« indietro POESIA ISPANOAMERICANA E BRASILIANA
a cura di Martha L. Canfield
HUGO DIZ, Palabras a mano. Poemas y aforismos escogidos (1985-1997) - Tomo II, Editorial Ciudad Gótica, Ro sario-Argentina, 2004, pp. 295.
Il secondo volume delle poesie raccolte dell’argentino Hugo Diz contiene i libri scritti tra l’85 e il 95 e pubblicati tra l’85 e il 97. Molte di queste poesie furono scritte in periodi molto bui della storia argentina; in particolare Las alas y las ráfagas (Le ali e le raffiche, 1985) è nato durante gli ultimi anni della dittatura militare; molti altri componimenti fanno riferimento alla tragica guerra delle Malvine, al dramma dei desaparecidos, alcuni dai nomi molto conosciuti benché ma scherati dietro sigle, come H.C. che sta per Haroldo Conti, o più semplicemente all’amore vissuto sotto l’incubo della feroce repressione. Di quest’ultima tematica sono splendide manifestazione le Baladas para Marie, scritte tra l’86 e l’87 e pubblicate nell’88. Di questo libro Hora io Armani – poeta della generazione precedente, molto conosciuto in Italia come primo traduttore di Montale in spagnolo – ha esaltato l’espressione della sofferenza. Anche se c’è una poesia senza dolore, dice Armani, il dolore fa la poesia più nobile e le conferisce quel tono profondo di cui ha bisogno per sopravvivere e durare nel tempo. I lettori di Hugo Diz concorderanno, senza dubbio, sicuri che queste poesie comunicheranno alle generazioni future l’impegno che l’autore ha sempre saputo mantenere con la storia e con le emozioni. A volte il riferimento al contesto storico è sottilissimo, concentrato in una sola parola, per la stessa ragione carica di pathos, come la parola «libertà» nella poesia intitolata Tornare a casa: «Il giardino di casa addolorato, / le piante spogliate dai nomi, / il limone in attesa della morte / e certi giorni che amavo / quei giorni celesti / e ora qui, / a contem plare il passato / così vaporoso / così pre cario / come la libertà».
Le strategie di scrittura sotto la dittatura dovevano essere molto calcolate. E come sottolinea Jorge Fondebrider, autore della prefazione, spingevano soprattutto in tre direzioni: in primo luogo, verso un cambiamento di tematica, uno slittamento verso la sfera dell’intimità piuttosto che verso le esperienze collettive; in secondo luogo, un cambiamento di tono, che in Hugo Diz, come egli stesso ha spiegato, volge verso l’elegiaco; in terzo luogo, un cambiamento di registro, più suggestivo e meno diretto, in evidente frattura con la produzione precedente. In questa nuova configurazione, il paesaggio comincia ad avere un ruolo centrale, e se prima la sua poesia poteva sembrare decisamente «urbana», ora compaiono ripetutamente, come scenario e come metafora, i fiumi della sua regione, le isole, la vegetazione, i fiori, gli uccelli. E allora la poesia diviene osservazione e riflessione esistenziale: «Chi amava gli alberi della costa / caduti verso il fiume, assetati, / quasi per petui? / Se i rampicanti arrivarono alla carezza / non fu mai per amore. / Voleva no, nella loro fantasia, / salirci sopra a toccare il cielo».
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