti fondatore del Futurismo, il poeta francese riconoscerà apertis verbis il ruolo svolto dall’avanguardia italiana:
En passant je veux le saluer, Marinetti, parce que vraiment je considère que c’est lui qui a ouvert les portes à l’esprit nouveau, quoi que ce soit, quand on regarde le futurisme, qu’on étudie le futurisme, qu’il a fait ceci ou qu’il a fait cela, ce n’est pas cela que je veux voir, mais je considère que Marinetti a, le premier, enfoncé la porte, je tiens à ce que ce soit dit, je tenais à le dire parce que c’est tout à fait mon avis[15].
In questa stessa conferenza, Albert-Birot parla anche di Severini attribuendogli un ruolo di primo piano tanto nella sua vicenda personale quanto nell’efficacia e nell’incisività culturale della sua rivista «Sic» che pubblicò i giovani poeti della nuova generazione dell’avanguardia. Fu infatti Severini, che aveva allora il suo atelier vicino a quello di Albert-Birot, a presentare quest’ultimo ad Apollinaire, introducendolo così negli ambienti culturali dell’avanguardia parigina.
Il secondo numero di «Sic», pubblicato nel febbraio 1916, riserva un ampio spazio all’opera di Severini. In una recensione della mostra tenuta dal pittore futurista alla Galerie Boutet di Monvel, Pierre Albert-Birot analizza i concetti di base del «dinamismo plastico» nella pittura di Severini e conclude con una testimonianza di grande simpatia nei confronti dei futuristi italiani qualificandoli di «preziosi generatori di attività intellettuale». È dunque tramite Severini che Albert-Birot è in contatto constante con la centrale milanese del movimento, riceve i libri e i manifesti futuristi e assimila in modo puntuale le idee dell’avanguardia italiana. Fin dai primi numeri di «Sic», il poeta francese si lancia così in ricerche sperimentali orientate verso tutte le direzioni: poesia, pittura, teatro, mentre le sue prese di posizione sullo spirito d’avanguardia si precisano in un’accezione neofuturista, come sottolineato.
Una poesia che Pierre Albert-Birot pubblica nel terzo numero della sua rivista, Derrière la fenêtre, mostra come egli riesca a sfruttare in modo originale la lettura dei manifesti marinettiani. Adotta la tematica urbana esaltata dai futuristi e la simultaneità di una visione multipla che impone la soppressione della punteggiatura e l’associazione analogica diretta. In maniera personale, e radicalizzando i precetti marinettiani, il poeta francese realizza quest’ultimo procedimento senza trattino, scrivendo ad esempio: Sceptremoteur. Nella stessa poesia, il trattino è usato per ritmare il verso assimilandolo anche foneticamente alla «vecchia meccanica» del trottare del cavallo che Albert-Birot oppone al movimento lineare e rapido di un tram: «Un che-val-tour-ne-au-coin / Vieille mécanique / Pluiedegrisdepluie / Untramwayélectrique». Pierre Albert-Birot afferma esplicitamente la sua adesione al polifonismo asintattico delle parole in libertà di Marinetti:
Que doit faire le poète? Exprimer au maximum. Que peut faire la syntaxe surtout dans une langue analytique? Lier, relier, entortiller l’expression et mettre le désaccord parfait entre son mouvement et celui de la pensée. En une seconde l’esprit peut voir deux ou trois images, il lui faudra trente secondes pour en exprimer une par une phrase régulière. Conclusion: on aura exprimé en moyenne 10, 20, 30, 40, 50 fois moins qu’on aurait pu le faire, et la seule expression donnée est fausse par son mouvement et par son isolement…[16].
In Albert-Birot, l’incontro con il Futurismo è determinante anche in campo pittorico, ma soprattutto teatrale. Come pittore realizza diversi «essais d’expression plastique» sul tema della guerra, che si rivelano molto simili alle astrazioni simboliche di Balla. Ricorre così a forme astratte, come punte acerate che si accumulano in modo aggressivo, in quanto trasposizioni capaci di esprimere simbolicamente lo stato d’animo dell’ardore bellico. Per il teatro pubblica il testo teorico A propos d’un théâtre nunique in cui abbraccia in toto le posizioni futuriste enunciate nei due manifesti Le Music-Hall e il Teatro sintetico futurista di Marinetti, Corra e Settimelli. Scrive poi drammi, polidrammi e sintesi teatrali, come Monologue nunique, Silence, Matoum et Tévibar, Larountala, adottando l’estetica del circo e del teatro di marionette, creando personaggi doppi o astratti, ideando una scena simultanea, onirica, plastica. Annuncia sulla sua rivista la messinscena astratta, sinestetica e luminosa di Feu d’Artifice di Stravinskij realizzata da Balla per i Balletti Russi di Djagilev. Nel 1919 il suo dramma per marionette Matoum et Tévibar è allestito da Prampolini a Roma.
Per quanto riguarda il lavoro sperimentale sulla lingua poetica, si possono fare altre considerazioni. L’adesione di Pierre Albert-Birot alle «parole in libertà» di Marinetti va precisandosi inizialmente in composizioni poetiche lineari che appaiono sostenute dalla loro tipografia, piuttosto che plasticamente trasposte in una disposizione visiva dello scritto. A partire da settembre 1916, il poeta francese utilizza il simultaneismo vocale cominciando con «un poema a due voci», Le Raté, che pubblica sulla sua rivista. Il poema mette in opera un simultaneismo binario che, alla maniera delle teorie di Henri Martin-Barzun, struttura dall’esterno la lingua della poesia, mentre Marinetti, attraverso il montaggio e il groviglio delle parole, prova a realizzare un simultaneismo immanente alla parola poetica. Subito dopo Pierre Albert-Birot s’impossessa ugualmente di quest’ultima prospettiva di ricerca proprio come Marinetti non ha ignorato le idee di Henri Martin-Barzun, da lui spinte fino alla teatralizzazione del poema attraverso l’integrazione della mimica, del gesto e degli spostamenti del declamatore futurista. Il manifesto che Marinetti ha pubblicato a questo proposito, La declamazione dinamica e sinottica[17], è senz’altro all’origine delle «poesie da urlare e danzare» di Albert-Birot. Il primo esempio è costituito dalla poesia L’avion, vera e propria partitura per performance mimologica, in cui il poeta francese indica perfino i punti in cui le onomatopee sono da pronunciare mettendo «la main en soupape sous la bouche»[18]. Si tratta di un altro aspetto dell’originalità di Albert-Birot, le cui ricerche restano comunque in linea con la poetica futurista.
Opponendosi all’idealismo simbolista in nome della sensibilità pragmatista e antipsicologica del mondo moderno, Marinetti ha assunto delle posizioni di materialismo assoluto, ispirato da una sorta di naturalismo della concretezza fisica dei segni e dei suoni. Ha così preconizzato l’impiego, nelle parole in libertà futuriste, delle onomatopee in quanto mimesi della vita della materia: «Le bruit, qui naît du frottement et du choc des corps solides, liquides ou des gaz en vitesse, est devenu un des éléments les plus dynamiques de la vie futuriste. Le bruit est le langage de la nouvelle vie humaine-mécanique»[19]. Da questa posizione è scaturito un programma musicale, L’arte dei rumori, con il manifesto lanciato da Russolo nel 1913. Prima teorizzazione di ciò che sarà la «musica concreta», il rumorismo di Russolo rivendica l’importanza di tutti i rumori, dalla percussione primitiva al grido umano, in quanto manifestazioni immediate della materia che bisogna opporre all’idealismo aristocratico e astratto dei vocalizzi del belcanto e alle note dei concerti borghesi. In Albert-Birot, quest’idea è tradotta in modo esemplare. Le sue poesie «da gridare e danzare» coniugano in una stessa performance l’esplosione vitalista e il materialismo. La canalizzazione dell’emissione vocale, che egli preconizza, restituisce a quest’ultima il suo statuto fisico di energia zampillante e di voce che rimane ancorata al corpo. Abolendo ogni riferimento ad una qualsiasi mimesi naturalista, Pierre Albert-Birot giunge poco dopo alla poesia fonetica astratta con un insieme di Chants, costituiti da un susseguirsi di onomatopee liberamente inventate, che si devono creare e danzare prolungando i suoni e mettendo le mani a portavoce o a valvola sulla bocca.
Nelle sue ricerche sulla lingua poetica Pierre Albert-Birot si appropria inoltre delle visualizzazioni tipografiche del Futurismo già introdotte in Francia da Apollinaire. A partire dalla metà del 1916, stampa le sue poesie ampliando e variando la gamma dei caratteri tipografici. Poco dopo crea il «poema immaginifico», costituito dal montaggio di un disegno figurativo e di versi in scrittura calligrafica, avvicinandosi così alle composizioni disegnate di Govoni e Buzzi che hanno espresso in seno al Futurismo italiano una sensibilità intimista e «crepuscolare» ben lontana dalla gestualità tipografica marinettiana. È probabilmente sotto la diretta influenza dei calligrammi di Apollinaire che Pierre Albert-Birot si esercita nel «poema ideogrammatico», pubblicando Les Eclats, composizione i cui versi sono disposti a mazzo di fiori. Egli finisce a sua volta per abolire la linearità gutenberghiana della scrittura, una rivoluzione tipografica fondamentale che il Futurismo ha compiuto nel 1913, superando il modello espressivo del Coup de Dès di Mallarmé.
In Albert-Birot, l’impaginazione dei segni tipografici resta tuttavia, in questo periodo, sempre legata alla poetica apollinairiana del calligramma. Nelle sue composizioni si esprime infatti una preoccupazione per l’ortogonalità, la costruzione e l’equilibrio che sembrerebbe autorizzare a parlare in proposito di «poesia cubista», formula che, per certa storiografia francese, dovrebbe definire gli scritti poetici di Paul Dermée, Apollinaire, Max Jacob, Blaise Cendrars, Pierre Reverdy, Jean Cocteau, ecc., di fatto influenzati dal Futurismo italiano. Pierre Albert-Birot sarebbe giustamente uno dei migliori rappresentanti di questa ricerca di una «realtà plastica» della scrittura a cui si è applicata una corrente della poesia francese fino alla metà degli anni ’20. In realtà, in Albert-Birot, proprio come in Apollinaire e negli altri, la visualizzazione della scrittura segue un’estetica piuttosto decorativa in cui s’incarna, in maniera molto significativa, una delle espressioni di questa inclinazione al «grazioso», capace di produrre abbellimenti sprovvisti di una vera e propria solidità plastica, che Boccioni indicava polemicamente come una tendenza sempre presente in seno all’arte francese.
Pur sviluppandosi verso una forma di piacere vitalista, la poesia d’Albert-Birot manca di qualsiasi volontà di agitazione e di provocazione ai fini di incidere nello spazio sociale. La resa di una nuova dimensione visiva della scrittura è al servizio di una concettualizzazione della pagina che resta, in ultima istanza, moderata o puramente ornamentale. Se la parola diviene tipograficamente la cosa, è per sollecitare nel lettore un divertito stupore, quasi la complicità di un ammiccamento di fronte al «grazioso» e alla bellezza tutta infantile del disegno. La ricerca gestuale, l’intensità dinamica e la tensione aggressiva, la polifonia dello psichico e del concreto, il materialismo che impone la corporeità del supporto e del segno, cioè tutto ciò che per Marinetti è il nucleo stesso dell’estetica futurista delle parole in libertà, evaporano per lasciare spazio, in Albert-Birot come in Apollinaire, ad un’attitudine autocelebrativa in cui l’autore cerca di affascinare il lettore assecondando il suo gusto per mezzo di un gioco grafico che oscilla tra il divertissement del barocco e il fascino della forma miniaturizzata. Ciò che caratterizza le composizioni di Albert-Birot, è piuttosto un certo equilibrio fatto di serenità e di spirito consensuale che, in definitiva, si rivela essere la propensione per questa fissità scarna dell’immagine propria alla pittura del cosiddetto «secondo cubismo» che si sviluppa in quegli anni. Tra i molti esempi possibili, si può notare, a questo proposito, la forma geometrica della poesia Prométhée, che egli pubblica su «Sic» nel giugno 1918, così come la preoccupazione di inquadrare accuratamente le sue poesie-paesaggio.
Questo tuttavia non legittima l’uso dell’espressione «poesia cubista» per classificare queste ricerche poetiche che sono, al contrario, di sorprendente ricchezza. Dalla poesia alla composizione tipografica, Albert-Birot ha lanciato, l’uno di seguito all’altro, il poema simultaneo, il poema narrativo, il poema aneddotico, la poesia pura, il poema da gridare e danzare, il poema-cronico, il poema didattico, il poema ideogrammatico, il poema immagine, il poema-paesaggio, il poema-rebus, il poema-missiva, il poema-manifesto, il poema-cartello[20]. Il poeta francese si aprirà solo più tardi ad un vitalismo molto più gioioso e liberatorio, ma restando sempre su un registro espressivo completamente diverso rispetto all’energia e all’aggressività del paroliberismo marinettiano. Una certa propensione per l’epifania immediata delle forze vitali, liberate con tono festivo, è in Albert-Birot direttamente complementare a quella vena elegiaca e intimista che vive come presenza costante, ma spesso sotterranea, in tutta la sua poesia. Verso la fine del 1918, il poeta francese comincia ad assumere una distanza critica verso il Futurismo marinettiano. Una linea di separazione si scava allora tra una volontà di ricerca puramente artistica e un’azione ideologica globale, cioè tra un’attitudine creatrice e una volontà di azione socioculturale. Marinetti lancia le parole d’ordine di una rivolta, mentre Pierre Albert-Birot preferisce seguire la dialettica platonica scrivendo i Dialogues nuniques per convincere amabilmente i suoi lettori in merito all’arte d’avanguardia. Tutto ciò non toglie ovviamente nulla né al valore della sua opera, né alla profonda convinzione dei suoi propositi, né al fervore della sua azione culturale. Rapportato all’esempio marinettiano, il suo percorso testimonia piuttosto l’assenza di una volontà concreta di proselitismo. Il suo è un atteggiamento di rinnovamento e di apertura che rinuncia alla forza della provocazione, poiché concepisce il dibattito culturale solo nei termini della specificità riservata agli addetti ai lavori. Questa posizione, che è comune a tutta l’avanguardia francese di quegli anni, significa che la ricerca del nuovo non ha realmente rotto i ponti con il passato. Detto altrimenti, il lavoro sperimentale di Albert-Birot si mantiene nel solco di una sostanziale ortodossia in rapporto alla tradizione aristocratica della cultura, secondo una modalità già praticata dai poeti simbolist . Facendo al contrario della ricerca immediata, aggressiva e dunque attivante del destinatario il perno della sua agitazione culturale, Marinetti manifesta precisamente la volontà di rompere con ogni concezione elitaria dell’arte e dell’esperienza estetica.
NOTE
[1] F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di Luciano De Maria, Milano, Mondadori 1968, p. 55. [2] Ibidem, p. 81. [3] In «Sic» 11, novembre 1916, Parigi, p. 82. Una ristampa di questa rivista, con prefazione di Arlette Albert-Birot, è stata pubblicata dalle Éditions de la Chronique des Lettres Françaises, a Parigi, nel 1973. [4] «Elettricità – Lustro Luigi XVI. Bisogna ridere o piangere?», in «Sic» 2, febbraio 1916, Parigi, p. 11. [5] «Il nostro ideale, il nostro costume, la nostra lingua, sono le stesse che ai tempi di Luigi XIV, Luigi XV, Luigi XVI? No. Perché allora le nostre arti dovrebbero essere le stesse? Il periodo in cui viviamo somiglia a quello dei nostri padri? No. Dopo aver detto questo, facciamo come ogni popolo, in ogni epoca, siamo moderni; che le nostre opere siano espressione del periodo in cui sono nate, solo così saranno vive, tutte le altre saranno artificiali: ad ogni epoca la sua arte», Ibidem. [6] «Il moderno a casa. Il vecchio col vecchio. La vita con la vita», in «Sic» 3, marzo 1916, p. 19. [7] «Amiamo il nuovo. SA DI VITA», in «Sic» 6, giugno 1916, Parigi, p. 42. [8] «Il nunismo è nato con l’uomo e con lui scomparirà. Tutti i grandi filosofi, i grandi artisti, i grandi poeti, i grandi saggi, tutti gli incendiari, i creatori di tutti i tempi sono stati, sono, saranno nunisti», Ibidem. [9] Cfr. Giovanni Lista, Futurisme: manifestes, proclamations, documents, Lausanne, L’Age d’Homme 1973, pp. 94-97. Per un repertorio delle avanguardie debitrici del Futurismo italiano, tanto in Europa quanto in Asia e in America latina, cfr. Giovanni Lista, Journal des futurismes, Paris, Hazan 2008. [10] Per il manoscritto originale di questo manifesto, cfr. Giovanni Lista, Le Futurisme, une avant-garde radicale, Paris, Gallimard 2008. [11] «L’arte comincia dove finisce l’imitazione», in «Sic» 1, gennaio 1916, Parigi, p. 3. [12] «L’artista di cui ora ci prendiamo gioco diventerà presto og[12]getto d’ammirazione», in «Sic» 3, marzo 1916, Parigi, p. 22. [13] «La specializzazione sta all’artista come il paraocchi sta ai cavalli. Eliminiamo i paraocchi!», in «Sic», gennaio 1916, Parigi, p. 6. [14] «Sono nato il primo gennaio 1916, contemporaneamente alla mia rivista «Sic», Loc. cit. da Arlette Albert-Birot, Avant-dire, in «Sic», ristampa citata, p. 1. [15] «In quest’occasione voglio salutarlo, Marinetti, perché penso realmente che sia stato lui ad aprire le porte allo spirito nuovo, qual[15]siasi cosa sia, quando si guarda al Futurismo, si studia il Futurismo, che abbia fatto questo o quello non mi interessa, ma ritengo che Marinetti abbia, per primo, sfondato la porta, ci tengo a dirlo perché è la mia opinione», in Giovanni Lista, Futurisme, op. cit., p. 437. [16] «Cosa deve fare il poeta? Esprimere al massimo. Che cosa può fare la sintassi, soprattutto in una lingua analitica?: legare, rilegare, contorcere l’espressione e mettere in perfetto disaccordo il suo movimento e quello del pensiero. Nel giro di un secondo, lo spirito può vedere due o tre immagini, gli serviranno 30 secondi per esprimere una per una delle frasi regolari. Conclusione: ci saremmo espressi in media 10, 20, 30, 40, 50 volte meno di ciò che avremmo potuto fare, e l’unica espressione che risulta è falsa a causa del suo movimento e del suo isolamento…», in «Sic» 6, giugno 1916, Parigi, p. 47. [17] Cfr. Giovanni Lista, Futurisme, op. cit., pp. 363-366. [18] «La mano a valvola sotto la bocca», in «Sic» 23, novembre 1917, Parigi, p. 172. [19] Cfr. Pierre Albert-Birot, Poésies (1916-1924), Paris, Gallimard 1967. [20] I versi apparentemente naif di una poesia di Albert-Birot, Soyez bons, costituiscono ad esempio la prova concreta di un atteggiamento volutamente ironico che nasconde in realtà un certo disprezzo aristocratico verso i «passatisti». Si veda in «Sic», n. 6, giugno 1916, p. 47. ¬ top of page |
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