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POESIA FINLANDESE
 
a cura di Lorenzo Amato
 
 
JOUNI INKALA, Sarveisaikoja (Tempi di corno), Helsinki, WSOY, 2005.
 
La settima raccolta di Jouni Inkala con ferma come questo autore sia tra i talenti più originali della generazione di poeti finlandesi nati negli anni ’60. Inkala debuttò nel 1992 con la raccolta Tässä sen reuna (Qui il suo limite), che gli valse il premio J.H. Erkko, assegnato ogni anno in Finlandia alla miglior opera di debutto. La poesia che dà il titolo all’intera raccolta inizia coi versi «qui il mondo, qui il suo limite» e proprio sul limite del mondo, sia esso quello reale o dell’immaginazione poetica, Inkala si muove dall’inizio alla fine. La Finlandia, terra da dove origina la voce dell’autore, è al limite dell’Europa e guardando da lì, si ha l’impressione che «tutto avvenga troppo distante». In Tempi di corno il concetto di frontiere e limiti viene messo alla prova e in dubbio in maniera ancor più multiforme: il leitmotiv della raccolta è il movimento nello spazio-tempo sia reale sia letterario. Negli ultimi tempi, l’intertestualità è una delle caratteristiche più pronunciate dei testi di Inkala; mentre, però, nella sua penultima raccolta Kirjoittamaton (Non scritto, 2002) il carattere intertestuale delle poesie suggerisce un certo ermetismo, in quest’ultima si fonde con la descrizione di temi attuali. Anche le escursioni nella storia e nella mitologia hanno una dimensione esplicitamente attuale: ad esempio, nella poesia Karthago il riferimento allo storico regno distrutto si sovrappone al destino delle persone nei centri d’accoglienza per profughi. L’immagine delle mine anti-uomo acquista un significato sia simbolico sia dolorosamente concreto. Lo sforzo di raffigurare il passato e di sollevare il velo che avvolge «il segreto del l’origine» viene contrapposto al fascino contraddittorio dei media elettronici. Oggigiorno, i ‘cavalieri’ e ‘gli eroi delle fiabe’ sono gli esperti e gli entusiasti dei computer, ai quali però il poeta rifiuta di attribuire il ruolo di tietäjä (vale a dire del saggio, di colui che sa), che per gli ante nati degli odierni finlandesi significava non soltanto saggio, appunto, ma anche sciamano, mago.
 Il punto di osservazione di Inkala, dal margine/limite dell’Europa, non si imbeve, però, di un tono ironico: il suo soggetto lirico, i discorsi del quale risuonano come le parole «di un ispettore in piedi al centro del cortile di una masseria», che «non è nemmeno nell’UE», galleggia «sotto forma di bottiglie di plastica nel golfo di Finlandia». Allo stesso tempo, però, senza toni nostalgici o sentimentali, è conscio del legame e del richiamo delle proprie origini, dalle quali non è possibile liberarsi - la raccolta si apre con un omaggio agli antenati della provincia fin landese dell’Ostrobotnia. La consapevolezza della relatività di ogni concetto di centro o periferia e anche una riflessione critica sulla partecipazione all’aspetto della colonizzazione europea vengono espresse dal verso «Il Sahara si restringe in aree a nord, est, sud, grandi come alcu ni campi di calcio». Il punto di vista di Inkala si basa su un concetto di europeismo al quale appartengono non soltanto la valle del Reno e Roma, ma anche la Moldavia e l’Ucraina; nella millenaria cultura europea e nella tragica storia del l’Europa non c’è posto soltanto per l’antica Grecia, ma anche per la Georgia, non solo per Shakespeare e Goethe, ma anche per Miosz ed Herbert.
 La messa in dubbio delle frontiere, nel senso più ampio della parola, la troviamo nell’ultima raccolta di Inkala su un piano anche molto concreto. Così come nelle raccolte precedenti, anche in Tempi di corno troviamo degli elementi tipici del la poesia di questo autore, vale a dire versi lunghi che sconfinano nel rigo seguente e un sofisticato uso sintattico. A questi fanno volutamente da contrasto (in maniera spesso umoristica) sezioni con versi di una sola parola. Questa strategia attira l’attenzione del lettore sul lato materiale della lingua; parlando dell’arte di Leonardo e Raffaello si parla delle «parole dai pigmenti variopinti» e in molte poesie troviamo anche (spesso sottoforma di giochi di parola) la lagnanza per l’inafferrabilità della lingua come materia poetica: «Scrivo una lettera con una lingua che non rimane in bocca», «Molte volte la mia lingua non rimane al suo posto». L’accento è anche sull’aspetto materiale della letteratura, laddove il poeta confessa il suo amore per il libro come artefatto. Il libro è per Inkala un essere vivo, come indica soprattutto la poesia Guardia del corpo: «Ascolta il cuore scalciare tra le coperti ne». I libri «non lasciano cadere dalla bocca niente di inutile», come si racconta nella poesia Salvagente, un’elegia per i libri distrutti dalle alluvioni del 2002 nel le biblioteche di Praga. La dimensione fisica della materialità dei libri raggiunge livelli mistici, soprattutto nella poesia che chiude la raccolta, Gli stranieri dell’aorta: «Il mio sangue mi guarda come un bibliotecario a guardia della sua sala, profondo conoscitore dell’opera omnia dell’esistenzialismo». Il simbolismo cristiano del sangue si fonde con l’eredità della poesia popolare finlandese e della mito logia, dove la morte è spesso descritta come «suuri tuntematon» («La grande sconosciuta»): «Le orme della grande sconosciuta camminano lungo le mie cellule, verso ogni punto o via da esso». La spiritualità e la religione, temi da sempre presenti nei testi di Inkala in posizioni primarie, in questa raccolta raggiungono nuove dimensioni.
 
 Viola Parente-Capková
 
 * * *
 
Lingue più straniere
 
 
I giorni passati sono le sole lingue
[straniere che
ho imparato nel momento in cui ho parlato.

Stimate dagli elementi più pesanti nascono,
e si scompongono più lentamente.
 
I giorni passati innumerabili rumoreggiano
[dietro
il silenzio, in un luogo ormai irraggiungibile.
Le loro parole si zittiscono come secchi
caduti nel pozzo più profondo della
[fanciullezza,
fluttuano sul braccio di un vecchio, sul capo
[di una
corda sottile, così distanti sono.
 
In uguale compagnia - ogni battito del mio
[cuore,
la neve sciolta degli inverni che ho visto,
le scarpe che ho camminato, da
[un’estremità all’altra.
Guardano ora concentrati, ogni mio nuovo
[movimento, ogni mio fresco incontro.
Ma verranno anche notti in cui mi
[salveranno
dai mari burrascosi dell’eternità sconfinata.
 
1966-2004
 
(Traduzione di Antonio Parente)
 

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