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ADONIS, In onore del chiaro e dello scuro, con un omaggio di Giuseppe Conte, Edizioni Archivi del Novecento, Milano, 2005, coll. «A mano libera». «Il pensiero sempre ritorna / la poesia sempre va», scrive Adonis nel poema che dà il titolo al volume, condensando in due versi il senso di In onore del chiaro e dello scuro, di una poesia sempre in viaggio verso nuovi spazi, altri mondi.
Della raccolta, pubblicata dal grande poeta arabo nel 1988 [1], è presentata una scelta di testi inediti in Italia, che scorre parallela ai testi autografi. È proprio attraverso la scrittura, infatti, che può aprirsi il confronto tra voci poetiche diverse, tanto più quando la scrittura è segno tangibile dell’alterità, come nel caso dell’arabo. L’accostamento del testo arabo a quello italiano ci fa percepire, oltre la differenza, la complementarità dei movimenti delle due scritture, da destra a sinistra l’una e da sinistra a destra l’altra, emblema della complementarità di Oriente e Occidente, come giustamente sottolinea Donatella Bisutti nella nota editoriale.
La ricerca dell’Altro è al centro della poetica di Adonis, un Altro che è rappresentato da Dio, dall’uomo, e dall’Occidente appunto. Ripercorrendo le esperienze dei mistici islamici e reinterpretando l’opera del pensatore-poeta eterodosso al Ma‘arri (XI sec.), Adonis costruisce in questa raccolta una poetica dell’alternanza dei contrari, di chiaro e scuro, giorno e notte. Nei suoi versi vibra la voce della natura, del vento, degli alberi, del mare, di una natura sempre in movimento/mutamento, ancora di salvezza nell’oceano tragico della Storia, come nel dramma dei bambini di Beirut cui è dedicato il poema In loro onore.
Le ferite della guerra che il poeta porta con sé da Beirut a Parigi sono ancora vive, eppure egli riesce a parlarne con maggiore distacco che nelle opere precedenti, ove lo sdoppiamento esistenziale e culturale vissuto nell’esilio rimaneva irrisolto. Attraverso l’esperienza dell’Altro, il poeta può ora definire meglio la sua identità e Parigi diventa anche la tribuna dalla quale diffondere la conoscenza della cultura araba nel mondo occidentale: non solo le sue opere vengono tradotte, ma egli stesso traduce in francese il già citato al-Ma‘arri, traendone tanti motivi e suggestioni.
Il poeta, nel saggio introduttivo, rielabora il genere arabodell’encomio e i temi della mistica araba, esprimendoli in una forma che si avvicina a quella di Rimbaud e dei surrealisti. La sua poesia realizza l’incontro tra Oriente e Occidente, attraverso una lingua ricca di metafore, che crea e rinnova la visione della natura.
L’innovazione, teorizzata e realizzata da Adonis nella sua opera critica e poetica [2], non rinnega dunque la tradizione; in queste pagine sembra anzi ritornare l’unità del verso della poesia araba classica, che esprime da solo un concetto o un’immagine in sé compiuti, e che la traduzione ha saputo conservare. I cinque poemi presentati nel volume continuano del resto il lavoro già intrapreso con Celebrazione della solitudine e Celebrazione della realtà, presenti nell’antologia delle princi pali raccolte di Adonis, curata per Mesogea [3]. Significativamente, il termine arabo I?tifa'an viene tradotto diversamente («In onore» invece di «Celebrazione»), rivelando la natura sempre mutevole della traduzione che, essendo innanzi tutto una lettura e dunque un’interpretazione come ci insegna George Steiner, non si dà mai per definitiva. Altra tipologia di lettura e di riscrittura, affine eppur distinta dalla traduzione, è quella presentata alla fine del libro da Giuseppe Conte: l’imitazione, di cui il poeta italiano omaggia l’amico Adonis.
In onore del chiaro e dello scuro sembra così concludersi con un invito a pensare la poesia come il luogo del dialogo e dell’incontro con l’altro, dell’incessante costruzione di identità variabili, di culture composite, di spazi aperti e liberi, dove crea re e ri-creare, scrivere e ri-scrivere.
Marianna Salvioli
NOTE
2 Ricordiamo che nel 1957 Adonis, insieme al poeta Yusuf al-Hal, fondò la rivista Ši‘r («Poesia»), che diede voce alle correnti più innovative della poesia araba e svolse un’importante opera di traduzione della poesia occidentale; e successivamente la rivista Mawaqif («Posizioni»), aperta alle sperimentazioni della poesia d’avanguardia e al confronto tra le diverse posizioni degli intellettuali arabi. È autore inoltre della fondamentale Introduzione alla poetica araba, in cui analizza la poesia araba dall’epoca preislamica ai nostri giorni; cfr. Introduzione alla poetica araba, trad. it. a cura di F. del Vescovo e L. Cabria, Marietti, Genova, 1992.
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