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IN SEMICERCHIO. RIVISTA DI POESIA COMPARATA LXIV (2021/1) pp. 135-136 (scarica il pdf)

IDA VITALE, Pellegrino in ascolto, a cura di Pietro Taravacci, Milano, Bompiani 2020, pp. 432, € 20,00


Pellegrino in ascolto, curato da Pietro Taravacci, è la traduzione italiana del volume Poesía reunida (1949-2015) di Ida Vitale, uscito nel 2017 a Barcellona, a cura di Aurelio Major, con l’editore Tusquets. Mentre nell’edizione spagnola i testi sono proposti dal più recente al più antico, in quella italiana il curatore ne ripristina il naturale ordine cronologico offrendo così al lettore, potenzialmente digiuno della poesia di Vitale, la possibilità di percorrerne l’itinerario poetico a partire dagli esordi. Nel breve ma illuminante prologo, Taravacci definisce il punto di vista del traduttore un «osservatorio privilegiato»; effettivamente, proprio come un privilegio si configura questo libro, in quanto viene finalmente a colmare un ingiusto vuoto nell’editoria italiana, dove Ida Vitale, poetessa celebrata internazionalmente (Premio Internacional Octavio Paz nel 2009, Premio Reina Sofía nel 2015, Premio Max Jacob nel 2017, Premio Cervantes nel 1918) aveva trovato spazio solo in un saggio di Antonio Melis, Uruguay: i poeti nel tempo della povertà. Ida Vitale, pubblicato nel 1983 nel n. 13-14 della rivista Studi di letteratura ispano-americana.
L’antologia propone una scelta di poesie che ripercorrono l’intera produzione di Ida Vitale – La luz de esta memoria (1949), Palabra dada (1953), Cada uno en su noche (1960), Oidor andante (1972), Jardín de sílice (1980), Sueños de la constancia (1984), Léxico de afinidades (1994), Procura de lo imposible (1998), Reducción del infinito (2002), Trema (2005), Mella y Criba (2010), Mínimas de aguanieve (2015) – , a cui si aggiungono infine alcune poesie inedite, sotto l’evocativo titolo di Antepenúltimos. L’opera poetica di Ida Vitale, nonostante le pubblicazioni appena citate che ne hanno scandito la scrittura, si costituisce come un corpus molto compatto, unitario, sul quale la poetessa è tornata di continuo, nel corso della sua vita, con un meticoloso lavoro di limatura, vera e propria riscrittura di testi già pubblicati alla ricerca dell’essenziale, della parola finemente scelta, raschiata dal superfluo.
Poesia scarna, asciutta, ma tuttavia varia e sfaccettata nei temi e negli impulsi: nella sua nudità poesia salvifica, capace di dare speranza ed eternità al mondo e al linguaggio («E tuttavia, qualcosa / dalla perpetua mota / ordina la costanza, / brandisce enunciati contro il tempo, / consegna la salvezza alla parola», Assicurazione contro la morte; «Vocaboli, / erranti vocazioni, / stelle che danno luce / prima d’essere nate / o avanzi di prodigi alieni», Piccolo regno), poesia totale («Il balzo fuori dalla poesia e dentro la poesia, / a malapena aria trattenuta», Espedienti),  poesia intesa come sinfonia («Canto. / Posso cantare / in mezzo al più cauto / atroce silenzio», Uccello, inizio), chiave di lettura dell’universo, poeticamente interpretato («E hanno la loro estate le parole, / il loro inverno, e tempi in sospensione / e stagioni di oblio. / D’improvviso assomigliano anche troppo a noi, / a mani che non toccano / figli, amici, / e in altra terra cedono la polvere», Siccità); poesia meta-letteraria, capace di riflettere su di sé e di far riflettere, di intessere tradizioni e suggestioni diverse («Sarai polvere e non avrai un senso», Hora nona), poesia intesa come illuminazione, canto alla vita, sua celebrazione («E anche sopra te / si stenda quella grazia, / una speranza ancora», Il Dio visibile), ma anche poesia come sofferenza e strumento per urlare tra i denti il senso di estraneità negli anni oscuri della dittatura e dell’esilio («Triste chi sarà filo / della spada, / numero della cella, / formula del verdetto di condanna, piaga salata, / gorgo della rapida, / pietra che non sostiene sede. / Triste se in lui si muore / e non si ricomincia», Termine estremo, «Il fronzolo dell’oro cresce nelle vetrine, / a irta lontananza, nella città straniera. / Come avere qui senso, un nome?», La storia non si scorda); tutto questo è la poesia di Ida Vitale.
Nata in una famiglia di origini italiane che le insegna il valore della cultura, anche se non l’avvicina alla poesia, coltiva da sola la sua inclinazione leggendo i versi di alcune delle voci poetiche femminili più potenti dell’America Latina, come Delmira Agustini, Gabriela Mistral e María Eugenia Vaz Ferreira. Gli studi universitari l’aiutano ad approfondire e consolidare la traiettoria poetica, grazie a José Bergamín, che fu suo professore di Lettere all’Università di Montevideo, e al magistero di Juan Ramón Jiménez, che Ida ebbe il privilegio di conoscere, come dimostra una foto che la ritrae con l’illustre maestro e la moglie Zenobia insieme ad altri membri della Generación del 45 (Idea Vilariño, Carlos Maggi, Emir Rodríguez Monegal, Ángel Rama), di cui anche lei fece parte. Vitale si inserisce pienamente nel vivace dibattito culturale dell’epoca, dedicando la sua vita alla cultura in un senso ampio del termine: scrive poesia, è critica letteraria, insegna Lettere e traduce. Nel 1973 la dittatura le impone di lasciare il suo paese. Il decennio messicano, dal 1974 al 1984, nonostante lo strappo rappresentato dall’esilio, le permette di conoscere Octavio Paz ed Efraín Huerta e frequentare gli intellettuali che ruotano attorno alla rivista Vuelta. Dopo una breve tappa in Uruguay, con il ritorno della democrazia, dal 1989 Vitale ha fissato la propria residenza in Texas, dove tuttora risiede. La poesia di Vitale, nella sua traiettoria, indaga le radici della parola poetica come esperienza creativa, caratteristica che l’accomuna, come sostiene Taravacci, alla «più intensa poesia del Novecento e si apre alla poesia del Nulla, alle poetiche del Silenzio».
La forte somiglianza tra le due lingue coinvolte, lo spagnolo e l’italiano, spinge in genere i traduttori a proporre traduzioni eccessivamente letterali, incorrendo nel forte rischio, soprattutto quando si tratta di traduzione poetica, ma non solo, di perdere il senso estetico della resa, che risulta invece una componente fondamentale del messaggio poetico stesso. Il rispetto della semantica lessicale del testo originale si intreccia così con la necessità di intervenire opportunamente per mantenere vive le valenze foniche e ritmiche che in tale lessico individuano cadenze e corrispondenze che sono a loro volta portatrici di significato. Questa magia si compie nella traduzione di Pietro Taravacci, capace di usare la metrica – qui varia, dall’endecasillabo al settenario e all’alessandrino – non come un freno o uno schema a cui sottostare, ma piuttosto come il principale strumento che gli ha permesso di avvicinare dinamicamente due tradizioni poetiche così diverse. Alla poetica dell’autore, Taravacci non appone mai una pedissequa trasposizione ma elabora una riuscita poetica traduttiva. Ecco dunque che la metrica si fa opportunità, anziché prigione formale. Al contempo, e questo è il secondo grande pregio di questa antologia poetica, Taravacci propone una traduzione capace di seguire molto da vicino la lettera dell’originale, talvolta facendosi quasi trasparente, tuttavia senza mai entrare in competizione con la voce del poeta.  
La sensibilità traduttologica di Taravacci e la sua fine e solida preparazione culturale nei due mondi che la sua traduzione mette in contatto e in comunicazione – elementi indispensabili per chiunque si avvicini al mondo della traduzione – hanno reso realmente possibile il trasferimento dell’universo poetico di Ida Vitale in italiano. In conclusione, creatività e rigore sono le due facce di questa traduzione, fedele e vitale, come del resto è consuetudine di questo traduttore, se pensiamo agli altri suoi lavori, dall’ampia antologia di José Ángel Valente uscita nel 2008 con Metauro, al recente Caleidoscopio di José María Micó (Passigli, 2018).
Vogliamo sottolineare infine anche il grande merito di Bompiani, editore della traduzione italiana dell’antologia di Ida Vitale, che nel 2019 ha avuto il coraggio di lanciare Capoversi, una collana completamente dedicata alla poesia, pensata inoltre per un ampio pubblico, per quanto ampio possa intendersi il pubblico della poesia. In questi pochi anni di vita vanta già almeno tre titoli di poeti ispano-americani – oltre a Ida Vitale, l’antologia L’ultimo spegne la luce di Nicanor Parra e Sillabe di fuoco di Gabriela Mistral, entrambi a cura da Matteo Lefèvre –. 

di Arianna Fiore

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