« indietro MARIA PIA QUINTAVALLA, Album feriale, Milano, Archinto Edizioni 2005, pp. 96, €9,50.
Come nota Franco Loi nella Prefazione alla raccolta (la settima, per Maria Pia Quintavalla), questa si apre con un simbolo: «il fiume come scorrere della vita, ma anche sorgente spirituale» e «fonte e scorrere di poesia». Il ripercorrere, nel suo fluire che accompagna, il «dolce acqueo sentiero di sorgente» (mormorio autentico contrapposto, forse, al rumore della città come «periferia del mondo, e non / la perfezione»), è anche il ripercorrere, con la memoria, le strade e gli angoli della natia Parma che emergono dalle ‘nubi’, o gli affreschi di una vita in cui al primo posto campeggiano l’infanzia, il tormentato rapporto con il padre, la sorella. Una ‘collezione’ (album) di fotografie, istantanee rivissute o piuttosto dissolvenze di destino, sfilata di ricordi e resistenze, attraversata da un ritmo franto (Loi parla di «fiato rotto»), tessuta da versi spezzati, da leggersi con voce che ora sappia correre e superare, ora opportunamente soffermarsi, grazie anche all’uso di ‘scandire’ parole in posizione-chiave spaziandone, anche tipograficamente, le lettere. E pure in questo, il tema del fiume ritorna nel flusso del respiro, vitale e poetico, del movimento e della pausa, opposti necessari a proseguire la vita vedendosi vivere (in Respira espira!, certo una delle poesie più belle del libro: «Respira espira! Pensando ora, e separata / io qui seduta in bene, sto vivendo. / E non mi ammalo più, non mi muoio più...».) Una vita che solo la memoria può calmare, rigenerare – come «castamente lieto» scorre il fiume – con la quiete che solo trova nella poesia, col prendere le distanze, in retrospettiva, da fatti e luoghi altrimenti troppo ‘vivi’ e carichi di pathos. Poesia che è anche religiosa espiazione, come sa bene il fiume «che prepara / e ripara / parole, colpe, opere e omissioni», un fiume saggio, grande Padre, che insegna alla figlia a risorgere dal meramente passionale (un sottotema liturgico-penitenziale in probabile collegamento con i brani in prosa che chiudono il volume, dai titoli significativi in tal senso: Purgatoriale e Resurrexit). Religione o piuttosto terapia del poetare, fede nel noto ‘potere taumaturgico della parola’? «Se Dio mi ama io scrivo, e se non scrivo muoio»: l’apertura dell’abbraccio alla ‘bambina ferita’ che è diventata una ‘donna’ non può darsi che includendo proprio anche concretamente quella bambina, salvandola, con le sue «mani sicure» di adesso. La poesia-parola non resta mezzo, si fa fine, portando ad una contemplazione consapevole: dall’invito al fiume («E dopo il chiasso, trascorriamo insieme») non traspare la rassegnazione del raccogliere frammenti di tempo in un album, quanto piuttosto la spinta a generare «vita legittima che ricomincia».
Caterina Bigazzi
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