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MICHELA GRAZIANI, Introduzione. Sulle traduzioni dantesche portoghesi: da Vasco Graça Moura a Pedro Eiras.
(pp. 44-46) 

Nel Portogallo del Novecento, la traduzione della Commedia di Vasco Graca Moura (1942-2014, scrittore, drammaturgo, saggista, deputato europeo e traduttore di Dante e Petrarca) e ancora oggi riconosciuta come la piu prestigiosa dalla critica letteraria portoghese, senza togliere alcun merito alla traduzione ‘a sei mani’ della Commedia di Fernanda Botelho, Sophia de Mello Breyner Andresen e Armindo Rodrigues, risalente agli anni ‘60 del secolo scorso, oppure a quella di Alexandre O’Neill del 1974, accompagnata dalle raffigurazioni di Salvador Dalì.
La traduzione di Vasco Graca Moura, edita nel 1997, a Lisbona, dalla casa editrice Bertrand, e accompagnata dalle illustrazioni di Gustave Doré, ha ottenuto nel medesimo anno il prestigioso riconoscimento della Medaglia d’oro della città di Firenze da parte del Comune fiorentino, su richiesta della Società Dantesca Italiana, presso la cui biblioteca e conservata una copia della prima edizione. Tra i meriti del lavoro di traduzione di Graca Moura risalta non solo il rigore metrico e interpretativo delle tre cantiche dantesche, quanto la capacita di aver «filtra[to] frammenti del passato, creando uno spazio interiore dove l’incontro tra la tradizione classica e il mondo contemporaneo da senso all’esperienza quotidiana»[1], secondo la precisa osservazione di Maurizia Rossella di «Padova Cultura ». E sempre dall’intervista rilasciata a Padova, dove Graca Moura si era recato nel 2004 insieme a Giulia Lanciani, sua traduttrice italiana, lo stesso autore afferma quanto segue: «Mi sono organizzato e mi sono dato delle regole: prima di tutto fedeltà totale al testo, nel rispetto della metrica e delle rime, alterne e interne. Basta trovare la chiave iniziale e dopo il meccanismo si mette in moto e la macchina parte. Con Dante, ad esempio, mi ero prefissato di tradurre un canto a notte. Sembra tanto, vero? In realtà quella traduzione e stato un lavoro sottocosciente di quarant’anni. Per me la traduzione e come una foto in bianco e nero: se anche non vi distinguo più i colori, comunque riconosco i visi delle persone immortalate. Benché in bianco e nero, la fotografia mantiene una corrispondenza col soggetto originale»[2].
Il lavoro ‘sottocosciente’ di Graca Moura, insieme alla capacita di unire abilmente passato e contemporaneità, sono due aspetti del lavoro ‘artigianale’ intrapreso nel secolo attuale anche da Pedro Eiras (1975, scrittore, poeta, saggista, drammaturgo e docente di letteratura portoghese presso l’Università di Porto) per la sua rilettura della Commedia. Autore di una trilogia dantesca composta da Inferno (edito nel 2020), Purgatório (2021) e Paraíso (2022), il 20 settembre 2021 ha ricevuto il prestigioso premio António Cabral dal ‘Grémio Literario’ portoghese di Vila Real, per il suo Inferno (libro di esordio di Pedro Eiras nel genere poetico), definito dalla giuria: «uma experiência poética fortemente original e inventiva, uma obra onde confluem registos discursivos de várias proveniências — erudito, prosaico, metafísico, literário — para retratar o falível, vulnerável e destrutivo potencial da mente e da ação humanas»[3]. Il suo Inferno, scritto nel 2019, ma maturato interiormente nell’arco di quarant’anni, contrariamente al titolo, si e rivelato per Eiras un’esperienza felice, un incontro con le due lingue e culture neolatine, un lavoro di ascolto e un dialogo con se stesso, come rivelato dall’autore nell’articolo qui pubblicato.
In quanto rilettura, rivisitazione contemporanea dell’Inferno di Dante, l’Inferno di Eiras non ripresenta i luoghi, i nomi dei personaggi danteschi, tanto meno la fedeltà metrica. Tuttavia, questa maggiore ‘libertà’ metrica e contenutistica non deve trarre in inganno. Il rigore si riscontra nello studio accurato del verso libero e nell’organizzazione strutturale del libro, che seppure leggermente diverso nella numerazione dei canti (34 in Dante, 33 in Eiras), Rita Marnoto, nella sua recente recensione al libro di Eiras, ne spiega accuratamente il motivo: «o diferencial entre os 34 cantos do Inferno de Dante e os 33 cantos do Inferno de Pedro Eiras e um primeiro sinal do cruzamento entre referenciação e emulação. O número 3 e, juntamente com o 10, fulcro do neopitagorismo dantiano. A Commedia é escrita em tercetos e divide-se em 3 cantiche, as duas últimas formadas por 33 cantos, e a primeira por 34, de modo a somar 100 cantos. Nesse sentido, vários críticos têm vindo a considerar o primeiro canto do poema como seu vestíbulo, de modo a conciliar o simbolismo do número 100 com o do 3. Ao cingir-se a 33 blocos de poesia, Pedro Eiras restitui ao Inferno a sua medida simbólica absoluta»[4].
Lo stile, i contenuti dell’Inferno di Eiras, portano il lettore in varie situazioni ‘infernali’ della nostra contemporaneità: rapine, stupri, torture, difficolta comunicative tra individui della stessa società o del proprio nucleo familiare, disonesta morali, forme depressive che conducono anche al gesto più estremo, povertà economica, schiavitù informatica, ripetizione automatica di gesti e azioni che annebbiano l’essere umano. Tutte situazioni che Dante avrebbe inserito nei suoi gironi. Eiras, invece, al contrario di Dante, non giudica, non condanna e non crea dei nuovi gironi, ma riflette e porta anche il lettore a riflettere sulle varie criticità sociali che appartengono alla nostra contemporaneità. I riferimenti danteschi non sono mai espliciti (ad eccezione del titolo del libro e del dipinto di Gustave Doré scelto come immagine della copertina della prima edizione), quanto tematici: la morte, il saper vedere (o non vedere), l’ombra-guida, la follia, la caduta, il fuoco, la voce, il viaggio, il sentirsi perduti, insieme alla ripetizione pressoché frequente della parola ‘inferno’. Ma alla fine, nonostante le diversità con il testo dantesco, l’Inferno di Eiras e una escatologia della nostra epoca contemporanea perché parla di tutta l’umanità: del XIII e XIV secolo come pure del XX e XXI secolo, come affermato dall’autore. Il suo Inferno cerca di rispondere all’Inferno di Dante, attingendo alla Commedia e a una serie di riferimenti danteschi ritenuti affascinanti da Eiras, tra cui l’etica, il bene e il male, il castigo e la ricompensa, sentendo pero anche la necessita di allontanarsene per dare vita a qualcosa di nuovo, alla riscrittura, appunto, del testo dantesco, quale esempio di scrittura creativa, di trasmutazione, per recuperare un concetto caro a Dante, oppure di transcreazione, concetto caro a Haroldo de Campos, transcreatore brasiliano di sei canti del Paradiso dantesco pubblicati inizialmente nel 1978 a Rio de Janeiro, poi nel 1998 nel saggio Pedra e luz na poesia de Dante. Se per transcreare, il saggista e poeta brasiliano intende intraprendere una vera e propria ‘operazione’ di rilettura del testo originale, con l’obiettivo di liberare nella lingua di arrivo, seguendo l’insegnamento di Benjamin, il linguaggio puro, spesso celato nel testo di partenza, ma anche di intraprendere un’esperienza luminosa (alla maniera di Pound quando si occupò della riscrittura del Paradiso dantesco)[5], la trasmutazione, per Haroldo de Campos, e la capacita di tradurre ‘con amore’: amore verso la propria lingua materna e verso quella di arrivo[6]. Entrambi i concetti sono rapportabili al lavoro di riscrittura di Eiras, quale esempio di ‘incontro’ con il linguaggio, come affermato dall’autore, e indicato anche da Rita Marnoto in riferimento al plurilinguismo di Dante: «Dante é o poeta do plurilinguismo, da antinomia e do contraponto, propulsionados por um experimentalismo irrefreável»[7] e al lavoro di riscrittura di Eiras quale esempio di pluriglossia, di compresenza di piu linguaggi e controcanti: «Se os livros estão selados e ninguém lá pode escrever, resta ao poeta reescrevê-los. Essa é a pluriglossia do Inferno de Pedro Eiras»[8]; un lavoro che si traduce anche in rischio, nel «riesgo de escribir»[9] come bene illustrato da José Luis Gómez-Vázquez nel 2021.
Ma alla fine, la riscrittura dell’Inferno dantesco, altro non e che un suggestivo gioco di specchi con l’autore stesso, confermato da Pedro Eiras in un’intervista del 2020: «Há muitos espelhos neste livro, o tempo todo. Falo de espelhos, não são sempre o mesmo espelho. Mas, para todos os efeitos, sou eu ao espelho. Se fosse um texto com 100 personagens, romance-rio, romance-oceano, peca com mil personagens, eu seria as mil. Este livro é sobre mim. Quem está no inferno sou eu. Aquela mulher de que falo, sou eu; aquele idoso, aquela criança, sou eu, também. Estas personagens exteriores são modos também de espelhamento»[10], e riscontrabile in una poesia in prosa del canto XXIX del suo Inferno: «esta imagem pousada no espelho mostra que me desconheço; que a minha voz não tem substãncia; que outro vive a minha vida e habita o meu corpo. As minhas palavras são emprestadas; depois de jejuar provo o meu sangue e não tem sabor»[11].


[1]Maurizia Rossella, Intervista a Vasco Graça Moura, «Padova Cultura», 10 maggio 2004, <https://padovacultura.padovanet.it/it/attivita-culturali/intervista-vascogra% C3%A3%C2%A7amoura>  (12/21).

[2]Ibidem.

[3]Prémio literário António Cabral atribuído a Pedro Eiras pelaobra “Inferno”, «Jornal de Noticias», 20 de setembro de2021, <https://www.jn.pt/artes/premio-literario-antoniocabral-atribuido-a-pedro-eiras-pela-obra-inferno-14140811.html>  (12/21).

[4]Rita Marnoto, Pedro Eiras. Inferno, «Revista Colóquio-Letras», 206 (Janeiro/Abril 2021), p. 263.

[5]Cfr. Haroldo de Campos, Pedra e luz na poesia de Dante, Rio de Janeiro, Imago Editora 1998, p. 80.

[6]Cfr. Andrea Lombardi, in ivi, p. 17.

[7]R. Marnoto, Pedro Eiras. Inferno, cit., p. 262.

[8]Ivi, p. 264.

[9] Jose Luis Gomez-Vazquez, ¿Cómo he osado yo hablar en nombre de los muertos? Una reescritura portuguesa de la

Comedia, «Revista Figuras», Resena Nov. 1 2021, <https://revistafiguras.acatlan.unam.mx/index.php/figuras/article/view/173/405>  (12/21).

[10]Pedro Eiras, intervista rilasciata a Helena Teixeira da Silva, Pedro Eiras: “A humildade pode ser um terrível caminho para o Inferno”, «JN. Jornal de Noticias», 12 de Julho de 2020, https://www.jn.pt/artes/pedro-eiras-a-humildade-podeser-um-terrivel-caminho-para-o-inferno-12414514.html (12/21).

[11]Pedro Eiras, Inferno, Lisboa, Assirio e Alvim 2020, p. 103.


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