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«QUASI UNA FORMA DI EPIGRAFIA»

Quattro lettere sulla traduzione di Les Remparts de Pistoia

a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi

 

Philippe Jaccottet a Piero Bigongiari[1]

Grignan, 19 febbraio 1986

Caro Piero,

nel momento di mettere a fuoco la mia parte di lavoro, mi rendo conto che rimango ancora «all’oscuro» su due punti, nonostante i vostri chiarimenti; scusatemi! Eccoli.

Per il titolo, non andrebbe forse meglio «remparts» piuttosto che «murs» di Pistoia? Mi sembra d’altronde che da noi nell’uso corrente si dica «remparts» d’Avignone, di Carcassonne… Che cosa ne pensate?

Con viva cordialità,

Philippe Jaccottet

 

Piero Bigongiari a André Ughetto[2]

Firenze, 22 giugno 1986

Bien cher ami,

grazie anzitutto per l’attenzione sapiente che pone a servizio dei miei testi trasmutandi, grazie per quei détails rythmiques che vedo sottilmente andare incontro al ritmo composto del discorso originale. Devo dire che ne Le mura di Pistoia le anastrofi e le anasemie (che operano, a livello del senso, come dice il mio amico Stefano Agosti, «spostamenti, sovrapposizioni, interrelazioni, indipendentemente dall’orientamento al significato dei percorsi semantici») sono particolarmente abbondanti nel loro carattere asseverativo: il che naturalmente può complicare l’immediata nozione appunto del significato; ma, le ripeto, in quel particolare momento linguistico-compositivo, esse hanno la funzione di affermare, tout court, l’assertività stessa del testo. Quasi una forma di epigrafia che va incontro al ritmo nella cruda volontà del testo. A parte questo piccolo excursus teorico, mi pare che le traduzioni sottopostemi tengano splendidamente.

Ma passerei subito alle osservazioni e ai dubbi che mi sottopone.

In Un giorno di marzo approvo il sintagma «longuement plaintive» che sostituisce «stride a lungo». In Passando di notte… è esatto il verso corretto a lapis. In Stazione di Pistoia, mentre approvo «L’éclat de cadrans solaires» per «Lucenti meridiane», suggerisco nell’ultimo verso dell’ultima strofe «la tête coiffée du drap (ou voile) de soie, attendent». Lo zendado ha un valore straniante, prezioso, che prosegue l’impressione di ricca favola orientaleggiante, già proposta dai «domatori in alamari d’oro». In In attesa che s’accenda il faro del Tino tradurrei, se possibile, solo con: «tu n’es pas un exemple», che d’altronde è versione letterale; la prosaicità dell’espressione fa parte proprio di quella assertività, senza più, di cui parlavo sopra. Piuttosto, al verso 4 della prima strofe, «gli stormi / migratori» sono gruppi di uccelli in volo, e non «orages»: suggerisco «les vols (les bandes) / migrateurs». In In una sera di vento e di luna…, anche qui la prosaicità ha valore, per opposizione, assertivo. Solo che occorre correggere il terz’ultimo verso così: «que l’allègre douleur maintenant reconnaît» (soggetto è «il dolore allegrato»). Per L’Indiano, mentre va bene la traduzione, è fuori strada la nota del traduttore (e così occorre correggere anche la nota dell’autore: «m’étant approché à l’Indien» e non «à l’indienne»). Le spiego: all’estremità delle Cascine, il parco già mediceo a ovest di Firenze, vi è il «monumento all’Indiano, formato da una cupola a pagoda, sotto cui è il busto policromo, opera di C. F. Fuller (1874), raffigurante Raiaram Cuttraputti, marajà di Kolepoor, morto ventenne a Firenze il 30 nov. 1870 di ritorno dall’Inghilterra, e cremato qui, secondo il rito di Brahma, al congiungimento di due corsi d’acqua, l’Arno e il Mugnone».

Le ho trascritto la notizia da una normale guida di Firenze, aggiungendo che per Firenze questo monumento all’Indiano è una specie di feticcio e di scioglilingua molto noto e amato proprio per la sua stranezza. Vi è se mai, nella poesia, un senso distraniamento della morte: si muore in esilio, a vent’anni, lontano dalla patria, come si muore anonimi nel più prezioso e romantico luogo di essa, dove il nemico ha incrudelito, e dove allora, al tempo della composizione della poesia, la siccità che pareva screpolare la terra, pareva altresì riportare i morti sconosciuti, vittime della ferocia nazista, estraniati dal loro anonimo sacrificio, agli occhi sorpresi dei sopravvissuti. L’Indiano è dunque il luogo dove il dolore della morte si rivela «strano», imprendibile.

Per Il canto di un passero infine le allego il suo dattiloscritto con le mie osservazioni e correzioni, che spero rendano più perspicua la comprensione del suo significato: pronto comunque a chiarirle ulteriormente quanto può ancora risultarle oscuro.

Per il resto delle poesie ancora in fase di elaborazione aggiungo qui manoscritte le risposte ai quesiti che mi pone, sperando che riescano chiarificanti. Ma, ripeto, sono a sua completa disposizione per ogni ulteriore chiarimento, nella fiducia che il libro, grazie a lei e a Jaccottet, risulterà vibrante in tutti i suoi valori poetici.

Tutti i nostri più affettuosi ricordi, anche da parte di Elena, a Mme Ughetto, e a lei caro André, il mio più grato e vivido saluto, il suo

Pietro Bigongiari

 

Philippe Jaccottet a André Ughetto[3]

Grignan 25 III ’87

Caro André,

voi trovate che esagero! Ma non ve la prendete. Da una parte, ho il mio proprio ascolto della poesia, che può essere troppo soggettivo, e dunque mi smarrisco qualche volta; dall’altra, d’altronde, sono sicuro che noi dobbiamo andare il più lontano possibile in questo lavoro, perché Bigongiari lo merita, e perché noi abbiamo degli amici ‘concorrenti’ come Simeone che presteranno attenzione al nostro lavoro…

Guardare dunque a tutto questo, a mio avviso: tanto peggio se ciò ci ritarda (voi inviate il vostro manoscritto, tale e quale, e sarà dopo che potremo rivedere il tutto insieme?).

Io credo in ogni caso a un’osservazione generale importante: che non bisogna perdere di vista la struttura d’insieme quando per caso delle eco la rendono più sensibile, salvo essere più liberi su alcuni dettagli; e sui temi, per la musicalità del poema, i versi senza mute, che giocano un tal ruolo nel verso francese.

Io medito sul vostro dubbio, sperando che sia solo un dubbio! Altrimenti ve lo rinvierò.

Con fedele amicizia,

Philippe

 

André Ughetto a Piero Bigongiari[4]

17/12/87

Caro amico,

un trimestre intero di gravoso lavoro professorale mi si è frapposto come un ‘divieto di corrispondenza’ con voi, al punto che avrete avuto forse occasione di dubitare di me e degli impegni di SUD nei vostri confronti.

Ecco perché voglio subito rassicurarvi: presentato al Centro Nazionale di Lettere il progetto della traduzione delle Mura di Pistoia ha ottenuto il massimo contributo elargibile (che rappresenta il 50% del costo di pubblicazione della raccolta).

Ne siamo molto felici per voi come per noi.

La stampa del libro è prevista per gennaio-febbraio, in vista di una sua uscita la prossima primavera.

Devo incontrare, all’inizio di gennaio, il nuovo direttore del Centro Culturale Italiano di Marsiglia, a cui cercherò di far accettare l’idea di una manifestazione sostenuta dall’Istituto (dovrebbe farsi carico, se possibile, delle spese del vostro viaggio a Marsiglia).

Per quanto riguarda gli aspetti economici della nostra «realizzazione», il direttore di SUD, che come sapete è Yves Broussard, vi chiede di comunicare un numero di conto corrente bancario in Italia, su cui potranno essere trasferiti i vostri futuri diritti d’autore, se l’opera otterrà un successo di vendite, come ci auguriamo.

Ho reso partecipe Philippe Jaccottet della vostra soddisfazione per le nostre traduzioni, come pure delle puntuali riserve che esprimete e che richiederanno nostre correzioni.

 Questo piccolo lavoro di revisione del dattiloscritto è previsto per le prossime vacanze (di Natale).

Se il mio mestiere non mi dividesse così radicalmente in due – professore di liceo di classi così dette «preparatorie» alle «Grandes écoles» (compito assai gravoso) e scrittore –, avrei già avviato un altro progetto di traduzione, ma, per il momento, mi accontento di terminare la raccolta di articoli ed i preparativi per un secondo numero di «Sud» dedicato al nostro amico Philippe: recupero e parziale aggiornamento del volume apparso nel 1980. Vi riprenderei, se me lo permettete, dopo averne rivisto un po’ la traduzione, il contributo che mi avete consegnato l’altra volta (La cascade inversée de Ph. Jaccottet).

D’altra parte, ho appena consegnato a SUD il manoscritto di una cinquantina di mie poesie con il titolo Qui saigne signe. Se il libro non si realizzasse in tempi rapidi, mi permetterei forse di spedirvele nella loro attuale forma dattiloscritta, poiché l’impegno a tradurvi è stato determinante nel sollecitare la volontà di ritrovare, per mio conto, l’iniziatica espressione poetica della mia adolescenza (la scoperta di Char) e più o meno messa in ombra in seguito dall’esercizio della critica letteraria.

Se, come scrivete nella vostra ultima lettera, avete in progetto di venire a Marsiglia nell’aprile o maggio prossimi, sarete forse in grado di accettare l’invito – di una galleria letteraria de l’Isle sur-la-Sorgue –, ad andare a firmare, una domenica mattina o un sabato pomeriggio, con me e spero anche in compagnia di Philippe, questi Remparts de Pistoia su cui poggerà l’edificio futuro della traduzione francese della vostra opera. Vi riferisco questa proposta affinché voi ne teniate, e noi ne teniamo eventualmente conto nel mettere a punto il nostro calendario d’incontri.

Non mi resta, caro Piero, che augurarvi buone feste di Natale ed un felice anno nuovo, a voi come a Elena.

Mia moglie, Roseline, si unisce a me nel farvi questi auguri ispirati da un duplice sentimento di ammirazione e amicizia.

André Ughetto

 

NOTE

1 Lettera ms. su 1 foglio recto. Biblioteca San Giorgio di Pistoia, Fondo Piero Bigongiari (BSG-FPB) (Traduzione di Ilaria Rabatti).

2 Lettera datt. Su 2 fogli recto con firma autografa. Il corsivo nel testo è sottolineato nel datt. Archivio André Ughetto, Marsiglia. Alla lettera era accluso il datt. de Il canto del passero (poesia de Le mura di Pistoia), non ritrovato da Ughetto, e 2 fogli ms. con le risposte ai quesiti di Ughetto ad alcune poesie, che non abbiamo trascritto, preziose note in vista di una futura edizione critica de Le mura di Pistoia. Una parte del brano riguardante la poesia L’Indiano è stata trascritta e tradotta da Ughetto nelle Notes de l’auteur in Les Remparts de Pistoia, Sud Poésie 1988, p. 20. Queste note per la traduzione francese de Le mura di Pistoia danno alcune precisazioni in più rispetto alle note apposte nelle edizioni italiane de Le mura di Pistoia (si vedano in questo stesso fascicolo il testo e le note dell’intervista a Enza Biagini).

3 Lettera ms. su 1 foglio recto. In corsivo le parole sottolineate nel testo (BSG-FPB) (Traduzione di Francesco Dreoni).

4 Lettera ms. su 4 fogli recto (BSG-FPB) (Traduzione di Ilaria Rabati).


 

 

 

 


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