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Jirí Opelík, Holanovské nápovedi, Praha, Thyrsus 2004, pp. 208 (s.i.p.).
 
VLADIMÍR HOLAN, A tutto silenzio. Poesie (1961-1967), introduzione di Vladimír Justl, traduzione dal ceco di Vlasta Fesslová, versi italiani di Giovanni Raboni e Marco Ceriani, Milano, Mondadori 2005, Oscar Poesia del ’900, pp. 150, €8,40.
 
 
 
Un recente saggio del grande critico e storico letterario ceco Jirí Opelík č dedicato alla poesia di Vladimír Holan (1905 1980). Fin dal titolo (Suggerimenti holaniani), anche troppo modesto, il libro di chiara l’intento che ne ha determinato la stesura, si propone cioč come un ausilio alla lettura dei versi di Holan, le cui ‘Opere complete’ sono in corso di pubblicazione in Germania a cura di Urs Heftrich e Michael Špirit: l’opera, suddivisa in 14 volumi ai quali si aggiunge la monografia di Opelík (la cui pubblicazione in tedesco č annunciata nel 2005), prevede la pubblicazione presso Mutabene Verlag di Colonia di tutte le poesie di Holan in tedesco con testo originale a fronte, corre date di un accurato apparato critico. Nel 2003 č uscito il primo volume, contenente alcune della composizioni holaniane piů celebri – Una notte con Amleto, Una notte con Ofelia e Toscana – nelle traduzioni di Reiner Kunze e Franz Wurm: cfr. Vladimír Holan, Gesammelte Werke 8. Epische Dichtungen.
La poesia di Holan suscita di regola profonda ammirazione e, allo stesso tempo, una sorta di timore reverenziale. Opelík affronta l’innegabile complessitŕ dei versi di Holan opponendole un’analisi lucida e lineare, completa e approfondita, abile e rivelatrice, in cui suggerisce sicure chiavi di lettura senza mai indulgere in semplificazioni o schematismi. La funzione di chiarata del suo lungo saggio, e cioč quella di introdurre l’edizione tedesca dell’opera di Holan, si rivela quindi poco piů di un pretesto per la stesura di una monografia completa ed esauriente e allo stesso tempo di agevole consultazione. Opelík segue l’evoluzione della poetica holaniana in un percorso cronologico in cui i dati biografici del poeta sono ricordati come punti di riferimento nella descrizione dell’opera; tuttavia, sullo sfondo della descrizione critica e analitica, lo studio so non rinuncia a tratteggiare una essenziale e fulminea storia della cultura ceca dagli anni Trenta agli anni Settanta del Novecento. La conoscenza profonda dell’autore, di cui si presenta qui l’evoluzione passo per passo, si unisce alla sicura competenza storiografica e alla grande abilitŕ espositiva di Opelík, uno studioso celebre per le sue interpretazioni critiche (basti ricordare la fondamentale monografia che dedicň nel 1980 a Josefapek), ma allo stesso tempo illustre storico del la letteratura ceca, direttore per anni del Lexikon ceské literatury presso l’Accademia delle Scienze.
 Nell’esposizione di Opelík l’analisi dell’opera holaniana illustra l’epoca in cui fu concepita e composta; i due elementi – contesto e opera poetica – si riflettono e si sostengono reciprocamente in una descrizione convincente e suggestiva, dove chiarezza ed esaustivitŕ possono avvalersi di un’intonazione narrativa asciutta, nonché scientificamente precisa e controllata. L’accurata ricostruzione dei contesti in cui situare le composizioni e dei loro riferimenti letterari, o piů genericamente  culturali ed eruditi, rende comprensibili molte delle pretese ‘oscuritŕ’ holaniane. Grazie al rigoroso procedere cronologico prescelto da Opelík, l’evoluzione della poetica di Holan risulta chiarita malgrado le peripezie che anche le opere di questo poeta, come quelle di tanti altri scrittori cechi del Novecento, attraversarono dal punto di vista editoriale, nel rapporto con un sistema culturale condizionato dall’ideologia al potere: ricostruire la genesi delle singole raccolte, e ove possibile delle singole composizioni, č talvolta l’unico modo per ricomporre il quadro della reale evoluzione poetica, sfuggendo alle false prospettive generate dalla cronologia delle raccolte edite, nel caso della letteratura ceca della seconda metŕ del Novecento purtroppo inadatta a fornire una chiave di lettura attendibile. Ad esempio negli anni Cinquanta anche Holan, malgrado la sua professione di comunismo, č un autore censurato che pubblica soltanto riedizioni e traduzioni, e le sue opere di questo decennio usciranno con ritardo, ‘sfasate’ rispetto al momento della loro stesura sia dal punto di vista della motivazione poetica interna, sia dal punto di vista dell’interazione con il sistema letterario cui partecipano. A proposito della cosiddetta ‘pausa’ nell’opera holaniana successiva al 1948, Opelík scrive: «Holan ha sempre continuato a scrivere, ma smise di pubblicare, cioč le sue opere cessarono di essere pubblicate: mettere a tacere uno scrittore scomodo non č un problema in uno stato totalitario. Il ritorno di Holan alla letteratura fu poi uno stillicidio; il regime, come č sempre stato uso fare, permetteva questi rientri dapprima nei settori ‘secondari’, come erano considerate le riedizioni di opere precedenti, le antologie, le traduzioni, i libri per ragazzi e – al massimo – le edizioni per bibliofili di opere nuove (il che significava automaticamente sia un numero limitato di pagine di testo a stampa, sia una tiratura bassa, e di conseguenza sia una scarsa diffusione, sia un onorario modesto)» (p. 112). Opelík chiarisce senza perifrasi alcune questioni delicate, come ad esempio l’adesione in massa degli intellettuali al partito comunista nel 1946 (p. 46) e la coloritura ideologica delle composizioni holaniane risalenti ai primi anni del dopoguerra, riunite nel 1949 con il titolo Dokument («Non sono documen ti della realtŕ, sono documenti di illusioni», p. 102). I Suggerimenti di Opelík offrono dunque una lettura finalmente profonda e articolata della poetica di Holan, sulla quale i critici hanno spesso proposto poco piů che semplici variazioni su due assunti: la derivazione espressionista e baroccheggiante, rilevata giŕ negli anni Sessanta da Angelo Maria Ripellino nella traduzione e nella descrizione dei versi holaniani, e la difficoltŕ di lettura presentata da un poeta affascinante «anche se non capiamo di cosa parla», come scrisse Giovanni Raboni nella prefazione all’antologia Il poeta murato, da lui curata insieme a Vladimír Justl nel 1991 (Edizioni «Fondo Pier Paolo Pasolini», Roma). Di quell’antologia esce ora la «continuazione» negli Oscar Mondadori, come scrive lo stesso Justl (depositario e curatore in patria dell’opera omnia di Holan) nell’introduzione al volume A tutto silenzio (p. VI). Justl presenta il volume ripercorrendo le tappe fondamentali dell’evoluzione della poesia holaniana, di cui propone una descrizione sostenuta dalla propria testimonianza di amico e collaboratore del poeta. Le poesie che compongono la scelta sono tratte da due raccolte composte negli anni Sessanta, Na sotnách (A lume d’agonia) e Asklépiovi kohouta (Un gallo a Esculapio). La pubblicazione dei versi di un poeta ceco tra i piů grandi del Novecento in una collana di grande diffusione č di per sé un evento da accogliere con soddisfazione, reso possibile senza dubbio in primo luogo grazie alla passione di Raboni per questa poesia. A parte la reale e agevole disponibilitŕ del libro, l’operazione puň dirsi analoga a quella compiuta nel 1991 per le Edizioni «Fondo Pier Paolo Pasolini»: autrice della traduzione dal ceco č Vlasta Fesslová, mentre i «versi italiani» si devono a Giovanni Raboni e Marco Ceriani (i «versi italiani» dell’antologia Il poeta murato erano di Ceriani). Nella traduzione, pubblicata con testo a fronte, č evidente l’obiettivo di rispettare la lettera del testo originale senza rinunciare a scrivere poesie, con risultati anche notevoli, sebbene le asperitŕ e i contrasti tipici della poetica di Holan risultino smussati, diminuite la forza e l’asprezza inconfondibili della sua dizione. Al di lŕ di qualsiasi considerazione di carattere generale sul problema della traducibilitŕ della poesia e sull’ammissibilitŕ della traduzione per interposta persona, una pratica rischiosa e ormai sempre meno diffusa, a Raboni, Ceriani e Fesslová spetta dunque gratitudine per la loro generositŕ di interpreti.
 
Annalisa Cosentino
 
 

 


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